Pippicalzelunghe
giovedì 31 maggio 2012
mercoledì 30 maggio 2012
GIOVANI, LA GRANDE FUGA DALL'ITALIA
La Stampa - Sempre più
medici, avvocati e architetti scappano dall'Italia per cercare lavoro
all'estero. Lo rivela la ricerca «Giovani professionisti in movimento», che
fotografa la "fuga di cervelli".
Il centro studi del Forum nazionale dei Giovani, in collaborazione con il Cnel, ha presentato a Roma il risultato di un'analisi sulla mobilità lavorativa intereuopea. Tra il 1997 e il 2010, oltre diecimila professionisti italiani si sono trasferiti stabilmente in altri Paesi. Tra questi, la meta preferita è il Regno Unito, scelto da 4.130 italiani, seguito da Svizzera (1.515 unità) e Germania (1.140).
I dati raccolti dalla ricerca mostrano che la maggioranza degli italiani che scelgono di emigrare sono professionisti altamente qualificati. Primi tra tutti i medici, che rappresentano più del 20% di quei diecimila, oltre a 1.327 insegnanti delle scuole superiori, 596 avvocati e 214 architetti.
Il saldo arrivi-partenze risulta però positivo, soprattutto grazie agli oltre 5.000 lavoratori romeni che dall'entrata nell'Unione Europea ad oggi si sono trasferiti in Italia. Il Belpaese ha attratto negli ultimi anni anche circa 3.000 tra spagnoli e tedeschi.
Una profonda differenza emerge però tra gli stranieri che si trasferiscono in Italia e gli italiani che scelgono di sviluppare all'estero la loro professionalità. La maggior parte di chi si trasferisce in Italia ha una qualificazione medio-bassa, e oltre 6.500 sono infermieri, quasi la metà dei quali non specializzati . Gli "italiani in fuga", invece, sono perlopiù giovani talentuosi, laureati e altamente qualificati.
La ragione di questa fuga può essere in parte spiegata con le difficoltà che riscontrano i giovani italiani a entrare negli ordini professionali. La regolamentazione italiana risulta essere una delle più complicate dei paesi industrializzati secondo l'Ocse, che classifica come peggiori dell'Italia solo Slovenia, Turchia e Lussemburgo. Nel nostro Paese solo il 9,4% degli iscritti agli ordini professionali ha meno di 30 anni, ed in particolare un notaio su due ha oltre 50 anni, mentre ben tre medici su quattro sono over 45. Avvocati e giornalisti sono i più giovani, con oltre il 60% di under 45.
Una serie di interviste effettuate dal Forum dei giovani ha inoltre rivelato quali sono gli ostacoli che rimangono da rimuovere per rendere effettiva la libera circolazione dei professionisti in Europa. Risultano come i più agevolati medici e architetti, mentre i lavoratori delle professioni legali -notai, commercialisti e avvocati- sono quelli che, ancora oggi, incontrano maggiori difficoltà.
Il centro studi del Forum nazionale dei Giovani, in collaborazione con il Cnel, ha presentato a Roma il risultato di un'analisi sulla mobilità lavorativa intereuopea. Tra il 1997 e il 2010, oltre diecimila professionisti italiani si sono trasferiti stabilmente in altri Paesi. Tra questi, la meta preferita è il Regno Unito, scelto da 4.130 italiani, seguito da Svizzera (1.515 unità) e Germania (1.140).
I dati raccolti dalla ricerca mostrano che la maggioranza degli italiani che scelgono di emigrare sono professionisti altamente qualificati. Primi tra tutti i medici, che rappresentano più del 20% di quei diecimila, oltre a 1.327 insegnanti delle scuole superiori, 596 avvocati e 214 architetti.
Il saldo arrivi-partenze risulta però positivo, soprattutto grazie agli oltre 5.000 lavoratori romeni che dall'entrata nell'Unione Europea ad oggi si sono trasferiti in Italia. Il Belpaese ha attratto negli ultimi anni anche circa 3.000 tra spagnoli e tedeschi.
Una profonda differenza emerge però tra gli stranieri che si trasferiscono in Italia e gli italiani che scelgono di sviluppare all'estero la loro professionalità. La maggior parte di chi si trasferisce in Italia ha una qualificazione medio-bassa, e oltre 6.500 sono infermieri, quasi la metà dei quali non specializzati . Gli "italiani in fuga", invece, sono perlopiù giovani talentuosi, laureati e altamente qualificati.
