Sandy Marton: «Mi scoprì Cecchetto a casa di De Mita». Den Harrow: «Non cantavo, ci mettevo solo l’immagine»: parlano i reduci della Disco anni 8o
«Milioni di dischi venduti, soldi, donne e poi... la rovina». Ma forse non è finita. Gazebo: «Ho venduto 8 milioni di copie ma il successo è durato poco. Però all’ultimo concerto di quest’anno erano in 38 mila». Johnson Righeira: «Ho sperperato tutto»
Una curiosità legata a Sanremo: Sandy Marton, scoperto come racconta da Claudio Cecchetto, fece la sua prima comparsa in pubblico come ballerino del «Gioca Jouer» nel Festival del 1981. L’anno successivo tornò a Sanremo presentato da Cecchetto come ‘Steve Mustafa’, a capo di un corpo di ballo che accompagnava il suo nuovo singolo «Ska Chou Chou». Arrivò al successo come Sandy Marton nel 1984 con il brano «People from Ibiza».
Sulle ceneri degli Anni di Piombo nasce il cinepanettone: in queste due immagini — da una parte il ragazzo piegato sulle gambe, passamontagna e pistola in pugno; dall’altra gli yuppie che vestono griffato — c’è la sintesi iconografica del passaggio dagli Anni 70 agli Anni 80 con le grandi manifestazioni di piazza che si spostano sempre più frequentemente in discoteca. Fine dell’impegno. Vincono il consumismo, la superficialità, l’edonismo: soldi, carriera, look e aerobica sono i punti cardinali di una nuova epoca. La parabola di Ronald Reagan è esemplare: da attore a presidente degli Stati Uniti. Roberto D’Agostino scriveva: «Oggi, in piena civiltà dell’immagine, si è imposto un nuovo concetto, un nuovo effetto speciale, quello dell’apparire. Ognuno cerca di esibire quel mosaico di informazioni visive chiamato look. Attraverso un look l’uomo può evadere dall’universo ripetitivo della quotidianità dove ognuno assomiglia a chiunque altro, per scacciare l’ossessione più insopportabile di questi Anni 80: essere perdenti, non riscuotere il successo sociale, cadere nel cono d’ombra del banale quotidiano». È la Milano da bere e da ballare. L’italo dance vive una stagione irripetibile, successi clamorosi che in un decennio diventano meteore. Poi come un fiume carsico tutto ritorna a galla, il revival riporta popolarità a gente dimenticata.
SANDY MARTON: «ERO A UNA FESTA DI DE MITA, TUTTE LE DONNE MI VENIVANO INCONTRO. C’ERA CECCHETTO CHE MI CHIESE: “E TU CHI C...O SEI?”. COSÌ È COMINCIATA»
I nomi sono esotici: Righeira, Gazebo, Ryan Paris, Sandy Marton, Den Harrow. Sandy Marton oggi ha 63 anni e vive a Ibiza, l’isola che l’ha fatto conoscere in tutto il mondo, chi se non lui poteva essere People from Ibiza ? «Sono arrivato a Milano all’inizio degli Anni 80 per studiare design — racconta in un italiano dalle ascendenze balcaniche (è nato a Zagabria) —, non cercavo di essere una rockstar: è stato tutto una grande sorpresa e una grande figata». La svolta ha il nome di Claudio Cecchetto: «Era Capodanno, ero a una festa a casa di De Mita, c’era un salone enorme e a un certo punto sono entrato nella cabina dove Claudio faceva il dj. Non voglio fare il figo ma tutte le donne si sono girate a guardarmi. Claudio mi osserva e mi fa: e tu chi cazzo sei? Avevo 20 anni, ero sbarbato, avevo i capelli lunghi e da lì è cominciato tutto. Il segreto si chiama culo». Il successo lo travolge per la prima volta in piazza Duomo a Milano: «Ero con un amico croato, ci hanno assaltato un centinaio di ragazze, non capivo nemmeno quello che succedeva, mi sono chiuso in una farmacia per due ore senza poter uscire, lì ho capito che era accaduto qualcosa di incredibile».
