Una foto e un video diventati virali. La Madonna sopra piazza San Pietro, sospesa su una nuvola durante la messa per l'indulgenza plenaria celebrata da Papa Francesco lo scorso 27 marzo 2020, al termine di una giornata tristissima per l'Italia, con un picco di morti per Coronavirus di quasi mille unità. Il video impazza sui social e ne potete trovare un breve fotogramma qui: https://www.inews24.it/2020/03/28/appare-madonna-messa-papa-video/amp/ (anche se ne hanno già parlato tutti i giornali).
La Vergine appare nei cieli su un passo importante letto dal Papa, e tratto dal Vangelo di Marco: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?".
E ancora: "Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi”.
Questa celebrazione è già entrata nella Storia. Un Papa, quasi completamente solo sul sagrato dell'immensa Piazza San Pietro, che celebra la messa per rimettere i peccati al mondo intero. Piove. Il lastricato di San Pietro brilla sotto la pioggia. Sembra una scena metafisica.
Passano ancora le parole del Papa: "Questo tempo di prova è un tempo di scelta. E' un tempo in cui separare le cose vere da quelle non vere".
La cosa che mi impressiona di questa indulgenza plenaria che si irradia da San Pietro è quella pioggia che sembra lavare il mondo delle sue lordure. E quel silenzio ritrovato, che pareva seppellito dal frastuono che aveva sepolto Dio o, in alternativa, l'Essere di heideggeriana memoria.
Jorge Bergoglio ci ricorda la nostra fragilità: "Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti. Tutti".
Una cerimonia toccante, anche per chi non è credente. E quella sagoma apparsa nel cielo appare, sempre di più, come segnale di speranza e di conforto, come segnale sicuro di sconfitta del male e di trionfo del bene. Come spartiacque tra un prima e un dopo. Mentre sui social, assediati dall'inerzia forzata di questi lunghi giorni, si rincorrono sempre di più impressioni personali, desideri di cambiamento personale ed aspirazioni a rivedere le stelle ed un mondo migliorato, perché quello di prima, di cui pure proviamo nostalgia, non è che ci piacesse più di tanto. Ed accanto alle apparizioni mariane, vere o presunte che siano, qualcuno azzarda anche letture esoteriche del convulso periodo che stiamo vivendo: 2020, cioè 22 i pazzi e 4 (la somma di 2+2) l'imperatore, cioè il numero della materia. Caos e confusione sulla materia. Ma quel segno dal cielo ci fa ben sperare.
E' stata la magnifica interprete del dolcissimo e intimistico film "Ritratto della giovane in fiamme", di Céline Sciamma, insieme alla splendida Adèle Haenel, di cui già ho parlato su questo blog e che è definita "la nuova Caterine Deneuve del cinema francese".
Noémie Merlant, classe 1988, ha uno sguardo che ti trafigge. I suoi indimenticabili occhi e la sua notevole recitazione hanno donato splendore a film come quello appena citato, a "Una volta nella vita", "Curiosa" ed al recentissimo "Jumbo", in uscita nelle sale italiane, pellicola innovativa e visionaria sul tema dell'oggettofilia. Noémie Merlant interpreta Jeanne, una timida ed introversa ragazza che fa la guardiana in un parco giochi, che ha enormi problemi relazionali con le persone e che si innamora di un oggetto: la giostra "Jumbo", che costituisce l'attrazione del parco divertimenti dove lei è impiegata.
Noémie e Adèle sono attrici trentenni di grande spessore e carattere, che hanno avuto un'accelerazione alla loro carriera proprio grazie al film della Sciamma. La Merlant, oltre ad essere un'attrice di talento, capace di entrare perfettamente nello spirito dei personaggi che interpreta, dice cose che ne mettono in risalto l'intelligenza e la raffinatezza.
C'è una sua bella intervista recentemente uscita sul "Journal de Femmes", in cui ci sono dei passaggi che colpiscono. Ad esempio Noémie afferma:
"Devo averne sentito parlare vagamente (dell'oggettofilia, NdR), ma non ne ho scoperto di più. All'epoca ero davvero giovane ed era per me una notizia degna di uno scherzo. Ma ammetto che tutto ciò che è insolito, originale e che porta altrove, mi interessa. Tutte le forme di amore possono essere belle, arricchenti e darci una nuova prospettiva sulle cose".
" Le persone devono essere in grado di vivere liberamente la loro nozione di amore, la loro ricerca di felicità emotiva, il loro modo di vedere le cose ... È pericoloso volerle inserire negli schemi. Cerco sempre di capire. Sono in empatia; è anche importante averlo nella professione di attrice. Mettersi nei panni dell'altra persona è essenziale e vitale per essere più pacifici. E vengo da una famiglia piuttosto speciale (ride) ... Mi ha aiutato abbastanza piccola ad accettare la differenza".
