Con Adelperga, sposa del re Arechi, iniziò la svolta. E il centro raggiunse sfarzo e splendore
di GIUSEPPE ESPOSITO
(La città di Salerno) - Quanti sono i salernitani, che
attraversato il largo di San Pietro a Corte, imboccata la stretta via
che lambisce l’antico palazzo Fruscione con le sue splendide polifore
intrecciate e sollevato lo sguardo al nome della via, non hanno la
stessa reazione di don Abbondio al nome di Carneade? Quanti si
chiederanno: “Adelperga, chi era costei?” Eppure la principessa
longobarda ha avuto una ruolo fondamentale nella storia della città.
Figlia di Desiderio e quindi sorella della manzoniana Ermengarda, nacque a Pavia dove ricevette una educazione molto sofisticata, sotto la guida di Paolo Diacono, uno dei più importanti intellettuali del tempo. Sposò, in giovane età, Arechi II,
duca di Benevento e pertanto signore di quasi tutta l’Italia
meridionale, Salerno inclusa. Pochi anni dopo, Carlo Magno, divenuto
padrone dell’intero regno dei Franchi, lasciato da suo padre, Pipino il
breve a lui ed al fratello Carlomanno, ripudiò la sorella di Adelperga e sotto la spinta di papa Adriano I mosse contro la Longobardia maior ed il suo sovrano Desiderio.
Lo sconfisse alle Chiuse d’Italia, sembra grazie a un tradimento e ne
espugnò Pavia, capitale del regno. A novembre del 774, Arechi e
Adelperga, onde affermare più fortemente la loro autonomia, decisero di
proclamarsi principi di Benevento, con una grande cerimonia in cui
Arechi indossava uno sfarzoso manto di porpora e oro, mentre Adelperga
ne sfoggiava uno azzurro orlato d’argento. Arechi si dichiarò Princeps
Longobardorum et Dux Sannitorum e aprì le porte per accogliere tutti i
profughi del regno del nord. Contemporaneamente, essendo Benevento
troppo facilmente accessibile, attraverso la via Appia in caso di
attacco dell’esercito franco, decise, d’accordo con Adelperga, di
spostare la capitale a Salerno. Essa stretta tra i monti e il mare era
facilmente difendibile. Appariva bella come una perla in un’ostrica
ruvida e spigolosa. Era un piccolo centro piuttosto squallido, con le
case tutte in legno. La vita era essenzialmente rurale e marittima e si
svolgeva nelle corti delle sue misere case. Si mise mano al restauro
della antica cinta muraria bizantina compresa la turris maior, il
castello che ancora vediamo svettare sul monte Bonadies.
La città
rifiorì e la principessa, memore dei suoi studi alla corte di Pavia
favorì la nascita del culto della Medicina attraverso le ricerche dei
primi docti viri e delle doctae mulieres. La corte raggiunse uno
splendore e uno sfarzo per cui lo stesso Arechi ebbe ad affermare che la
sua reggia era colma di ricchezze, “di gioielli e metalli preziosi, di
suppellettili tirie, portate dagli Indi, dai Cretesi, dai molli Arabi ed
Etiopi dalla nera pelle e vesti e drappi prodotti dai Seri.” Un alone
di gloria circondò la plaga salernitana.
I principi favorirono
uno scambio intenso anche con la campagna circostante dove sorsero
proprietà laiche e religiose, produttrici delle derrate portate al
mercato. L’accesso al mare permise l’incremento dei traffici marittimi.
Salerno fu abbellita di edifici pubblici civili e religiosi. Oltre al
Palatium sorse la cattedrale dedicata a S. Maria Dei Genitrix ed il
monastero di San Benedetto da cui si diffuse una cultura che ebbe vasta
risonanza in tutta la penisola. Da quei monaci ebbe impulso la nascita
della Scuola medica salernitana. La parabola del Principato sembrava
aver raggiunto il suo culmine, ma nel luglio del 787, moriva Romualdo, il primogenito, mentre il secondogenito Grimoaldo
era ancora ostaggio di Carlo Magno, già dal 780, quando Arechi per
fermare l’aggressione dei Franchi aveva dovuto giurare fedeltà al loro re Carlo.
Arechi non riuscì a sopravvivere al figlio e nell’agosto dello stesso
anno scese anche lui nella tomba. L’onere del governo cadde sulle spalle
di Adelperga. Era prostrata dal dolore, ma con enorme sforzo riuscì a
placare il cuore e a dare impulso alla volontà. Il suo carattere forte,
la nobiltà della nascita e la fama della sua sapienza le permisero di
reggere il Principato in un momento difficilissimo, stretto com’era tra
le forze dei Bizantini dei i Franchi e del Papato. Lottò per più di un
anno, infine ottenne da Carlo la restituzione di Grimoaldo. Si impose
come grande sovrana agli occhi dei suoi sudditi, e a quelli del mondo
intero. Tornato a Salerno nel maggio del 788, Grimoaldo dovette
mantenere un difficile equilibrio tra l’ossequio a Carlo e la propria
autonomia. Adelperga, si concentrò nel dare nuovo impulso allo studio
affinché Salerno raggiungesse una posizione eminente nel campo della
medicina. Arricchì la città di rari testi acquistati a Costantinopoli,
il più importante mercato librario del tempo. Creò nei pressi del
Palatium il convento femminile di San Giorgio con una ricca biblioteca e
l’armarium pigmentorum. Con le monache avevano frequenti
contatti le mulieres salernitanae. Diede nuovo impulso all’Hortus
magnum attraverso i monaci di San Benedetto. Nell’anno 806 morì anche il
figlio Grimoaldo, cui Adelperga non sopravvisse a lungo. Il trono andò
al tesoriere di Grimoaldo detto Storesayz.
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