La
vicenda dell’attrice austro-francese Adèle Haenel, recentemente premiata per il
film “Portrait de jeune fille en feu”, sta appassionando e dividendo l’opinione
pubblica francese. E sollevando un velo sottile sul maschilismo e sessismo
imperante nel cinema e nella società francese. Lo scorso 3 novembre 2019
l’attrice, una delle più belle, colte, raffinate e convincenti del cinema
internazionale, ultimamente richiesta anche in America, e quindi sicuramente
non in cerca di facile pubblicità, in una intervista molto sofferta a Mediapart
ha accusato il 54enne regista Christophe Ruggia di avere abusato di lei tra i
12 ed i 15 anni, mentre erano intenti a girare le riprese del film “Le
Diables”, un racconto di infanzie violate, incentrato sulla vicenda di due
bambini abbandonati dalla madre e cresciuti per strada, in un rapporto quasi incestuoso
tra di loro. Dunque, tutto, tranne che poetico, come si può vedere anche dal
trailer su Youtube.
Nell’intervista
Adèle è stata molto articolata a descrivere un tema così complesso come quello
dell’abuso da parte di un adulto e delle tecniche sottili di manipolazione tipiche
di questi comportamenti predatori. Il 26 dello stesso mese ha sporto denuncia
contro Ruggia, che si è difeso dicendo di essere stato il suo pigmalione e che
quella messa è in atto dall’attrice è una rappresaglia messa in atto perché lui
le aveva rifiutato un film. Sta di fatto che il
4 novembre, cioè il giorno dopo l’intervista, Christophe Ruggia è stato
cancellato dalla Society of Film Director. Tuttora il procedimento giudiziario
è in corso, ma in Italia la notizia, più che in tv, è girata su Internet,
soprattutto su siti di informazione francese. Come riporta anche Dagospia,
“vari tecnici della troupe del film hanno confermato le stranezze di Ruggia e
un atteggiamento «vampirizzante» e «invasivo» nei confronti della ragazzina”.
Mentre “un altro regista, Eric Bergeron (suo è «Un mostro a Parigi», pellicola
d' animazione di successo del 2011), è stato incriminato per aver violentato
una giovane donna, che era stata sua allieva in una scuola di cinema e poi
collaboratrice. E che si è in seguito suicidata”.
Niente di nuovo sotto il sole, si direbbe. Del resto, Asia
Argento docet. Ma che il sessismo e la violenza sulle donne siano cose mai
tramontate dovrebbe farci riflettere.
Adèle Haenel è diventata il simbolo della protesta del
movimento MeToo nel cinema francese e la sua posizione contro Ruggia ha portato
alle dimissioni di tutta l’Accademia dei César. I Cèsar sono gli Oscar francesi
per il cinema. Da parte di molti attori e personalità del cinema c’è stata una
richiesta di maggiore trasparenza nell’attribuzione dei premi.
Proprio pochi giorni fa, durante la cerimonia di premiazione
dei Cèsar, quando durante la 45 edizione l’ambito riconoscimento è andato al
regista Roman Polanski per il film “L’ufficiale e la spia”, sul famoso caso
Dreyfus, Adèle Haenel, elegantissima in un abito blu di pizzo, si è alzata in
piedi ed è uscita velocemente dalla sala esclamando due volte: “La honte!”
(vergogna!). Polanski, com’è noto, è accusato di violenza sessuale su
minorenne, reato per il quale è fuggito dall' America, e di diversi altri abusi.
L’attrice è stata seguita da molte altre donne presenti nella sala, tra cui
Céline Sciamma, la regista di “Portrait de jeune fille en feu” e fondatrice del
collettivo 50/50, per la tutela della parità di genere nel cinema francese
(pare che sia anche l’ex fidanzata della Haenel, che però su questa faccenda
non ha mai detto più di tanto).
La Haenel si è fatta portavoce di una questione morale, sia
nel mondo del cinema che nella società in generale, organizzata, ha detto, in
un modo tale che fa sì che “la mostruosità di Polanski” sia un “caso
emblematico” (min, 44-45 dell’intervista a Mediapart). Infatti l’attrice ha
detto: «Premiare Polanski sarebbe sputare al volto di tutte le vittime,
vorrebbe dire che non è poi così grave violentare le donne». L’attrice si è
sempre dichiarata apertamente femminista ed è chiaro che la sua reazione così
forte al César sia dettata anche dal disgusto per quanto patito durante la sua
infanzia.
L’arte può giustificare la degradazione morale?
Pare che la società francese sia nel complesso
particolarmente disgustata di tutta la faccenda (si veda www.mondofox.it/2020/03/02/cos-e-successo-cesar-awards-roman-polanski-vittoria-reazioni/), ed in particolare del fatto che
questo “grande artista”, nonostante il suo passato a fosche tinte ed il mandato
di cattura internazionale, abbia sempre goduto della protezione del governo
francese ed abbia continuato imperterrito a rastrellare premi e riconoscimenti.
Come se la sua arte lo ponga al di sopra di tutto e di tutti.
La lotta che una giovane attrice ha ingaggiato contro un
sistema collaudato e marcio non sarà semplice, e di questo diamo atto alla
Haenel. Non sappiamo se se ne pentirà. Proprio perché il sistema sembra
incrollabile. Pare che l’élite cinematografica francese farà quadrato attorno a
Polanski. Si è detto anche che il regista, girando questo film, abbia in
effetti voluto scagionare se stesso. Si è parlato, con toni forti, di
un’associazione a delinquere cinematografica di cui Polanski è il padrino.
Polanski stesso non si è presentato alla cerimonia di
premiazione temendo per la sua incolumità.
Il giornalista francese Alexis Poulin ha detto: «Polanski è fuggito e ha trovato rifugio in Francia. In
Francia accettiamo gli stupratori in fuga perché sono artisti. È un problema
della società francese».
Una ricercatrice italiana in Francia ha spiegato alla Libreria delle
donne di Roma che la giuria, premiando Polanski e la sua persona, si è
schierata con il punto di vista maschile e questo ha fatto intravedere negli
osservatori più attenti quella tipica arroganza intellettuale francese che non
vuol nemmeno sentire parlare della soggettività delle donne. Ecco perché al
film di Sciamma è andato solo il premio per la fotografia (anch’essa opera di
una donna, come del resto tutto il film): è come se avessero detto “vi vogliamo
belle ma mute”.
Certo è che la vicenda di Haenel promette futuri sviluppi e sarò
interessante seguirla proprio perché in essa è contenuta una forte spinta alla
moralizzazione della società ed al riequilibrio dei rapporti di potere tra i
due sessi.
Una sfida non da poco, di cui il cinema è soltanto una delle
manifestazioni più evidenti.
Come non essere dalla parte di Adèle Haenel?
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