Dopo Giorgio Napolitano - presidente della Repubblica - e Ignazio Visco - attuale governatore della Banca d'Italia, ancora un napoletano raggiunge i vertici delle carriere statali ed amministrative. Si tratta di Giuseppe Tesauro, divenuto presidente della Corte Costituzionale lo scorso 30 luglio 2014.
giovedì 31 luglio 2014
ANTOINE DE SAINT-EXUPERY, LETTERA-TESTAMENTO
Il 31 luglio 1944, a soli 44 anni, moriva lo scrittore ed aviatore francese Antoine de Saint-Exupéry. Poche ore prima della sua scomparsa, egli lasciava la sua ultima, lucidissima lettera, specchio dei tempi nei quali viviamo.
"Ho
compiuto ora un volo sul P.38. E' un bell' apparecchio. Sarei stato
felice di riceverlo in dono per i miei vent' anni. Oggi, riconosco con
malinconia che a quarantatre anni, dopo 6.500 ore di volo sotto tutti i cieli del mondo, non so più provare molto piacere in questo gioco.
E' solo, ormai, uno strumento di spostamento, e in questo caso, di guerra. Se mi sottopongo alla velocità e alle alte quote ad una età patriarcale per questo mestiere, è più per adeguarmi alle maledizioni della mia generazione che non alla speranza di ritrovare le soddisfazioni di un tempo. Forse è un pensiero malinconico, o forse no. Sbagliavo certo quando avevo vent' anni. Nell'autunno del 1940, di ritorno dall'Africa settentrionale dove ero emigrato col gruppo 2/33, riposta in qualche polverosa rimessa la mia macchina esangue, venni a scoprire il biroccino e il cavallo. E con essi l'erba dei sentieri, le greggi e gli oliveti. Quegli oliveti avevano un altro compito che quello di battere il tempo dietro i vetri a 130 chilometri all'ora. Si mostravano nel loro ritmo vero, che consiste nel fabbricare lentamente le olive. Le pecore non avevano per fine esclusivo di abbassare la media. Ridiventavano vive. Facevano pallottole di sterco genuino e fabbricavano lana genuina. Ed anche l'erba aveva un senso, poiché la brucavano.
Mi sono sentito rinascere in quell'angolo unico al mondo dove la polvere è profumata (sono ingiusto, lo è in Grecia come in Provenza). E ho avuto l'impressione di essere stato, tutta la vita, un imbecille.
Tutto questo per spiegarle che questa esistenza da gregario nel pieno di una base americana, l'andirivieni tra i monoposto da 600 CV, i pasti in piedi, frettolosi, in una costruzione isolata dove ci si ammucchia in tre per camera, questo terribile deserto umano insomma, non ha nulla che mi accarezzi il cuore.
Lo so. Come le missioni senza profitto né speranze di ritorno del giugno del 1940, anche questa è una malattia da superare. Io sono ammalato per un tempo sconosciuto. Ma non mi riconosco il diritto di non subire questa malattia. Ecco tutto. Oggi sono profondamente triste e in profondità. Sono triste per la mia generazione, che è vuota di qualunque sostanza umana; che non avendo conosciuto altra forma spirituale di vita oltre il bar, la matematica e le Bugatti, si trova ora impegnata in una azione strettamente gregaria, senza più colore alcuno.
Prendiamo il fenomeno militare di cent'anni fa. Quanti sforzi compiva per dare una risposta alla vita spirituale, poetica o semplicemente umana dell'uomo. Oggi essiccati come siamo più che mattoni, sorridiamo di tali scempiaggini. Costumi, bandiere, canti, musiche, vittorie. Non ci sono più vittorie al giorno d'oggi, nulla che abbia la densità pratica di una Austerlitz. Non vi sono che fenomeni di lenta o rapida digestione. Ogni lirismo suona ridicolo, e gli uomini rifiutano di lasciarsi ridestare a una vita spirituale qualsiasi. Compiono onestamente una specie di lavoro a catena. Come dice la gioventù americana: noi accettiamo questo job ingrato onestamente, e la propaganda nel mondo intero si batte i fianchi con disperazione. La sua malattia non proviene da assenza di doti particolari, bensì dal divieto di appoggiarsi, sotto pena di apparire pomposa, sui grandi miti refrigeranti. Dalla tragedia greca l'umanità è precipitata fino al teatro di Louis Verneuil. Secolo della pubblicità del sistema Bedau, dei regimi totalitari e degli eserciti senza bandiere, né trombe né messe in suffragio dei loro morti. Odio la mia epoca con tutte le mie forze. L'uomo vi muore di sete. Ah generale, c' è un solo problema, uno solo per il mondo: ridare agli uomini un significato spirituale, inquietudini spirituali. Far piovere su di loro qualcosa che rassomigli ad un canto gregoriano. Se avessi la fede, stia certo che, superata quest'epoca di "mestiere necessario e ingrato", non potrei più tollerare altro che la vita monastica. Non si può vivere di frigoriferi, di politica, di bilanci e di parole incrociate, mi creda. Non più. Non si può vivere senza poesia, senza colore né amore. Basta ascoltare un canto popolare del XV secolo per misurare la china percorsa. Nulla resta, se non la voce della propaganda. Due miliardi di uomini sentono il robot, capiscono solo il robot, diventano robot. Tutti gli sconquassi degli ultimi anni non hanno che due fonti: i guasti del sistema economico del XIX secolo e la disperazione spirituale.
