Quel che vedo è terribile. Ci sono studenti, tantissimi studenti, che
non hanno alcun particolare handicap fisico o sociale eppure sono
irrimediabilmente non all'altezza dei compiti cognitivi che lo studio
universitario ancora richiede in certe materie e in certe aree del
Paese. Essi credono di avere delle “lacune”, e quindi di poterle colmare
(come si recupera un'informazione mancante cercandola su internet), ma
in realtà si sbagliano. Per essi non c'è più (quasi) nulla da fare,
perché difettano delle capacità di base, che si acquisiscono lentamente e
gradualmente nel tempo: capacità di astrazione e concentrazione,
padronanza della lingua e del suo lessico, finezza e sensibilità alle
distinzioni, capacità di prendere appunti e organizzare la conoscenza,
attitudine a non dimenticare quel che si è appreso. La scuola di oggi,
con la sua corsa ad abbassare l'asticella, queste capacità le fornisce
sempre più raramente. E, quel che è più grave, questa rinuncia a
regalare ai giovani una vera formazione di base non avviene certo in
nome di un'istruzione “utile”, ovvero all'insegna di uno sviluppo delle
capacità professionali, ad esempio sul modello tedesco dell'alternanza
scuola-lavoro. No, il modello verso cui stiamo correndo a fari spenti è
quello della liceizzazione totale: la scuola secondaria superiore è oggi
un gigantesco liceo che non è più in grado di erogare una preparazione
di base decente, e proprio per questo induce l'università a trasformarsi
essa stessa in un immenso e tardivo liceo. L'unico baluardo che resta
in piedi sono quelle scuole, ma forse sarebbe meglio dire – quegli
insegnanti – che non hanno rinunciato a spostare l'asticella sempre più
in su, per mettere i loro allievi nelle condizioni di affrontare
qualsiasi tipo di studio, umanistico o scientifico che sia. È grazie a
queste scuole e a questi insegnanti che all'università, nonostante
tutto, arrivano ancora drappelli di studenti in grado di ricevere
un'istruzione universitaria, e le materie più complesse non sono ancora
state abolite del tutto. Ma si tratta di eccezioni, non di rado
provenienti dalla minoranza di studenti (circa il 6%) che ancora
scelgono il liceo classico, con la sua aborrita prova di traduzione dal
latino e dal greco. La regola, purtroppo, è che chi ha un diploma di
maturità non è in grado di frequentare un'università che non abbia
drasticamente abbassato gli standard.
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