La ragione di questa fuga può essere in parte spiegata con le difficoltà che riscontrano i giovani italiani a entrare negli ordini professionali. La regolamentazione italiana risulta essere una delle più complicate dei paesi industrializzati secondo l'Ocse, che classifica come peggiori dell'Italia solo Slovenia, Turchia e Lussemburgo. Nel nostro Paese solo il 9,4% degli iscritti agli ordini professionali ha meno di 30 anni, ed in particolare un notaio su due ha oltre 50 anni, mentre ben tre medici su quattro sono over 45. Avvocati e giornalisti sono i più giovani, con oltre il 60% di under 45.
Una serie di interviste effettuate dal Forum dei giovani ha inoltre rivelato quali sono gli ostacoli che rimangono da rimuovere per rendere effettiva la libera circolazione dei professionisti in Europa. Risultano come i più agevolati medici e architetti, mentre i lavoratori delle professioni legali -notai, commercialisti e avvocati- sono quelli che, ancora oggi, incontrano maggiori difficoltà.
UN ANNO DI SCAMBIO NEGLI STATI UNITI
Ho trovato questa testimonianza molto interessante, ve ne propongo alcune parti:
"La mia prima grande fuga all’estero é avvenuta tramite uno scambio scolastico, quando avevo 16 anni.
Nonostante Intercultura selezioni solo gli studenti in grado di
‘nuotare’ in un mare più vasto di quello familiare, studi la
collocazione nella famiglia ospitante e nella scuola pubblica, prepari a
vivere con animo aperto l’esperienza che si farà, affianchi lo
studente, al ritorno, nel recuperare il passo con la famiglia, gli
amici, la scuola di origine… ciò non toglie che lo choc culturale possa
essere forte.
Vivere in una famiglia locale non é semplice: noi giovani italiani
cresciamo nella bambagia, coccolati e viziati dai nostri genitori, e non
appena mettiamo piede oltralpe scopriamo un mondo fatto di ragazzi
indipendenti ed emancipati. E cosí ci si deve adattare e non importa
quale sia il paese di destinazione: dal sud America all’Egitto, i
ragazzi devono trovare dentro di sé la forza di adattarsi, di
comprendere e di accettare le nuove regole e abitudini delle famiglie in
cui vivono. E questo fa necessariamente crescere. Il problema non è
diventare adulti: tutti ci riescono. La sfida è diventare uomini e
donne. C’è chi cresce rimanendo attaccato alla visione del mondo che gli
hanno trasmesso la famiglia, la scuola, i giornali, gli amici: la
ritiene l’unica buona e la difende con aggressività. C’è chi cerca di
guardare il mondo negli occhi: trova sicurezza nel confrontarsi con
stili di vita e di pensiero diversi, é a suo agio di fronte a chiunque,
in ogni situazione. Diventerà adulto; certamente è già un uomo.
La mia esperienza negli Stati Uniti é stata
semplicemente formidabile: abitavo in una cittadina che sembrava uscita
da un libro di fiabe, con tanto di orsetti lavatori e cerbiatti nel
giardino sul retro; in una tipica famiglia americana che mi ha accolta
come una figlia e una sorella, e ancora mi fa sentire tale; e
frequentavo l’ultimo anno della High School locale, il che mi ha
permesso di partecipare ai vari balli della scuola, soprattutto al Prom,
che é il ballo di fine anno riservato agli studenti dell’ultimo anno, e
alla cerimonia dei diplomi.
Negli Stati Uniti ho scoperto di essere famosa, di
essere stata inclusa automaticamente nella cerchia dei “fighi” della
scuola, e questo solo perché ero italiana e facevo sport. Proprio lo
sport in America è una forte componente della vita sociale dei ragazzi, e
io non mi sono lasciata scappare la possibilità di praticare il mio
sport (pallavolo), ma anche di provarne di nuovi (basket e softball) pur
di rimanere in quel ambiente così bello e accogliente. A livello
scolastico poi ho accumulato successi su successi: sarebbe ingiusto dire
che la scuola americana è più facile di quella italiana, perché basata
su un sistema diverso: specialmente per gli exchange students c’è molta
libertà, e si possono scegliere sia le materie da studiare, che il
livello di queste. Sicuramente è stato un bel cambiamento dal nostro
rigido sistema italiano.
