(Centro Studi Beppe Fenoglio) - Nacque a La Morra nel 1889 alla Cascina Manescotto dei conti Falletti di
Castiglione dove il padre faceva il mezzadro, famiglia numerosissima ed
i figli appena potevano andavano a cercare lavoro altrove.
A 19 anni, nel 1908, se ne venne al Gallo a lavorare in una trattoria; dopo qualche anno ad Alba con i fratelli Andrea, Giovanni e Matteo a mettere su il Ristorante delle Langhe; Giacomo era bravo, abile in tutto, la convivenza con i fratelli un po’ difficile e Giacomo voleva fare da solo, nel 1923 ottenne dai fratelli la sua parte con la promessa che non sarebbe più tornato ad Alba a fare l'oste e se ne andò a Torino ad aprire una trattoria ed una bottiglieria in corso Nizza; vi rimase cinque anni, fece buoni affari, ma soprattutto capì che quel tartufo che a Torino si pagava così caro e che nelle Langhe i trifolao vendevano a poco prezzo, dopo notti insonni di ricerca, era tesoro da sfruttare, la nostalgia di Alba e delle Langhe era grande, la famiglia da crescere numerosa, ma vi era quell'impegno assunto con i fratelli: non tornare ad Alba a fare l'oste. Riuscì a convincere il fratello Andrea ad intervenire presso gli altri fratelli per farsi cancellare quell'impegno ed ottenne il permesso. Nel 1928 comprò l'Hotel Savona ed iniziò quell'avventura durata sino al 18 dicembre 1963 quando Alba dovette registrare la perdita del suo primo e grande ambasciatore nel mondo, perché è certamente vero che non è Alba che ha fatto conoscere Giacomo Morra, ma è Morra che ha fatto conoscere Alba nel mondo.Albergatore cortese, sempre disponibile, la moglie Teresa non chiudeva le porte sino a quando non fosse arrivato ad Alba l'ultimo treno ed era già in piedi al mattino presto per la partenza del primo; ristoratore dalle grandi intuizioni, inventò gli antipasti di una varietà infinita, commerciante di tartufi bianchi, ma anche neri, si riforniva a Norcia per servire il mercato francese, trovò anche il sistema di conservarli e nel 1948 fu presente sul mercato statunitense con i suoi tartufi freschi e conservati, fu chiamato il Re dei Tartufi ed i figli Mario, Giorgio e Francesco ne continuarono la dinastia e le attività sino agli anni Novanta. Nel 1936, Stampa Sera gli dedicò una mirabile intervista che occupò l’intera pagina a lui dedicata, venne pubblicata il 29 ottobre.
Il giornalista, Enzo Arnaldi, lo chiamò il “Re del tartufo” riconosciuto da tutte le Langhe e fin dai colli dell’Astigiano. Nell’intervista si leggeva ancora “Alba è un centro vitale, operoso, aperto ad ogni iniziativa, pronto a tutti i tentativi. Gente che fa, che produce, che contratta, che commercia, questa di Alba: gente che, se comunicazioni più rapide la legassero a Torino, avrebbe ancora aumentato il ritmo della sua attività agricola commerciale. E’ in centri come questo che si capisce appieno di qual forza e qual tempra sia, oggi come sempre, questa campagna di cui è fatta il nostro Piemonte.
Gente che ha iniziativa, quella di Alba, come questo Giacomo Morra che s’è messo in un albergo da gran città, tanto è perfetto e razionalmente congegnato. Persino i telefoni in ogni camera ci ha e la cantina e la cucina con miracoli di modernità».
Nel 1949, il 16 ottobre, un inviato speciale, scriveva su La Stampa: “Alba ha una reginetta del tartufo – La Bela Trifolera – che dura in carica un anno e un Re del Tartufo – Giacomo Morra che è eterno. Per sapere tutto del tartufo si va necessariamente da lui, che è storia e cronaca insieme, che può raccontarvi di Carlo V, lanciatore del tartufo e di Winston Churchill e Rita Hayworth i suoi più recenti ammiratori. Carlo V fu però in una situazione di inferiorità perché dovette accontentarsi di spendere il proprio entusiasmo per il tartufo nero del Perigord, parente povero di quello di Alba, mentre Churchill e Rita gustarono proprio quest’ultimo. Una lettera del segretario di Churchill, scritta da Gardone dice esattamente: «La signora e il signor Churchill hanno gustato e particolarmente apprezzato». I tartufi di Alba arrivarono a Rita in occasione del suo recente matrimonio.