"Potrebbe non essere strano, ma ho una relazione speciale con l'acqua. Adoro stare in acqua. Spesso ho delle carenze e mi rendo conto che proviene da lì, da questa esigenza. Adoro nuotare, stare in una vasca da bagno, un fiume, la madre"...
"Lavoro ... Mi sento riposato solo quando lavoro. Se non faccio nulla, devo essere in acqua". (Risate)
"Sono molto fortunata. Ho sempre sognato di fare questo lavoro, di viverlo, di avere molte chances. ... È un lusso perché non è mai guadagnato. Sono orgogliosa, felice e abbastanza serena. Provo a pensare a distanza. Intorno a te la situazione può cambiare. Devi sapere come essere ben supportato e non è facile. Mi prendo cura di me.
A proposito dell'ultima cerimonia dei César, nel corso della quale Adèle Haenel ha abbandonato la sala per contestare l'attribuzione del premio a Roman Polanski, Noémie ha detto:
"A un certo punto della mia vita, avevo bisogno di vedere le donne alzarsi e parlare per dire la loro verità. Fa bene andare lì, osare comunicare, capire cosa vuoi; in ogni caso, sfida la mia visione delle cose, implica davvero un dialogo con me stesso. Dopo il Cesar, tutti, a tutti i livelli, anche lontani dalla professione, si è cominciato a parlare. Le persone hanno cercato di capirsi le opinioni reciproche. Tutto ciò è positivo."
La storia di questa foto diventata virale è ormai troppo nota per essere riportata in questo blog. L'infermiera cremonese, stremata da dieci ore ininterrotte di fatica, nell'ospedale di Cremona che è una delle strutture più sotto stress per via del Coronavirus (Covid-19) è stata ritratta in questo scatto riversa sul computer per 5 minuti di riposo, dopo ore passate a correre da un paziente all'altro.
Senza troppe disquisizioni filosofiche, è in queste persone, eroi sconosciuti dei nostri tristi tempi, che Dio si manifesta.
In un mondo divorato dall'economia di mercato, dallo schiavismo 4.0 travestito da accoglienza, abitato da gente incurante del pericolo ma interessata solo all'aperitivo ed allo stordimento nei luoghi della movida, pervaso da forme di religiosità che sanno più che altro di propaganda umanitaria, Dio Padre e Madre si rivela in queste persone, angeli custodi di un'umanità allo sbando, bisognosa di recuperare la reale dimensione del suo stare al mondo.
Si sa che
l’arte e la moralità non vanno spesso a braccetto e che anche gli artisti più
grandi non sono immuni da vizi e piccati. Anzi.
La
vicenda dell’attrice austro-francese Adèle Haenel, recentemente premiata per il
film “Portrait de jeune fille en feu”, sta appassionando e dividendo l’opinione
pubblica francese. E sollevando un velo sottile sul maschilismo e sessismo
imperante nel cinema e nella società francese. Lo scorso 3 novembre 2019
l’attrice, una delle più belle, colte, raffinate e convincenti del cinema
internazionale, ultimamente richiesta anche in America, e quindi sicuramente
non in cerca di facile pubblicità, in una intervista molto sofferta a Mediapart
ha accusato il 54enne regista Christophe Ruggia di avere abusato di lei tra i
12 ed i 15 anni, mentre erano intenti a girare le riprese del film “Le
Diables”, un racconto di infanzie violate, incentrato sulla vicenda di due
bambini abbandonati dalla madre e cresciuti per strada, in un rapporto quasi incestuoso
tra di loro. Dunque, tutto, tranne che poetico, come si può vedere anche dal
trailer su Youtube.
Nell’intervista
Adèle è stata molto articolata a descrivere un tema così complesso come quello
dell’abuso da parte di un adulto e delle tecniche sottili di manipolazione tipiche
di questi comportamenti predatori. Il 26 dello stesso mese ha sporto denuncia
contro Ruggia, che si è difeso dicendo di essere stato il suo pigmalione e che
quella messa è in atto dall’attrice è una rappresaglia messa in atto perché lui
le aveva rifiutato un film. Sta di fatto che il
4 novembre, cioè il giorno dopo l’intervista, Christophe Ruggia è stato
cancellato dalla Society of Film Director. Tuttora il procedimento giudiziario
è in corso, ma in Italia la notizia, più che in tv, è girata su Internet,
soprattutto su siti di informazione francese. Come riporta anche Dagospia,
“vari tecnici della troupe del film hanno confermato le stranezze di Ruggia e
un atteggiamento «vampirizzante» e «invasivo» nei confronti della ragazzina”.