L’impatto che questa esperienza ha avuto sulla mia vita é stato
devastante: da aspirante medico che sono partita, sono finita poi a
iscrivermi alla facoltá di Scienze Politiche, corso di laurea in
“Scienze Internazionali e Istituzioni Europee”. Ed é stato proprio
grazie a quest’esperienza che é nata in me la voglia di viaggiare e
vivere all’estero, per scoprire e conoscere paesi nuovi, e nuovi aspetti
di me stessa".
domenica 27 maggio 2012
lunedì 21 maggio 2012
domenica 20 maggio 2012
giovedì 17 maggio 2012
PRESI PER IL PIL - Come liberarsi dal dogma della crescita economica - TEASER
Il dogma del PIL domina in modo assoluto sui media, in politica, nell'opinione
pubblica. Sviluppo uguale crescita. E la crescita non può che essere l'aumento
del Prodotto Interno Lordo.
Ma sono in tanti a non essere d'accordo. Persone che hanno scelto di vivere senza più inseguire il mito della crescita infinita imposto dal sistema.
Un viaggio lungo l'Italia alla scoperta di storie sorprendenti ed emblematiche che, assieme alla voce di grandi esperti come Maurizio Pallante e Serge Latouche, ci aiuteranno a capire meglio che cosa significa in pratica "decrescita" e come non sia poi così difficile liberarsi dal dogma del PIL e cominciare ad immaginare un mondo più giusto, iniziando dalle nostre vite.
Un documentario di Stefano Cavallotto, Andrea Bertaglio, Lorenzo Fioramonti.
Ma sono in tanti a non essere d'accordo. Persone che hanno scelto di vivere senza più inseguire il mito della crescita infinita imposto dal sistema.
Un viaggio lungo l'Italia alla scoperta di storie sorprendenti ed emblematiche che, assieme alla voce di grandi esperti come Maurizio Pallante e Serge Latouche, ci aiuteranno a capire meglio che cosa significa in pratica "decrescita" e come non sia poi così difficile liberarsi dal dogma del PIL e cominciare ad immaginare un mondo più giusto, iniziando dalle nostre vite.
Un documentario di Stefano Cavallotto, Andrea Bertaglio, Lorenzo Fioramonti.
mercoledì 16 maggio 2012
ANCHE GLI ECONOMISTI...
Le massaie e i lavoratori lo avevano già capito. Ora lo dicono anche gli economisti: per arrestare la crisi bisogna uscire dall'euro. Bisogna tornare alla cara vecchia Lira.
Leggete qua
martedì 15 maggio 2012
venerdì 11 maggio 2012
UN LIBRO, L'AMERICA: VOTATE!
Un libro, l'America - Video - Corriere TV
di Lucia Gangale - Italia - 9.57 min
Per votare la vostra preferenza a questa video andate su http://video.corriere.it/libro-america/103529 e cliccate sulle cinque stelle in basso del video.
giovedì 10 maggio 2012
BETTINA TOZZI, LA CAMMINATRICE DEL SANNIO
A Benevento e provincia se la ricordano tutti. Me la ricordo anche io. Nel capoluogo sannita camminava sempre scalza con una povera veste ed un rosario che sgranava lungo la strada. Bettina Tozzi, morta a 64 anni, è una figura soave, penitente, silenziosa, discreta, luminosa, orante, ma soprattutto umile, che fa parte della storia di questa terra. Monsignore Pasquale Maria Mainolfi, parroco della chiesa di San Gennaro a Benevento, l'ha riscoperta attraverso una recente biografia dal titolo "Follie d'amore a piedi nudi". Bettina, originaria di Reino, piccolo paese del beneventano, si è spenta anni fa a 64 anni. Nata da famiglia benestante che avrebbe desiderato per lei una carriera da insegnante, ha invece seguito la propria missione di vivere la fede in modo eroico. Ritenendosi sempre una persona normale, senza sapere di essere invece eccezionale. Come lei stessa confessava a don Pasquale, tutti l'hanno ostacolata: parenti, amici, preti, suore. Attratta fortemente dal Signore, diceva di essere stata per lunghi anni istruita e guidata da lui. Ha preferito una vita nomade, perennemente in cammino tra una chiesa e l'altra, dove si dedicava ad intense ore di preghiera, di povertà e di condivisione della sofferenza, andando tutti i giorni ad imboccare, ad aiutare e a pregare per gli ammalati dell'Ospedale "Rummo". Sempre radiosa, sempre sorridente, riponeva una fede illimitata in Dio. Quando le si offrivano di darle un passaggio in automobile lei rifiutava sempre con garbo estremo.