C'è un problema, uno solo: tornare a scoprire che esiste una vita dello spirito più alta ancora di quella dell'intelligenza, l'unica in grado di soddisfare l' uomo. Questo supera il problema della vita religiosa, che ne è solamente una forma. E la vita dello spirito comincia là dove un essere "unico" è concepito al di sopra dei materiali che lo compongono. L'amore per la casa è già vita dello spirito. E la festa del villaggio, e il culto dei morti...
Ah! che strana sera questa, che strano clima. Dalla mia camera vedo accendersi le finestre di questa costruzione senza volto. Sento le diverse stazioni radio sciorinare la loro musica balorda a questa folla di sfaccendati venuti d'oltremare e che non conoscono la nostalgia. Può accadere di scambiare questa accettazione rassegnata per spirito di sacrificio o grandezza morale. Che errore! I legami d'amore che stringono l'uomo d'oggi agli esseri come alle cose, sono così poco tesi, così poco solidi, che l'uomo non avverte più l'assenza come una volta. E' la parola terribile di quella storiella ebrea: "Te ne vai dunque laggiù? come sarai lontano!" "Lontano da dove?" Il dove che hanno lasciato non era altro che un fascio di abitudini. In quest'epoca di divorzio, si divorzia con la stessa facilità dalle cose. I frigoriferi sono intercambiabili. E le case pure. E la propria donna? E la religione? E il partito? E' ormai impossibile essere infedeli: a che cosa si potrebbe essere infedeli? Lontani da dove e infedeli a che cosa? Deserto dell' uomo".
Antoine de Saint-Exupery
E' solo, ormai, uno strumento di spostamento, e in questo caso, di guerra. Se mi sottopongo alla velocità e alle alte quote ad una età patriarcale per questo mestiere, è più per adeguarmi alle maledizioni della mia generazione che non alla speranza di ritrovare le soddisfazioni di un tempo. Forse è un pensiero malinconico, o forse no. Sbagliavo certo quando avevo vent' anni. Nell'autunno del 1940, di ritorno dall'Africa settentrionale dove ero emigrato col gruppo 2/33, riposta in qualche polverosa rimessa la mia macchina esangue, venni a scoprire il biroccino e il cavallo. E con essi l'erba dei sentieri, le greggi e gli oliveti. Quegli oliveti avevano un altro compito che quello di battere il tempo dietro i vetri a 130 chilometri all'ora. Si mostravano nel loro ritmo vero, che consiste nel fabbricare lentamente le olive. Le pecore non avevano per fine esclusivo di abbassare la media. Ridiventavano vive. Facevano pallottole di sterco genuino e fabbricavano lana genuina. Ed anche l'erba aveva un senso, poiché la brucavano.
Mi sono sentito rinascere in quell'angolo unico al mondo dove la polvere è profumata (sono ingiusto, lo è in Grecia come in Provenza). E ho avuto l'impressione di essere stato, tutta la vita, un imbecille.
Tutto questo per spiegarle che questa esistenza da gregario nel pieno di una base americana, l'andirivieni tra i monoposto da 600 CV, i pasti in piedi, frettolosi, in una costruzione isolata dove ci si ammucchia in tre per camera, questo terribile deserto umano insomma, non ha nulla che mi accarezzi il cuore.
