Con
la vittoria è arrivato l’immancabile fuoco di fila di critiche per la canzone “Grande
amore”, del gruppo ‘Il volo’, piazzatosi primo al Sanremo di quest’anno. Il
pezzo, definito da qualcuno più stantio di quelli di Nilla Pizzi, avrà anche
sonorità anni ’50, ma è quello che ha registrato il maggiore gradimento tra il
pubblico dell’Ariston, che ha sottolineato con standing ovation le esibizioni
del trio canoro, formato da ventenni apparsi per la prima volta nei talent,
quei programmi tv che per gli aspiranti cantanti ed artisti odierni
rappresentano la gavetta e la prima vetrina della loro attività.
Diciamolo:
il garbo dei tre giovanotti, le loro voci da opera lirica, un testo
semplicissimo fino alla banalità sul tema dell’amore, sottolineato da un ritmo
sostenuto dove la parte maggiore la fa il suono di splendidi violini,
costituisce un ensemble che cattura, entusiasma, emoziona, fa sognare. E cosa c’è
di più urgente nel Paese, oggi, se non proprio la necessità di sognare? Quella che
i problemi quotidiani, una politica corrotta e meno capace di quella, appunto
degli anni ’50 – quando il Paese ripartiva dopo una guerra mondiale e non era
stato divorato e massacrato dalla rapacità dei governanti – quella voglia di
sognare, dicevamo, che la triste società di oggi ci ha tolto?
E
allora ben vengano tre giovanotti, ambasciatori del bel canto italiano nel
mondo, tanto osannati all’estero e già disprezzati in patria. Ben venga la loro
capacità di far vibrare le corde più intime del nostro essere e mandare in
visibilio mamme, nonne, possibili fidanzate. Il popolo ha gradito ed a poche
ore dalla prima esibizione sul palco dell’Ariston il loro era già il pezzo più
gettonato e diffuso nei bar, dai parrucchieri, nei locali, negli uffici. Perché
è orecchiabile ed in linea con la classicità italiana.
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