Le sono attribuiti alcuni miracoli ed una guarigione. Ha avuto esperienze mistiche e tentazioni demoniache (che volevano distoglierla dal suo cammino di fede), raccontate da don Pasquale nel suo libro.
CHI SUICIDA CHI
(La Stampa) - Ci mancava il dibattito sui suicidi: di chi è la colpa se le persone in
crisi si ammazzano, di Monti o di Berlusconi? La responsabilità di quei
gesti non è di nessuno. La scelta di togliersi la vita attiene a una
zona insondabile del cuore umano che ha a che fare con la fragilità, il
dolore, la paura: mondi troppo profondi per farne oggetto di gargarismi
politici. La responsabilità della situazione sociale che fa da sfondo
agli atti disperati è invece piuttosto chiara. Negli ultimi vent’anni
l’Italia è stata governata - bene o male non so, ma governata - soltanto
dal primo governo Prodi. Il resto è stato un susseguirsi di agguati,
proclami, scandali e cialtronate. Gli altri governi di sinistra hanno
pensato unicamente a farsi del male. Berlusconi ai fatti propri. La
riforma liberale dello Stato, vagheggiata in centinaia di comizi, si è
rivelata la più tragica delle sue bufale. Non poteva essere altrimenti,
dato che gli alleati del Nord non volevano il risanamento ma la
dissoluzione del Paese e quelli del Sud prendevano i voti dalla massa di
mantenuti che qualsiasi riforma seria avrebbe spazzato via.
Monti si è presentato al capezzale di un paziente curato per vent’anni con flebo d’acqua fresca, facendosi largo fra mediconzoli corrotti e infermiere in tanga. Ha riportato serietà nel reparto e messo gli antibiotici nella flebo. Se avesse avuto l’umanità di un Ciampi, si sarebbe anche seduto a far due chiacchiere col malato per tirarlo su di morale. D’accordo, Monti non è Ciampi. Però non ha ucciso nessuno. L’Italia l’hanno suicidata i partiti.
Monti si è presentato al capezzale di un paziente curato per vent’anni con flebo d’acqua fresca, facendosi largo fra mediconzoli corrotti e infermiere in tanga. Ha riportato serietà nel reparto e messo gli antibiotici nella flebo. Se avesse avuto l’umanità di un Ciampi, si sarebbe anche seduto a far due chiacchiere col malato per tirarlo su di morale. D’accordo, Monti non è Ciampi. Però non ha ucciso nessuno. L’Italia l’hanno suicidata i partiti.
MASSIMO GRAMELLINI
mercoledì 9 maggio 2012
'DIARIO STRESIANO' AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2012
Nei giorni dal 10
al 14 maggio 2012 il libro “Diario
Stresiano. Racconto dei miei giorni sul lago Maggiore” della
scrittice sannita Lucia Gangale sarà
esposto nello stand numero C52, Pad. 1, della Genesi Editrice alla
XXV edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, in zona
Lingotto.
martedì 8 maggio 2012
lunedì 7 maggio 2012
DOMANDE
Come mai la Chiesa non ha finora speso una parola sulla rapacità dei governi e sulla raffica dei suicidi in Italia? L'essere umano è stato dimenticato?
"L'attenzione è la forma più rara e più pura di generosità"
Simone Weil
Filosofa
Mistica
Ebrea
Cattolica
Sindacalista
Giornalista
Rivoluzionaria
sabato 5 maggio 2012
venerdì 4 maggio 2012
LETTERA DI UN FIGLIO AD UN OPERAIO
Ero tornato da poche ore, l’ho visto, per la prima volta, era alto, bello, forte e odorava di olio e lamiera.
Per anni l’ho visto alzarsi alle quattro del mattino, salire sulla sua bicicletta e scomparire nella nebbia di Torino, in direzione della Fabbrica.