Lo so. Come le missioni senza profitto né speranze di ritorno del giugno del 1940, anche questa è una malattia da superare. Io sono ammalato per un tempo sconosciuto. Ma non mi riconosco il diritto di non subire questa malattia. Ecco tutto. Oggi sono profondamente triste e in profondità. Sono triste per la mia generazione, che è vuota di qualunque sostanza umana; che non avendo conosciuto altra forma spirituale di vita oltre il bar, la matematica e le Bugatti, si trova ora impegnata in una azione strettamente gregaria, senza più colore alcuno.
Prendiamo il fenomeno militare di cent'anni fa. Quanti sforzi compiva per dare una risposta alla vita spirituale, poetica o semplicemente umana dell'uomo. Oggi essiccati come siamo più che mattoni, sorridiamo di tali scempiaggini. Costumi, bandiere, canti, musiche, vittorie. Non ci sono più vittorie al giorno d'oggi, nulla che abbia la densità pratica di una Austerlitz. Non vi sono che fenomeni di lenta o rapida digestione. Ogni lirismo suona ridicolo, e gli uomini rifiutano di lasciarsi ridestare a una vita spirituale qualsiasi. Compiono onestamente una specie di lavoro a catena. Come dice la gioventù americana: noi accettiamo questo job ingrato onestamente, e la propaganda nel mondo intero si batte i fianchi con disperazione. La sua malattia non proviene da assenza di doti particolari, bensì dal divieto di appoggiarsi, sotto pena di apparire pomposa, sui grandi miti refrigeranti. Dalla tragedia greca l'umanità è precipitata fino al teatro di Louis Verneuil. Secolo della pubblicità del sistema Bedau, dei regimi totalitari e degli eserciti senza bandiere, né trombe né messe in suffragio dei loro morti. Odio la mia epoca con tutte le mie forze. L'uomo vi muore di sete. Ah generale, c' è un solo problema, uno solo per il mondo: ridare agli uomini un significato spirituale, inquietudini spirituali. Far piovere su di loro qualcosa che rassomigli ad un canto gregoriano. Se avessi la fede, stia certo che, superata quest'epoca di "mestiere necessario e ingrato", non potrei più tollerare altro che la vita monastica. Non si può vivere di frigoriferi, di politica, di bilanci e di parole incrociate, mi creda. Non più. Non si può vivere senza poesia, senza colore né amore. Basta ascoltare un canto popolare del XV secolo per misurare la china percorsa. Nulla resta, se non la voce della propaganda. Due miliardi di uomini sentono il robot, capiscono solo il robot, diventano robot. Tutti gli sconquassi degli ultimi anni non hanno che due fonti: i guasti del sistema economico del XIX secolo e la disperazione spirituale.
C'è un problema, uno solo: tornare a scoprire che esiste una vita dello spirito più alta ancora di quella dell'intelligenza, l'unica in grado di soddisfare l' uomo. Questo supera il problema della vita religiosa, che ne è solamente una forma. E la vita dello spirito comincia là dove un essere "unico" è concepito al di sopra dei materiali che lo compongono. L'amore per la casa è già vita dello spirito. E la festa del villaggio, e il culto dei morti...
Ah! che strana sera questa, che strano clima. Dalla mia camera vedo accendersi le finestre di questa costruzione senza volto. Sento le diverse stazioni radio sciorinare la loro musica balorda a questa folla di sfaccendati venuti d'oltremare e che non conoscono la nostalgia. Può accadere di scambiare questa accettazione rassegnata per spirito di sacrificio o grandezza morale. Che errore! I legami d'amore che stringono l'uomo d'oggi agli esseri come alle cose, sono così poco tesi, così poco solidi, che l'uomo non avverte più l'assenza come una volta. E' la parola terribile di quella storiella ebrea: "Te ne vai dunque laggiù? come sarai lontano!" "Lontano da dove?" Il dove che hanno lasciato non era altro che un fascio di abitudini. In quest'epoca di divorzio, si divorzia con la stessa facilità dalle cose. I frigoriferi sono intercambiabili. E le case pure. E la propria donna? E la religione? E il partito? E' ormai impossibile essere infedeli: a che cosa si potrebbe essere infedeli? Lontani da dove e infedeli a che cosa? Deserto dell' uomo".
