martedì 29 aprile 2008

La prima donna all'Osservatore Romano


Ovviamente ha fatto voto di castità. Difatti in un articolo pubblicato su Ateneonline-aol.it si legge di Silvia Guidi, prima giornalista donna al giornale cattolico "L'Osservatore Romano": "Da otto anni a Libero come vicecaporedattore esteri "si è sempre distinta per la serietà e per la sua incondizionata religiosità" - dice di lei Vittorio Feltri - fa parte dei memores domini, l’associazione che riunisce i militanti di Comunione e liberazione che hanno scelto di vivere con dedizione totale a Dio, castità compresa".

Nell'articolo si legge anche come si è giunti all'individuazione di questa scelta:

"Galeotta è stata la sua tesi di laurea sui commenti ai salmi di Alcuino, il consigliere di Carlo Magno discussa nel 1998. Con questo lavoro didattico Silvia Guidi, solare 36enne fiorentina si aggiudica un primato di tutto rispetto: dal 2 maggio sarà la prima giornalista donna all’"Osservatore Romano", il quotidiano della Santa sede. Il giorno che le cambiò la vita, facendola passare da Libero, il quotidiano diretto da Vittorio Feltri alla redazione vaticana, risale al novembre scorso quando, all’ Università Cattolica di Milano, in un convegno piuttosto austero dove gli uditori erano quasi tutti uomini, la donna consegna il proprio curriculum vitae al direttore dell’Osservatorio romano Giovanni Maria Vian che, gettato lo sguardo sui fogli lasciati dalla giornalista non ha esitato a contattarla. Da lì una collaborazione fatta di idee interessanti e proposte innovative, poi il grande salto. "Non ci credo ancora" dice la donna.

venerdì 18 aprile 2008

Benevento, provincia di Ceppaloni

Riflessioni dopo la sconfitta
di Gianandrea de Antonellis (giornalista e storico)

E gli uomini preferirono le tenebre (Gv, 3, 19)

Il miracolo non si è avverato. O, meglio, l’attesa guarigione non è avvenuta. Il Sannio è ancora affetto dal cancro del clientelismo (anche detto clementismo) e, anziché risorgere, Benevento rimane in provincia di Ceppaloni.
La “filiera istituzionale” diventa una rete metallica che imbriglierà lo sviluppo del Sannio per i prossimi anni (e, a meno di improbabili miracoli, le conseguenze riguarderanno l’intera prossima generazione). Del resto, dopo il sostanziale fallimento della giunta Nardone, dopo l’empasse della giunta Pepe, riproporre la stessa “squadra” (l’accozzaglia di centristi, centrosinistri ed estremosinistri) sembrava l’estremo tentativo di sopravvivere che – dati delle politiche alla mano, con il PdL che superava il 50% – sarebbe stato punito da un elettorato ormai stufo di vuote promesse e di incapacità governativa.
Invece, nonostante la coalizione perdente al governo nazionale sia stata punita alle nuove elezioni politiche, la sua fotocopia in chiave locale è riuscita a rimanere in possesso della Rocca dei Rettori. Non scrivo “è riuscita a vincere” perché in realtà, non di vittoria si può parlare. E non tanto perché scendere dal 73% al 55% indichi una grave flessione, ma perché la serie di contrasti tra anime tanto diverse, come è risultata perdente con il governo Prodi, risulterà perdente con Cimitile. Ci aspettano, nella migliore delle ipotesi, cinque anni di stasi, ovvero di miliardi gettati in mostre di arte contemporanea, in notti di luna piena, in piste di pattinaggio, in viaggi in America etc. Con il costante pericolo che la famigerata “filiera” individui qualche sito di stoccaggio dei rifiuti napoletani (e con un presidente della provincia importato, l’ipotesi è più che concreta).
A cosa è dovuto il travaso dei voti che ha confermato la litigiosa coalizione alla Rocca? Evidentemente, ad un intreccio di interessi territoriali, di politica con la “p” minuscola che ha lanciato un chiaro segnale, rivolto ad ambedue le coalizioni: senza le truppe mastellate non si vince.
Ma, se a palazzo Mosti qualcuno starà ripensando alla bontà del proprio passaggio al PD, a livello nazionale dubitiamo che il Cavaliere o Tremonti tremino all’idea di dover affrontare il Ras di Ceppaloni: la politica nazionale andrà avanti senza scossoni e Benevento si confermerà, grazie alla sue modesta classe dirigente ed alla sua limitata capacità di scelta, come l’ultima provincia italiana.
Contenti noi, contenti tutti?