Giacomo Morra è stato per Alba, e per il suo tartufo bianco, un grande dono, quasi un profeta.
A 19 anni, nel 1908, se ne venne al Gallo a lavorare in una trattoria; dopo qualche anno ad Alba con i fratelli Andrea, Giovanni e Matteo a mettere su il Ristorante delle Langhe; Giacomo era bravo, abile in tutto, la convivenza con i fratelli un po’ difficile e Giacomo voleva fare da solo, nel 1923 ottenne dai fratelli la sua parte con la promessa che non sarebbe più tornato ad Alba a fare l'oste e se ne andò a Torino ad aprire una trattoria ed una bottiglieria in corso Nizza; vi rimase cinque anni, fece buoni affari, ma soprattutto capì che quel tartufo che a Torino si pagava così caro e che nelle Langhe i trifolao vendevano a poco prezzo, dopo notti insonni di ricerca, era tesoro da sfruttare, la nostalgia di Alba e delle Langhe era grande, la famiglia da crescere numerosa, ma vi era quell'impegno assunto con i fratelli: non tornare ad Alba a fare l'oste. Riuscì a convincere il fratello Andrea ad intervenire presso gli altri fratelli per farsi cancellare quell'impegno ed ottenne il permesso. Nel 1928 comprò l'Hotel Savona ed iniziò quell'avventura durata sino al 18 dicembre 1963 quando Alba dovette registrare la perdita del suo primo e grande ambasciatore nel mondo, perché è certamente vero che non è Alba che ha fatto conoscere Giacomo Morra, ma è Morra che ha fatto conoscere Alba nel mondo.Albergatore cortese, sempre disponibile, la moglie Teresa non chiudeva le porte sino a quando non fosse arrivato ad Alba l'ultimo treno ed era già in piedi al mattino presto per la partenza del primo; ristoratore dalle grandi intuizioni, inventò gli antipasti di una varietà infinita, commerciante di tartufi bianchi, ma anche neri, si riforniva a Norcia per servire il mercato francese, trovò anche il sistema di conservarli e nel 1948 fu presente sul mercato statunitense con i suoi tartufi freschi e conservati, fu chiamato il Re dei Tartufi ed i figli Mario, Giorgio e Francesco ne continuarono la dinastia e le attività sino agli anni Novanta. Nel 1936, Stampa Sera gli dedicò una mirabile intervista che occupò l’intera pagina a lui dedicata, venne pubblicata il 29 ottobre.
Il giornalista, Enzo Arnaldi, lo chiamò il “Re del tartufo” riconosciuto da tutte le Langhe e fin dai colli dell’Astigiano. Nell’intervista si leggeva ancora “Alba è un centro vitale, operoso, aperto ad ogni iniziativa, pronto a tutti i tentativi. Gente che fa, che produce, che contratta, che commercia, questa di Alba: gente che, se comunicazioni più rapide la legassero a Torino, avrebbe ancora aumentato il ritmo della sua attività agricola commerciale. E’ in centri come questo che si capisce appieno di qual forza e qual tempra sia, oggi come sempre, questa campagna di cui è fatta il nostro Piemonte.
Gente che ha iniziativa, quella di Alba, come questo Giacomo Morra che s’è messo in un albergo da gran città, tanto è perfetto e razionalmente congegnato. Persino i telefoni in ogni camera ci ha e la cantina e la cucina con miracoli di modernità».
Nel 1949, il 16 ottobre, un inviato speciale, scriveva su La Stampa: “Alba ha una reginetta del tartufo – La Bela Trifolera – che dura in carica un anno e un Re del Tartufo – Giacomo Morra che è eterno. Per sapere tutto del tartufo si va necessariamente da lui, che è storia e cronaca insieme, che può raccontarvi di Carlo V, lanciatore del tartufo e di Winston Churchill e Rita Hayworth i suoi più recenti ammiratori. Carlo V fu però in una situazione di inferiorità perché dovette accontentarsi di spendere il proprio entusiasmo per il tartufo nero del Perigord, parente povero di quello di Alba, mentre Churchill e Rita gustarono proprio quest’ultimo. Una lettera del segretario di Churchill, scritta da Gardone dice esattamente: «La signora e il signor Churchill hanno gustato e particolarmente apprezzato». I tartufi di Alba arrivarono a Rita in occasione del suo recente matrimonio.
Giacomo Morra è stato per Alba, e per il suo tartufo bianco, un grande dono, quasi un profeta.
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