Antoine de Saint-Exupery
venerdì 18 luglio 2014
IRANIANE SENZA VELO
Qualche mese fa la giornalista iraniana Masih Alinejad, residente a Londra, ha creato la pagina facebook “My Stealthy Freedom” (La Mia Libertà Clandestina), dove incoraggia le sue compatriote a mostrarsi senza hijab, il velo tradizionale e obbligatorio che copre la testa e i
capelli, usato da donne iraniane come simbolo di modestia quando sono in
pubblico o in presenza di uomini che non sono membri della loro
famiglia. Per rappresaglia il governo iraniano ha mandato in onda un servizio in cui racconta che la giornalista, sotto l'effetto di droghe, si sarebbe spogliata in pubblico finendo per essere poi violentata da tre uomini sotto gli occhi di suo figlio diciassettenne. Alinejad ha denunciato al giornale statunitense “The Washington Post” il tentativo di diffamazione cui è stata sottoposta. Ma la campagna denigratoria non si è fermata qui e su facebook sono volati epiteti pesanti da parte di soggetti di area conservatrice. Sulla rivista statunitense "Time" Alinejad scrive: «Decidere come vestirti è una forma di libertà di
espressione. E questo è un lusso che non esiste in Iran. Ma le “donne
clandestine” volevano mostrare una faccia diversa dell’Iran che è spesso
ignorata dalla media controllata dallo Stato e dai media occidentali». Dopo le denuncie e le minacce la pagina fecabook "La mia libertà clandestina" è divenuta ancora più popolare. Intanto Alinejad citerà in giudizio per danni la televisione di Stato iraniana. La giornalista è appoggiata da centinaia di giornalisti che hanno sottoscritto una petizione a di un’azione legale da parte di Alinejad.
martedì 15 luglio 2014
DA "LA FRAGILITA' DEL BENE" DI MARTHA NUSSBAUMM. LA BUONA DELIBERAZIONE
La "Fragilità del bene", corposo volume che ha reso nota a livello planetario la filosofa statunitense Martha Craven Nussbaumm, analizza "fortuna ed etica nella tragedia e nella filosofia greca". Attraverso esempi tratti dall'una e dell'altra, la Nussbaumm, docente di Etica e Diritto all'Università di Chicago, sostiene che non è la ragione autosufficiente a porre al riparo dagli eventi esterni, dalla catastrofe e dai rovesci della fortuna, bensì è il riconoscimento della vulnerabilità umana - impulsi, passioni e quant'altro - a garantire la piena realizzazione dell'essere umano. Il discorso esce spesso dall'antichistica e trova numerosi agganci nel dibattito etico e politico contemporaneo.
Leggere quest'opera è un'esperienza notevole. La Nussbaumm è pubblicata in Italia dalla casa editrice Il Mulino.
A pagina 175 del volume, l'indovino Tiresia suggerisce a Creonte quali sono i mezzi per una buona deliberazione. La Nussbaumm accetta il giudizio hegeliano secondo cui Creonte ed Antigone sarebbero due figure con difetti similari: il primo rifiuta la famiglia in nome della città, la seconda rifiuta la città in nome del valore della famiglia. In entrambi si compie quindi un processo di estrema semplificazione del conflitto, anche se, rimarca Nussbaumm, Hegel "commette un errore nel non sottolineare che la scelta di Antigone è chiaramente superiore a quella di Creonte" (la famosa sepoltura data al fratello Polinice, traditore della sua città Ndr).
E veniamo dunque a quanto scrive la Nussbaumm:
"Tiresia sostiene che la buona deliberazione è connessa con il "cedere" (eike, v. 1028), con l'essere flessibili (v. 1027). Questi consigli riprendono quelli dati in precedenza da Emone al padre. Criticando l'omnia deinon di Creonte, la sua dedizione ad un unico ethos, o a un unico principio (vv. 690, 705), la sua ostinazione nel considerare corretta soltanto tale esclusività (v. 706. cfr. 685), Emone chiede un comportamento diverso. Per evitare il vuoto interiore della sua condizione (v. 709), Creonte dovrebbe imparare a non forzarsi troppo (v. 711). L'indovino cita due esempi tratti dal mondo della natura. Sulle rive dei rapidi torrenti gli alberi che si piegano salvano i loro rami, mentre quelli che rimangono rigidi vengono sradicati e distrutti (vv. 712-714). Un timoniere che guida la sua nave diritta contro il vento con tutte le vele tese farà naufragio; ma quello che asseconda i venti e le correnti si salva (vv. 715-717). Sia Emone che Tiresia, quindi, stabiliscono una connessione tra imparare e cedere, tra saggezza pratica e flessibilità".
