Liceo breve, laurea breve, ignoranza lunga
In pieno periodo di vacanza scolastica il ministro dell’istruzione Fedeli che dovrebbe traghettare la “buona scuola” di Renzi verso lidi meno agitati, lancia a livello sperimentale la scuola media superiore breve, di appena quattro anni, tornando allo schema degli istituti magistrali e dei licei artistici modulati sui quattro anni di corso. Questo schema si rivelò del tutto insufficiente perché non preparava in modo adeguato, riducendo i programmi scolastici a cenni e impedendo un qualunque approfondimento. Per definire una cultura superficiale, si parlava infatti di maestrine elementari alle quali era consentito il percorso universitario solo al Magistero,una università di serie b. Anche gli allievi dell’artistico potevano proseguire solo all’Accademia di Belle Arti che si insiste ad equiparare immotivatamente ad Università. Altrimenti maestri ed artisti, per proseguire, dovevano frequentare un anno in più definito propedeutico alla frequenza universitaria. Ora sembra che di voglia tornare al vecchio, mentre la scuola del facilismo si è rivelata del tutto fallimentare. Si tratta di un esperimento che è facile prevedere fallimentare. La scuola necessita di interventi seri e non improvvisati. Il liceo breve farà coppia con l’università breve di tre anni dove si consente ad infermieri, massaggiatrici, igienisti dentali di farsi chiamare dottore. Un’aberrazione voluta dal ministro Luigi Berlinguer che ha provocato il degrado dell’Università ridotta a liceo. Dal 2018/19 avremo anche il liceo ridotto a scuola media. Non c’era in effetti bisogno del ministro Fedeli per raggiungere questo obiettivo perché la scuola superiore si era già ridimensionata e abbassata di livello dal ’68 in poi con la desertificazione degli studi e il diritto al titolo di studio confuso con quello allo studio che è tutt’altra cosa. Berlinguer propose di centrare almeno l’obiettivo dei ”saperi minimi“, una vera e propria follia perché a minimizzare i saperi ci pensa autonomamente il fluire del tempo e il logorio della memoria. Da molti anni sforniamo giovani ignoranti che non sanno parlare e scrivere in modo adeguato e sono profondamente incolti. Con l’idea balzana del ministro Fedeli finiremo nell’abisso. E avremo magari il primato di dottorini ventenni. Forse nessuno ricorda più Ivan Illich che animò il dibattito sulle descolarizzazione degli Anni ’70 del secolo scorso. Le sue tesi vedevano nella scuola un male, voleva una società descolarizzata, una vera utopia velleitaria che, se realizzata, avrebbe ricacciato indietro il vivere civile. Il ”68 provocò effetti distruttivi che crearono la crisi delle istituzioni scolastiche e ne provocarono l’inefficacia. Che la Fedeli abbia letto, in qualche ritaglio di tempo libero dall’attività sindacale e politica, la voce relativa ad Illich su Wikipedia?
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