Gianandrea de Antonellis

sabato 5 aprile 2008

Santanché diva e donna

Ieri sera abbiamo assistito ad una trasmissione Rai con l’onorevole alleatina Daniela Santanchè ed abbiamo finalmente respirato. Non per la sua solidarietà per le donne, non per il “buttare fuori a pedate gli irregolari”, non per il discorso conclusivo sulla necessità dell’amore e nemmeno per il dare 1200 euro al mese ai deputati. Quanto per la proprietà di linguaggio e la capacità di articolare concetti compiuti, dote molto rara nella classe dirigente italiana, abituata a buttare fumonegliocchi e ad esprimersi solo attraverso slogan. Estrapoliamo alcuni passaggi da quello che abbiamo sentito.

1200 euro ai parlamentari: “Non è un discorso demagogico – afferma la Santanché –, voglio vedere quanta gente si darebbe da fare per andare a sedere in Parlamento per prendere lo stipendio di un italiano medio. Vi assicuro che di tutto quelli che siedono in Parlamento ve ne sono molti che, se non avessero fatto i deputati, nella vita non sarebbero stati neppure in grado di guadagnarseli quei 1200 euro al mese. Allora vediamo se si tratta di passione politica o se il Parlamento italiano deve essere uno stipendificio per gente che dispensa ricette e consigli con tono autorevole e che nella sua vita non ha lavorato mai neppure un’ora. Io da questa gente non accetto consigli e non accetto ricette”.

Donne e Berlusconi: “Non date il vostro voto a Berlusconi, perché è completamente inutile. Lui a noi donne ci ha visto sempre orizzontali”.

Immigrazione: “Gli immigrati devono avere un regolare processo, ma poi devono andare a scontare la pena nelle patrie galere”.

Case chiuse (da riaprire): “Chiediamo l’abolizione della Legge Merlin e la possibilità a donne che vogliano fare le prostitute di autogestirsi in cooperative, per una serie di problemi. Innanzitutto perché i proventi di questa attività li prendono tutti gli uomini. E poi per un problema igienico. Io sono una donna del mio tempo e so che questo triste mestiere non potrà mai essere cancellato dalla faccia della terra”.

Sarà eletta? “Io sono cattolica e non pongo limiti alla Provvidenza”.

Bassolino e Jervolino: “Devono essere buttati fuori a pedate, perché sono responsabili del più grande disastro in una delle regioni più belle d’Italia, che ha fatto dire “Italia mondezzaio d’Europa”, con un gravissimo danno, anche per la salute”.

L’entità del “tesoretto”: “Questo “tesoretto” è tutto da vedere. In Italia non ci sono soldi e quello che dicono Veltroni e Berlusconi sono tutte balle”.

La scuola: “Deve ritrovare autorevolezza, perché solo con essa si aiutano i giovani a diventare uomini”.

Primo ministro: “La mia aspirazione è di fare il capo popolo della Destra in Italia. Se dovessi riuscirci non cambierò di una virgola le mie abitudini di vita. Continuerò a portare mio figlio a scuola, ad andare al supermercato, ad incontrare la gente. Gli uomini politici che vengono eletti hanno il grande difetto di dimenticare il contatto con la gente. Non riescono più nemmeno ad orientarsi in un supermercato”.

L’amore: “Oggi nel nostro mondo manca l’amore. Manca l’amore nel divorzio, manca l’amore nell’aborto, manca l’amore nei discorsi dei politici. Manca l’amore. Noi vogliamo riportare amore ovunque. Perché dovreste votare me? Perché sono l’unica che ci crede”.

mercoledì 2 aprile 2008

Gomorra

Lo scrittore napoletano Roberto Saviano, da diverso tempo sotto scorta per avere, nel suo libro "Gomorra", fatto nomi e cognomi dei boss della malavita campana, invitato qualche sera fa alla trasmissione di Fabio Fazio, Che tempo che fa, dichiara pubblicamente: "In alcune zone della Campania, della Calabria, il voto di scambio si compra con 50 euro".

La D.ssa Loretta Mussi, per cinque anni direttore generale dell’azienda ospedaliera “Rummo” di Benevento, in una lettera aperta al quotidiano telematico Girodivite dove spiega i motivi del suo allontanamento dall'Azienda ospedaliera scrive:
"A me non si perdonò di aver voluto sottrarre la gestione dell’Azienda alle richieste e all’influenza dei partiti, e di non aver permesso, che posti ed assunzioni fossero utilizzati, come merce di scambio elettorale o per altre finalità ancora.
L’esperienza del Rummo, nonostante il boicottaggio cui fu sottoposta e la propaganda contro, resta comunque come fattivo esempio che un’altra sanità è possibile anche in Campania e nel mezzogiorno purché popolazione ed addetti sappiano sottrarsi alla sudditanza che l’attuale mediocre classe politica riesce ancora ad imporre
".
Che MONNEZZA...

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