Mentre “un altro regista, Eric Bergeron (suo è «Un mostro a Parigi», pellicola
d' animazione di successo del 2011), è stato incriminato per aver violentato
una giovane donna, che era stata sua allieva in una scuola di cinema e poi
collaboratrice. E che si è in seguito suicidata”.
Niente di nuovo sotto il sole, si direbbe. Del resto, Asia
Argento docet. Ma che il sessismo e la violenza sulle donne siano cose mai
tramontate dovrebbe farci riflettere.
Adèle Haenel è diventata il simbolo della protesta del
movimento MeToo nel cinema francese e la sua posizione contro Ruggia ha portato
alle dimissioni di tutta l’Accademia dei César. I Cèsar sono gli Oscar francesi
per il cinema. Da parte di molti attori e personalità del cinema c’è stata una
richiesta di maggiore trasparenza nell’attribuzione dei premi.
Proprio pochi giorni fa, durante la cerimonia di premiazione
dei Cèsar, quando durante la 45 edizione l’ambito riconoscimento è andato al
regista Roman Polanski per il film “L’ufficiale e la spia”, sul famoso caso
Dreyfus, Adèle Haenel, elegantissima in un abito blu di pizzo, si è alzata in
piedi ed è uscita velocemente dalla sala esclamando due volte: “La honte!”
(vergogna!). Polanski, com’è noto, è accusato di violenza sessuale su
minorenne, reato per il quale è fuggito dall' America, e di diversi altri abusi.
L’attrice è stata seguita da molte altre donne presenti nella sala, tra cui
Céline Sciamma, la regista di “Portrait de jeune fille en feu” e fondatrice del
collettivo 50/50, per la tutela della parità di genere nel cinema francese
(pare che sia anche l’ex fidanzata della Haenel, che però su questa faccenda
non ha mai detto più di tanto).
La Haenel si è fatta portavoce di una questione morale, sia
nel mondo del cinema che nella società in generale, organizzata, ha detto, in
un modo tale che fa sì che “la mostruosità di Polanski” sia un “caso
emblematico” (min, 44-45 dell’intervista a Mediapart). Infatti l’attrice ha
detto: «Premiare Polanski sarebbe sputare al volto di tutte le vittime,
vorrebbe dire che non è poi così grave violentare le donne». L’attrice si è
sempre dichiarata apertamente femminista ed è chiaro che la sua reazione così
forte al César sia dettata anche dal disgusto per quanto patito durante la sua
infanzia.
L’arte può giustificare la degradazione morale?
Pare che la società francese sia nel complesso
particolarmente disgustata di tutta la faccenda (si veda www.mondofox.it/2020/03/02/cos-e-successo-cesar-awards-roman-polanski-vittoria-reazioni/), ed in particolare del fatto che
questo “grande artista”, nonostante il suo passato a fosche tinte ed il mandato
di cattura internazionale, abbia sempre goduto della protezione del governo
francese ed abbia continuato imperterrito a rastrellare premi e riconoscimenti.
Come se la sua arte lo ponga al di sopra di tutto e di tutti.
La lotta che una giovane attrice ha ingaggiato contro un
sistema collaudato e marcio non sarà semplice, e di questo diamo atto alla
Haenel. Non sappiamo se se ne pentirà. Proprio perché il sistema sembra
incrollabile. Pare che l’élite cinematografica francese farà quadrato attorno a
Polanski. Si è detto anche che il regista, girando questo film, abbia in
effetti voluto scagionare se stesso. Si è parlato, con toni forti, di
un’associazione a delinquere cinematografica di cui Polanski è il padrino.
Polanski stesso non si è presentato alla cerimonia di
premiazione temendo per la sua incolumità.
Il giornalista francese Alexis Poulin ha detto: «Polanski è fuggito e ha trovato rifugio in Francia. In
Francia accettiamo gli stupratori in fuga perché sono artisti. È un problema
della società francese».
Una ricercatrice italiana in Francia ha spiegato alla Libreria delle
donne di Roma che la giuria, premiando Polanski e la sua persona, si è
schierata con il punto di vista maschile e questo ha fatto intravedere negli
osservatori più attenti quella tipica arroganza intellettuale francese che non
vuol nemmeno sentire parlare della soggettività delle donne. Ecco perché al
film di Sciamma è andato solo il premio per la fotografia (anch’essa opera di
una donna, come del resto tutto il film): è come se avessero detto “vi vogliamo
belle ma mute”.
Certo è che la vicenda di Haenel promette futuri sviluppi e sarò
interessante seguirla proprio perché in essa è contenuta una forte spinta alla
moralizzazione della società ed al riequilibrio dei rapporti di potere tra i
due sessi.
Una sfida non da poco, di cui il cinema è soltanto una delle
manifestazioni più evidenti.