lunedì 14 luglio 2014
BICENTENARIO DELL'ARMA DEI CARABINIERI (1814-2014)
L'Arma dei Carabinieri nacque il 13 luglio 1814 a Torino, che ha ospitato una serie di iniziative per ricordare l'evento. Luoghi delle parate e dei concerti dell'Arma sono stati Parco del Valentino, via Po, piazza San Carlo. Re Vittorio Emanuele I di Savoia, subito dopo la caduta di Napoleone, istituì lo storico corpo militare, il Carabiniere Reale. Torino ha deciso di concedere la cittadinanza onoraria all'Arma dei Carabinieri, orgoglio italiano nel mondo. Nella due giorni di festeggiamenti (13-14 luglio) sulla Mole è stato proiettato il logo del bicentenario. Presenti alle cerimonie il Comandante generale, Leonardo Gallitelli, il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, il sindaco di Torino, Piero Fassino.
Il motto dell'Arma è "Nei secoli fedele".
Foto di Alessandro di Marco per Ansa
mercoledì 9 luglio 2014
"IO ACCETTO"
Miei
cari amici,
ognuno
di voi percepisce la strana sensazione che ci sia qualcosa di profondamente
sbagliato in ciò che vede. Molti tuttavia non sanno il perché né cosa sia.
A
prescindere dalle nostre convinzioni o idee politiche, il sistema vigente nel
nostro mondo “libero”, si basa sulla tacita accettazione di un contratto che
lega ciascuno di noi e che a grandi linee espongo.
Io accetto:
- Io accetto la competitività come struttura cardine del sistema in cui vivo, anche se mi rendo conto che questa genera frustrazione e rabbia, nella maggior parte degli individui.
- Accetto il fatto che per vivere debba limitare la mia vita ad un solo giorno alla settimana, mentre gli altri sei debbano essere spesi lavorando per produrre, annichilendo un’intera esistenza.
- Io accetto di essere umiliato e sfruttato a condizione che mi sia permesso di umiliare e sfruttare un altro che occupi un posto inferiore nella piramide sociale.
- Accetto che gli indigenti, i malati, e coloro che non riescono a restare a galla, vengano esclusi e messi a margine della società. E gli vengano negate cure ed assistenza, perché questo costo sociale non può incidere sul benessere e sul progresso dei facoltosi, dei benestanti e dei fortunati.
- Accetto di pagare istituti privati affinché gestiscano il mio reddito secondo la loro convenienza, e che non mi diano alcun dividendo dei loro giganteschi guadagni, guadagni che serviranno per aggredire Stati deboli, creando spirali di debito infinito, fatto che accetto implicitamente. Accetto che mi si applichi un alto tasso di interesse per prestarmi denaro che viene creato dal nulla.
- Accetto che la Banche internazionali prestino denaro ai Paesi che vogliono armarsi e combattere, e così scegliere quelli che faranno la guerra e quelli che non la faranno. So che è meglio finanziare entrambe le parti per essere certi di trarne profitto e di prolungare i conflitti più a lungo possibile, al fine di prosciugare completamente le risorse dei Paesi che non riusciranno a pagare i loro debiti. Accetto di pagare dei tributi obbligatori al mio Governo, prelevandoli dal mio reddito, anche se questi non vengono utilizzati per migliorare la mia vita ed i servizi per i cittadini, ma principalmente a ripagare interessi su un debito che i governi hanno contratto con dei banchieri privati. Mi impegno a non pretendere mai che le mie tasse siano usate per investimenti massivi nella sanità, nella ricerca scientifica e nella cultura. Compirò il mio dovere contribuendo al buon funzionamento della nostra economia.
- Accetto che il debito sia la principale forma di trattativa tra Stati e verso i cittadini, anche quando questo porti a una palese forma di schiavitù e sia economicamente insostenibile.
- Accetto si legalizzi l’omicidio, quando la vittima sia indicata dal mio Governo come “il nemico”. In questo caso non chiederò prove di colpevolezza ed eliminerò il mio bersaglio, senza remore. Accetto che la morte possa essere indotta lentamente dai governi con l’avvelenamento di intere popolazioni tramite l’inalazione e l’ingestione quotidiana di sostanze tossiche autorizzate.
- Accetto che si faccia la guerra per avere la pace. Accetto in nome di questo principio, che la principale voce di spesa di uno Stato sia per la difesa. Accetto che i conflitti siano creati artificialmente, per alimentare il mercato delle armi e la crescita dell’economia mondiale.
