Berlusconi è l’Anti Gambero, cioè l’Anti Politico. Un politico, al suo posto, si tirerebbe indietro o di lato e lascerebbe ad altri il compito di scottarsi, scommettendo sulla memoria corta degli italiani per ripresentarsi nel 2013 nei panni di novità candidabile al Quirinale. Ma B. si sente un eroe, un prescelto dal popolo come Napoleone o Gheddafi, fate voi.
MASSIMO GRAMELLINI
Se penso a un’Italia senza B, immagino un brigadiere che si addormenta mentre intercetta le telefonate fra il professor Monti e Mario Draghi. Oh, mica voglio un’Italia di banchieri. Ma un po’ grigia e barbosa, sì. Non moralista, morale. Che per qualche tempo si metta a dieta di barzellette, volgarità, ostentazioni d’ignoranza. Dove l’ottimismo non sia la premessa di una truffa, ma la conseguenza di uno sforzo comune. Un’Italia solare, anche nell’energia. Con meno politici e più politica. Meno discorsi da bar e più coerenza fra parole e gesti. Una democrazia sana e contenta di sé, che la smetta di prendere sbandate per gli uomini della provvidenza e si ricordi di essere viva ogni giorno e non solo una volta ogni cinque anni per mettere una crocetta su una scheda compilata da altri. Un’Italia di politici che non parlano di magistrati, ma coi magistrati (se imputati). E di magistrati che parlano con le sentenze e non nei congressi di partito. Di federalisti che non fanno rima con razzisti. Un Paese allegro e però serio. Capace di esportare non solo prodotti belli, ma belle figure. Vorrei essere governato da persone migliori di me. Che non facciano le corna, non giurino sulle zucche e si sfilino un paio di chili dalla pancia, prima di far tirare la cinghia a noi, ripristinando il principio che chi sta in alto deve dare il buon esempio.
Per giungere a un’Italia così, le dimissioni di B rappresentano un primo passo. Adesso devono dimettersi tutti gli altri. Perché più ancora di Berlusconi temo i berluscloni.
MASSIMO GRAMELLINI
Silvio Berlusconi si è arreso. Dopo che la Camera ha certificato il venir meno della sua maggioranza, è stato costretto ad annunciare le dimissioni al Capo dello Stato. La data è posticipata al giorno in cui verrà approvata la legge di stabilità. E probabilmente in questo rinvio c’è ancora il residuo di un’ostinata resistenza ai danni del Paese, magari persino il retropensiero di qualche compravendita in extremis. Ma la sostanza della crisi stavolta concede ben poco a scenari che somiglino al 14 dicembre.
Le annunciate dimissioni di Berlusconi segnano oggi la fine di un governo, la fine di un ciclo politico e probabilmente anche di quella che abbiamo chiamato Seconda Repubblica.
È stata una fine ingloriosa. Che ha scaricato sull’Italia un discredito, addirittura una derisione, destinati a pesare sul prossimo cammino. Ormai non c’era cancelleria in Occidente, o impresa, o operatore di mercato che non considerasse Berlusconi come la zavorra dell’Italia e come il pericolo numero uno per l’Euro.
CLAUDIO SARDO
Neanche Umberto ce l’ha fatta. Sì, proprio così: neanche Umberto Bossi ce l’ha fatta a dire “caro Silvio, è giunto il momento che tu faccia un passo indietro, al tuo posto mettiamo il tuo Angelino Alfano”. Il capo discusso della Lega ha mandato avanti il Calderoli, come nella più classica delle situazione della commedia da avanspettacolo: “Vai avanti tu che a me scappa da ridere”. E fosse solo il riso. Qui viene da piangere. Infatti, provate solo a ragionare su questo interrogativo: se il governo Berlusconi è molto poco autorevole in Europa e nel mondo, cosa sarà mai un governo Alfano? La risposta ci è stata fornita indirettamente da Gianni Letta. Quando gli hanno proposto, da più parti, di uscire dall’ombra, dove ha sempre vissuto e operato con grande compostezza e competenza, per prendere il posto di Berlusconi, l’ex direttore de Il Tempo – c’è anche questo nella vita del “dottor Letta” - ha risposto così: “Grazie, ma non è il caso: non ho caratura internazionale”. Un gran signore, non c’è dubbio, perché forse chiunque altro al suo posto non ci avrebbe pensato due volte a prendere il posto in offerta, anche se se si tratta di una poltrona non solo molto scomoda ma bollente. Ora, se Gianni Letta non ha “caratura internazionale” vi pare che la stessa caratura possa essere riconosciuta ad Angelino Alfano? Nenche Bossi, che ha avuto questa geniale idea, ci crede e se l’ha avanzata è perché – come dice e ripete da tempo - “tanto Berlusconi non farà mai un passo indietro”. Per uscire dalla crisi in cui ci ha condotti con mano ferma il governo Berlusconi c’è bisogno di un governo solido su base parlamentare e autorevole fin dalla testa del presidente del Consiglio. Il governo Alfano – l’immaginario governo Alfano - sarebbe un governo Berlusconi senza Berlusconi. Così dall’assenza di “caratura internazionale” si passerebbe alla presenza di “caricatura internazionale”. Alfano, infatti, a parte l’altezza fisica, è anche molto somigliante a Berlusconi e se Berlusconi lo ha fatto di suo pugno segretario del Pdl è perché – come disse egli stesso al papà di Angelino - “lo considero un po’ anche figlio mio”. Insomma, avremmo a Palazzo Chigi un “governo del figlio di papà” e non sarebbe una buona cosa per un Paese del quale, purtroppo, ora in Europa si ride. A torto, ma si ride.
C’è nella ex maggioranza di governo c’è una domanda che circola da tempo ma è una domanda sbagliata: come salvare il Pdl senza Berlusconi? La risposta che cercano di dare è proprio questa: il governo Alfano. Ma a far notare che è tutto sbagliato ci vogliono due secondi. Il problema che abbiano davanti – e che dovrebbero avere davanti anche gli esponenti più importanti del Pdl - non è come salvare il Pdl o la maggioranza una volta che Berlusconi è uscito di scena, bensì come salvare l’Italia.
GIANCRISTIANO DESIDERIO