(GIANCRISTIANO DESIDERIO) - Altro che Santoro e la fossa dei leoncini di Servizio pubblico,
Berlusconi se potesse andrebbe a raccontare le sue storielle anche ai
matrimoni, ai battesimi, alle cresime e perfino ai funerali. Bersani non
è da meno e dopo venti anni propina ancora la solfa della sinistra come
“l’Italia giusta”. Le loro apparizioni televisive appartengono al
genere delle “teche Rai” ossia quei filmati di repertorio che vanno in
onda nei tempi morti della giornata e si rispolverano per vedere come
eravamo. Il guaio serio è che Berlusconi e la sinistra di Bersani non
solo erano così venti anni fa, ma lo sono ancora oggi. La loro più che
essere una politica per una società tardo-industriale, è proprio una
politica archeologica e museale.
Le loro rispettive apparizioni e duelli a distanza – Bersani da
Vespa, Berlusconi da Santoro – sono per la televisione delle repliche,
per il cinema dei remake, per la storiografia delle imitazioni. E per la
politica? Dei falsi. È evidente a tutti: i due non rappresentano
l’inizio del nuovo, ma la fine del vecchio. È talmente vero che perfino i
loro interlocutori, ossia Santoro e Vespa, sono vecchi nella recita dei
ruoli. Nessuno di loro è figlio del nostro tempo perché sono tutti
superstiti di un ventennio fallimentare che ha avuto la sua logica
proprio nella sopravvivenza del simulacro rispetto alla realtà. Ieri
sera, sulla rete Rai e su La7, è andato in onda “Il delitto perfetto”:
che è sia il thriller di Alfred Hitchcock del 1954 sia il libro di Jean
Baudrillard. Chi è stato ucciso? Il reale. E il reality politico della
Seconda repubblica ne ha preso il posto. Per ripristinare il vero ordine
delle cose e delle idee non ci vuole molto. Basta il telecomando.
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