- Accetto l’egemonia del petrolio nella nostra economia, e che ogni forma di energia gratuita, non inquinante e libera, venga soppressa e insabbiata. Lo accetto perché ogni forma di energia di questo tipo rappresenta un pericolo per l’umanità, in quanto sarebbe la fine del mondo come lo conosciamo.
- Accetto che si divida l’opinione pubblica, creando partiti di destra e di sinistra, che avranno come unico scopo lottare tra loro, mentre io mi impegnerò a credere che le loro diatribe siano frutto di un sano scontro democratico, utile per il nostro futuro. Inoltre accetto ogni tipo di divisione possibile, purché quelle divisioni mi permettano di focalizzare la rabbia su nemici scelti dall’alto, nel momento in cui mi sbandiereranno le loro foto davanti agli occhi.
- Accetto che gli industriali, militari e capi di Stato si riuniscano regolarmente, senza consultarci, per prendere decisioni che compromettono il futuro della nostra vita e del pianeta.
- Accetto che il potere di manipolare l’opinione pubblica, prima ostentato dalle religioni, siano oggi nelle mani di uomini d’affari non eletti democraticamente e totalmente liberi di controllare gli Stati. Lo accetto perché sono convinto del buon uso che ne faranno.
- Accetto che la verità sui fatti mi venga raccontata da media controllati da pochi potenti individui. Questa verrà chiamata “verità ufficiale”. E anche se sarà una versione manipolata e distorta dei fatti io mi impegno a non metterla in discussione e a non informarmi in maniera indipendente.
- Accetto che mi si presentino notizie negative e spaventose del mondo ogni giorno, in modo da poter apprezzare fino a che punto io sia protetto dal mio Governo, dalla polizia e dai militari e mi renda conto di quanto sia fortunato a vivere in Occidente. So che mantenere la paura nei nostri spiriti puo’ essere solo un beneficio per noi.
- Accetto che l’idea della felicità si riduca alla comodità, l’amore al sesso, la libertà alla soddisfazione di tutti i desideri, perché è quello che la pubblicità ripete tutti i giorni. Accetto di essere infelice, perché più infelice sono, più consumo.
- Accetto che il valore di una persona sia proporzionale a ciò che possiede e che si apprezzi la sua utilità in funzione della sua produttività e non delle sue qualità, e che sia escluso dal sistema se non produce sufficientemente.
- Accetto di pagare per essere intrattenuto, nel poco tempo libero che mi resta, attraverso la visione di spettacoli sportivi e di varietà vuoti di contenuti che generano movimenti abnormi di denaro. Lo accetterò perché la cultura è pericolosa e noiosa, mentre sapersi divertire con spensieratezza è la chiave di una vita felice.
- Accetto che la scuola e il nozionismo scolastico siano l’unica forma legittima e riconosciuta di formazione, e non di appiattimento del senso critico e delle coscienze.
- Accetto senza discutere e considero come verità tutte le teorie proposte per spiegare i misteri dell’origine degli esseri umani, e considero incontrovertibilmente vero che la Natura abbia dedicato milione di anni per creare un essere il cui unico passatempo è la distruzione in pochi istanti della sua stessa specie e dell’ambiente dal quale dipende.
- Accetto di escludere dalla società gli anziani, perché sono improduttivi, e la loro esperienza, seppur potrebbe esserci di insegnamento, puo’ essere sacrificata in nome del profitto.
- Accetto quindi la ricerca del profitto come fine supremo dell’Umanità, e l’accumulo di ricchezza come realizzazione della vita umana.
- Accetto di sprecare e distruggere tonnellate di cibo, al fine di tenere sotto controllo i prezzi delle azioni delle multinazionali e in Borsa, piuttosto che permettere una equa distribuzione delle risorse alimentari sul pianeta, e di alimentare la morte per fame e sete di milioni di persone ogni anno.
- Accetto l’aumento dell’inquinamento industriale e la dispersione di veleni chimici ed elementi radioattivi nella Natura. Accetto l’uso di ogni additivo chimico nella mia alimentazione, perché sono convinto che, se vengono aggiunti, siano utili ed innocui. Accetto che i laboratori farmaceutici e le industrie agroalimentari vendano nei Paesi del Terzo Mondo prodotti scaduti o utilizzino sostanze cancerogene vietate in Occidente.