Tanta musica, tantissime donne. Quante?
«Tutte quelle che ho potuto. Non tanto le fan, piu che altro mi broccolavo le collaboratrici, le conduttrici...». A un certo punto è sparito, ma la sua parabola è un’eccezione rispetto ad altre meteore di successo di quell’epoca: «Ho fatto tre hit e ogni volta ne chiedevano una nuova, mi sembrava di lavorare in banca. Io sono così, sono fuori di testa, nessuno l’avrebbe fatto di mollare di botto ma io ero annoiato. Sono andato a Parigi dove ho speso tutti i soldi, per questo non ricordo volentieri gli Anni 90...».
La spesa più folle?
«Ho fatto milioni di cazzate... appena arrivato a Parigi ho comprato la Harley-Davidson più cara che c’era». Ibiza l’aveva scoperta in tempi non sospetti: «Un amico pizzaiolo mi diceva sempre: devi andare a Ibiza! Io non sapevo nemmeno dov’era. Avevo 400 mila lire in tasca e sono rimasto lì 6 mesi. Oggi vivo qua e sto da Dio, sono come un “pensionista”, poi faccio serate o ospitate tv. Non mi sono sposato ma ho qualche amica...».
RYAN PARIS: «DISSI A MIA MAMMA “HO FATTO UNA CANZONE CHE VENDERÀ 1 MILIONE DI COPIE”, NE HO VENDUTI 5. FACCIO ANCORA CONCERTI, ALL’ESTERO PERÒ»
Paul Mazzolini (anche lui 63 anni) tutti lo conoscono come Gazebo e per I Like Chopin , 8 milioni di copie vendute. La cantano ancora oggi tutti, da Tokyo a Rio: «Senza nemmeno fare gavetta a 20 anni mi sono ritrovato proiettato al successo, il primo disco subito in vetta. È stato un decennio fantastico, la voglia di scrollarsi di dosso i problemi e cercare di vivere in modo più superficiale, più ludico». Una popolarità imprevista e inaspettata: «Io da piccolo volevo fare il chitarrista in una band, non avevo intenzione di fare il frontman, ma puntualmente ogni gruppo a cui mi proponevo mi bocciava come chitarrista e mi promuoveva come leader. L’ironia della mia vita è che sono un chitarrista fallito e un cantante per caso... Da adolescente ero un rockettaro sovrappeso, capelli lunghi, il classico improbabile per le ragazzine. Poi mi sono ritrovato a interpretare il personaggio dei miei testi, con un’immagine alla Grande Gatsby, circondato da un pubblico di sbarbatine che mi mandavano montagne di lettere».
Il boom e poi il calo: «Io ho smesso di avere quell’enorme successo già dal secondo album, che era molto meno commerciale. Per noi artisti di quell’epoca gli Anni 90 sono stati come l’AntiCristo, tutto quello che veniva da noi era demodé, faceva schifo, la dance soppiantata dalla house, il rock patinato sostituito dal grunge... io avevo uno studio di registrazione e in quegli anni ho fatto la gavetta che non avevo fatto prima». Dopo il buio di nuovo la luce: «Festival e concerti, la risposta del pubblico è tornata grande». A Düsseldorf settimana scorsa c’erano 38 mila a cantare il suo ritornello. Un rimpianto? L’ironia non gli manca... «Se avessi saputo di chiamarmi Gazebo per il resto della mia vita ci avrei pensato due volte...».