L’ho visto addormentarsi sul divano, distrutto da ore di lavoro e alienato dalla produzione di migliaia di pezzi, tutti uguali, imposti dal cottimo.
L’ho visto felice passare il proprio tempo libero con i figli e la moglie.
L’ho visto soffrire, quando mi ha detto che il suo stipendio non gli permetteva di farmi frequentare l’università.
L’ho visto umiliato, quando gli hanno offerto un aumento di 100 lire per ogni ora di lavoro.
L’ho visto distrutto, quando a 53 anni, un manager della Fabbrica gli ha detto che era troppo vecchio per le loro esigenze.
Ho visto manager e industriali chiedere di alzare sempre più l’età lavorativa, ho visto economisti incitare alla globalizzazione del denaro, ma dimenticare la globalizzazione dei diritti, ho visto direttori di giornali affermare che gli operai non esistevano più, ho visto politici chiedere agli operai di fare sacrifici, per il bene del paese, ho visto sindacalisti dire che la modernità richiede di tornare indietro.
Ma mi è mancata l’aria, quando lunedì 26 luglio 2010, su “ La Stampa” di Torino, ho letto l’editoriale del Prof . Mario Deaglio. Nell’esposizione del professore, i “diritti dei lavoratori” diventano “componenti non monetarie della retribuzione”, la “difesa del posto di lavoro” doveva essere sostituita da una volatile “garanzia della continuità delle occasioni da lavoro”, ma soprattutto il lavoratore, i cui salari erano ormai ridotti al minimo, non necessitava più del “tempo libero in cui spendere quei salari”, ma doveva solo pensare a soddisfare le maggiori richieste della controparte (teoria ripetuta dal Prof. Deaglio a Radio 24 tra le 17,30 e la 18,00 di Martedì 27 luglio 2010).
Pensare che un uomo di cultura, pur con tutte le argomentazioni di cui è capace, arrivi a sostenere che il tempo libero di un operaio non abbia alcun valore, perché non è correlato al denaro, mi ha tolto l’aria.
Sono salito sull’auto costruita dagli operai della Mirafiori di Torino.
Sono corso a casa dei miei genitori, l’ho visto per l’ennesima volta. Era curvo, la labirintite, causata da milioni di colpi di pressa, lo faceva barcollare, era debole a causa della cardiopatia, era mio padre, operaio al reparto presse, per 35 anni, in cui aveva sacrificato tutto, tranne il tempo libero con la sua famiglia, quello era gratis.
ODORAVA DI DIGNITA'.
Luca Mazzucco
Per anni l’ho visto alzarsi alle quattro del mattino, salire sulla sua bicicletta e scomparire nella nebbia di Torino, in direzione della Fabbrica.
L’ho visto addormentarsi sul divano, distrutto da ore di lavoro e alienato dalla produzione di migliaia di pezzi, tutti uguali, imposti dal cottimo.
L’ho visto felice passare il proprio tempo libero con i figli e la moglie.
L’ho visto soffrire, quando mi ha detto che il suo stipendio non gli permetteva di farmi frequentare l’università.
L’ho visto umiliato, quando gli hanno offerto un aumento di 100 lire per ogni ora di lavoro.
L’ho visto distrutto, quando a 53 anni, un manager della Fabbrica gli ha detto che era troppo vecchio per le loro esigenze.
Ho visto manager e industriali chiedere di alzare sempre più l’età lavorativa, ho visto economisti incitare alla globalizzazione del denaro, ma dimenticare la globalizzazione dei diritti, ho visto direttori di giornali affermare che gli operai non esistevano più, ho visto politici chiedere agli operai di fare sacrifici, per il bene del paese, ho visto sindacalisti dire che la modernità richiede di tornare indietro.
Ma mi è mancata l’aria, quando lunedì 26 luglio 2010, su “ La Stampa” di Torino, ho letto l’editoriale del Prof . Mario Deaglio. Nell’esposizione del professore, i “diritti dei lavoratori” diventano “componenti non monetarie della retribuzione”, la “difesa del posto di lavoro” doveva essere sostituita da una volatile “garanzia della continuità delle occasioni da lavoro”, ma soprattutto il lavoratore, i cui salari erano ormai ridotti al minimo, non necessitava più del “tempo libero in cui spendere quei salari”, ma doveva solo pensare a soddisfare le maggiori richieste della controparte (teoria ripetuta dal Prof. Deaglio a Radio 24 tra le 17,30 e la 18,00 di Martedì 27 luglio 2010).