- Accetto la deforestazione selvaggia di terre grandi come nazioni. Accetto che sia possibile espropriare la terra ad interi popoli con la violenza, in nome di multinazionali che sfrutteranno quei luoghi per arricchirsi, senza condividere nulla con le popolazioni locali.
- Accetto che gli animali vengano usati, torturati e nel migliore dei casi fatti estinguere, perché accetto di non riconoscere loro un posto come legittimi abitanti di questo Pianeta al pari degli esseri umani. Accetto di credere che gli animali non provino emozioni, non abbiano coscienza, né forma di empatia.
- Accetto che le multinazionali derubino le risorse dei Paesi impoveriti e schiavizzati dalla politica mondiale del debito in nome del progresso economico. Accetto che esistano leggi che permettano di sfruttare i bambini in condizioni disumane e precarie. Nel nome dei diritti umani del cittadino, non abbiamo nessun diritto di sottometterci, soprattutto se questo ci permette di comprare merci sottocosto.
- Accetto che si possa denigrare, distruggere e cancellare dal pianeta ogni forma culturale diversa da quella occidentale, perché potrebbe far vacillare il cardine del benessere economico occidentale al quale ambisco quotidianamente.
- Accetto l’idea che esistano solo due possibilità in Natura, cioè: cacciare o essere cacciati. E se siamo dotati di una coscienza e di un linguaggio, certamente non è per sfuggire a questa dualità, ma per trovare sofisticate giustificazioni al perché agiamo in quel modo.
- Accetto di credere che il nostro passato storico sia il risultato di una scia ininterrotta di conflitti casuali, e non il preciso progetto, perseguito nel corso dei secoli, da lobby di potere. Sono certo che siamo all’apice della nostra evoluzione e le regole che governano il nostro mondo sono la ricerca della felicità e della libertà per tutti i popoli, come ascoltiamo continuamente nei discorsi dei nostri politici.
- Accetto di credere di non potere fare nulla per poter cambiare lo stato attuale delle cose.
- Accetto di non fare nessuna domanda, di chiudere gli occhi su tutto questo e di non fare nessuna vera opposizione, perché sono troppo impegnato con la mia vita e le mie preoccupazioni. Accetto anche di difendere con la vita le clausole accettate in questo contratto, se mi viene chiesto.
- Accetto quindi definitivamente, nella mia anima e coscienza, questa triste matrice che viene posta davanti ai miei occhi. Mi impegno dall’astenermi dal vedere la realtà delle cose e mi rifiuto di credere che un altro modo di intendere l’esistenza sia possibile. Accetto di credere che tutti voi agiate per il mio bene, e quello di tutti. E per questo, vi ringrazio.
lunedì 7 luglio 2014
LA CASA DI SPINOZA VISITABILE ED IN OTTIMO STATO
Lo annuncia il Foglio Spinoziano, che dice: "L'ingresso del museo costa 3,50 Euro ed è aperto dalle 13 alle 17 tutti i giorni escluso lunedì (info).
Si può arrivare comodamente da ogni città olandese verso Leiden,
scendere alla stazione e prendere il bus numero 37 direzione Katwijk,
fermata Spinozalaan dove al numero 29 della via c'è la casa. Essa si
compone di un corridoio dove è stato sistemato un grande pannello
cronologico che ripropone le fasi salienti della vita del Filosofo e
degli eventi a lui correlati. Dal corridoio una scala porta al piano
superiore dove si può assistere ad un video in una piccola saletta,
ammirare alcune opere originali in svariate teche e alla consultazione
elettronica attraverso un monitor di facile utilizzo. Ci sono poi
numerose statue che ritraggono Spinoza. Le altre due stanze del piano
inferiore sono quelle della biblioteca, dove si possono ammirare i
volumi della collezione ricostruita postuma dei libri che aveva in casa
Spinoza nonché consultare (e firmare) il libro dei visitatori e una
ultima sala con gli strumenti (non originali) per la tornitura e la
pulitura delle lenti. Attraverso una porta che conduce all'esterno, in
mezzo al bellissimo giardino, campeggia un busto di Baruch Spinoza, meta
ormai classica per ritrarsi in una foto ricordo. La casa è stata poi
ripulita all'esterno e consolidato il tetto. Prima di andare via ci sono
alcune pubblicazioni che l'associazione periodicamente pubblica (in
inglese e in nederlandese) e qualche cartolina".
Iscriviti a:
Post (Atom)