Il quasi 70enne Fabio Roscioli è Ryan Paris, la sua hit «Dolce Vita»: «Lo sapevo che avrebbe spaccato, la ascoltai, tornai a casa e feci un salto. A mia mamma dissi: canterò una canzone che venderà un milione di copie. Invece ne ha venduti più di cinque... Di quel periodo ricordo le litigate con la fidanzata, una volta la portai in Spagna e mi ritrovò in camerino con 50 donne». Per lui come per tutti i 90 sono la peste: «Sono stati anni duri, un periodo nero economicamente. Poi è ricominciata. Oggi faccio concerti in Spagna, Francia, Germania».
Cosa le manca degli 80?
«Niente. Lavoro più di prima, a parte in Italia dove nessuno è mai profeta. All’estero grazie a Dolce Vita sono considerato una superstar: c’è gente che si è sposata con la mia canzone, coppie che hanno chiamato i figli Ryan come me. È meraviglioso. Ogni volta che la canto volo, ancora adesso».
Stefano Righi e Stefano Rota. Così due sconosciuti, ma famosissimi come Johnson e Michael Righeira, la coppia che con due canzoni — Vamos a la playa e L’estate sta finendo — ha vissuto una parabola eterna durata due sole stagioni. Ricorda Johnson Righeira: «Vamos a la playa era sì una canzone da spiaggia ma postatomica, immaginava uno scenario apocalittico fatto di bombe, radiazioni, mare contaminato. I fratelli La Bionda divennero i nostri produttori, ci presero sotto la loro ala e intuirono il potenziale del brano. La mia versione però era molto più dark, new wave, molto cupa, l’idea era il contrasto tra l’andare in spiaggia e le bombe che esplodevano; loro la resero molto più solare, tanto che del testo non si è parlato per molti anni, nessuno ci ha fatto caso, è stato oscurato dalla melodia».
Come ha vissuto quello schiaffo improvviso di popolarità?
«Con estrema incoscienza: sono passato dal non avere una lira a poter prendere aerei e taxi senza pensarci, potevo scegliere gli alberghi più belli, vivevo nei residence. Ho buttato via un sacco di soldi. Non ho la minima idea di quanto ho sperperato, anche perché non so neanche quello che ho guadagnato». Oggi lui continua a fare serate, ma nel frattempo la coppia è scoppiata: «Con Stefano c’è stato un progressivo allontanamento culminato in una lite che ha sancito la separazione. Da tempo non ci sentiamo più».
Vuoi mettere l’efficacia british dello pseudonimo Den Harrow rispetto all’autoctono Stefano Zandri (60 anni) da Nova Milanese e cresciuto a Bresso?: «La musica è arrivata per caso. Ero un brutto anatroccolo che da adolescente si è trasformato in un bel ragazzino, frequentavo le discoteche e quando ballavo intorno a me la gente si metteva in cerchio a guardarmi». La sua storia è incredibile perché ha successo con canzoni (Mad Desire, Future Brain, Don’t Break My Heart ...) che non canta lui: «Negli Anni 80 funzionava così, c’erano personaggi che prestavano solo l’immagine. Era la prassi, io avevo 19 anni ed ero facilmente “corruttibile”. A 30 anni mi ritrovai con brani cantati da 7 voci diverse senza che nessuno se ne fosse accorto». A un certo punto decide di dire basta: «Ero frustrato, mi sentivo di prendere per il culo la gente». Finisce che rimane senza soldi e parte per l’America. Poi insieme agli Anni 80 torna in auge pure lui. Da tempo vive a Malaga: «Faccio tantissime serate, ma oggi posso anche permettermi di non lavorare».
Un decennio passato e ritornato, che nessuno di loro però sembra rimpiangere. A Sandy Marton la popolarità degli Anni 80 non manca: «Ricordo una sera in discoteca: dal palco al camerino c’erano 30 metri e 6.000 ragazzine: mi hanno strappato tutto in un secondo, sono arrivato completamente nudo in camerino. Va bene qualche anno, ma quella pazzia non mi manca in assoluto. Oggi le mie fan sono le mamme e le nonne...».
7 febbraio 2023 (modifica il 7 febbraio 2023 | 10:43)
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