Pensare che un uomo di cultura, pur con tutte le argomentazioni di cui è capace, arrivi a sostenere che il tempo libero di un operaio non abbia alcun valore, perché non è correlato al denaro, mi ha tolto l’aria.
Sono salito sull’auto costruita dagli operai della Mirafiori di Torino.
Sono corso a casa dei miei genitori, l’ho visto per l’ennesima volta. Era curvo, la labirintite, causata da milioni di colpi di pressa, lo faceva barcollare, era debole a causa della cardiopatia, era mio padre, operaio al reparto presse, per 35 anni, in cui aveva sacrificato tutto, tranne il tempo libero con la sua famiglia, quello era gratis.
ODORAVA DI DIGNITA'.
Luca Mazzucco
IL SALVATORE D'ITALIA (CON LA PELLE DEGLI ALTRI)...
In tre mesi: 2000 negozi chiusi in Italia
Dall'inizio dell'anno: 32 suicidi tra gli imprenditori
I privilegi della casta minimamente intaccati
In una notte: si è deciso di portare l'età pensionabile a 70 anni (immaginate di farvi portare in gita scolastica all'estero da un autista di 70 anni... ma si rendono conto, o no?)
Massimo Gramellini, nel "Buongiono" di oggi su La Stampa scrive:
"Prima si impiccavano ai cornicioni delle loro fabbriche e scivolavano
nelle pagine di cronaca nera, mentre al telefono il ministro domandava
incredulo «sicuro che dietro non ci sia un’altra ragione?». Allora hanno
cominciato a darsi fuoco per la strada pur di elemosinare l’attenzione
di una politica ripiegata sul proprio grasso e di un governo troppo
concentrato sui numeri per riuscire a comprendere le persone. Ma da ieri
il dramma «Io non ce la faccio più» esplora un nuovo abisso:
l’irruzione di un disperato nell’Agenzia delle Entrate con le armi in
pugno. Non si sa cosa debba ancora succedere perché i governanti sollevino la
testa dai tabulati di Borsa e prendano atto che esiste un’emergenza
umanitaria nazionale. Un terremoto economico e morale che va affrontato
con gli strumenti della vera politica: buonsenso e visione del futuro.
Lo Stato ha due mani: una che prende, una che dà. Se ne usa una sola, diventa monco e sono gli Stati monchi a produrre le ingiustizie più efferate".
Lo Stato ha due mani: una che prende, una che dà. Se ne usa una sola, diventa monco e sono gli Stati monchi a produrre le ingiustizie più efferate".
martedì 1 maggio 2012
ADDIO A RENATA ALDOVRANDI EINAUDI
E' scomparsa a 92 anni Renata Aldovrandi, seconda moglie di Giulio Einaudi e sua vedova, ultima testimone vivente di Cesare Pavese, uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento. Maestra di stile, riserbo e discrezione, era stata colonna portante della segreteria della Casa Editrice Einaudi. Da Giulio, che sposò nel 1948, ha avuto due figli, Elena e Ludovico, quest'ultimo compositore di fama mondiale. Nata nel 1920 da famiglia mantovana, padre direttore d'orchestra e fiero antifascista, si trovava a Roma in piena guerra ed aveva risposto ad un annuncio sul giornale per trovare lavoro. Era stata assunta da Cesare Pavese. Un'amicizia piemontese, basata, come scrive "La Stampa" di oggi, "sulla rigorosa passione delle cose da fare al massimo delle proprie capacità". Fu a lei che Cesare Pavese mandò l'ultimo biglietto prima di suicidarsi nell'albergo "Roma" di Torino: "Non ce la faccio più". Nel 1945 si rifugiò in Svizzera con l'editore. Le esequie giovedì 3 maggio a Dogliani (Cn). Sarà seppellita nella stessa tomba di famiglia dove riposano il marito
Giulio, fondatore della casa editrice Giulio Einaudi Editore, ed il suocero Luigi Einaudi, ex Presidente
della Repubblica.
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