martedì 15 luglio 2014

DA "LA FRAGILITA' DEL BENE" DI MARTHA NUSSBAUMM. LA BUONA DELIBERAZIONE

La "Fragilità del bene", corposo volume che ha reso nota a livello planetario la filosofa statunitense Martha Craven Nussbaumm, analizza "fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia greca". Attraverso esempi tratti dall'una e dell'altra, la Nussbaumm, docente di Etica e Diritto all'Università di Chicago, sostiene che non è la ragione autosufficiente a porre al riparo dagli eventi esterni, dalla catastrofe e dai rovesci della fortuna, bensì è il riconoscimento della vulnerabilità umana -  impulsi, passioni e quant'altro - a garantire la piena realizzazione dell'essere umano. Il discorso esce spesso dall'antichistica e trova numerosi agganci nel dibattito etico e politico contemporaneo.
Leggere quest'opera è un'esperienza notevole. La Nussbaumm è pubblicata in Italia dalla casa editrice Il Mulino.
A pagina 175 del volume, l'indovino Tiresia suggerisce a Creonte quali sono i mezzi per una buona deliberazione. La Nussbaumm accetta il giudizio hegeliano secondo cui Creonte ed Antigone sarebbero due figure con difetti similari: il primo rifiuta la famiglia in nome della città, la seconda rifiuta la città in nome del valore della famiglia. In entrambi si compie quindi un processo di estrema semplificazione del conflitto, anche se, rimarca Nussbaumm, Hegel "commette un errore nel non sottolineare che la scelta di Antigone è chiaramente superiore a quella di Creonte" (la famosa sepoltura data al fratello Polinice, traditore della sua città Ndr).
E veniamo dunque a quanto scrive la Nussbaumm:
"Tiresia sostiene che la buona deliberazione è connessa con il "cedere" (eike, v. 1028), con l'essere flessibili (v. 1027). Questi consigli riprendono quelli dati in precedenza da Emone al padre. Criticando l'omnia deinon di Creonte, la sua dedizione ad un unico ethos, o a un unico principio (vv. 690, 705), la sua ostinazione nel considerare corretta soltanto tale esclusività (v. 706. cfr. 685), Emone chiede un comportamento diverso. Per evitare il vuoto interiore della sua condizione (v. 709), Creonte dovrebbe imparare a non forzarsi troppo (v. 711). L'indovino cita due esempi tratti dal mondo della natura. Sulle rive dei rapidi torrenti gli alberi che si piegano salvano i loro rami, mentre quelli che rimangono rigidi vengono sradicati e distrutti (vv. 712-714). Un timoniere che guida la sua nave diritta contro il vento con tutte le vele tese farà naufragio; ma quello che asseconda i venti e le correnti si salva (vv. 715-717). Sia Emone che Tiresia, quindi, stabiliscono una connessione tra imparare e cedere, tra saggezza pratica e flessibilità".

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