mercoledì 25 febbraio 2009
martedì 24 febbraio 2009
L'UOMO QUANTUNQUE
LA STAMPA 24/2/2009
Ogni sera, al Festival di Sanremo, il cantante Masini lanciava la sua invettiva contro l’Italia, «un Paese che c’ha rotto i coglioni». E ogni sera, immancabilmente, a quel passaggio il pubblico esplodeva in un applauso liberatorio. Il siparietto si è ripetuto a «Domenica In», tanto che Pippo Baudo si è sentito giustamente in dovere di chiedere «ma voi per chi avete votato?», ottenendo in risposta un significativo silenzio.Nella lunga storia del qualunquismo, l’ovazione antiitaliana del loggione festivaliero rappresenta un’evoluzione anche rispetto ai «vaffa» di Grillo. Quelli si rivolgevano ancora a soggetti specifici, nomi e cognomi additati al pubblico ludibrio come responsabili dello sfascio. Qui invece siamo al disprezzo generico per uno Stato che nessuno difende e per il quale nessuno si offende, perché nessuno immagina di farne parte. Fatico a immaginare una folla francese che applaude un cantante francese che insulta la Francia durante il festival della canzone francese. Ma chi applaudiva Masini non si sentiva affatto coinvolto. L’Italia che «c’ha rotto i coglioni» era il politico della fazione avversa e anche quello della propria. Era il centravanti della squadra rivale, il vigile col vizio della multa compulsiva, la maestra crudele che dà un votaccio al pupo di casa. Era il capufficio arrogante, il vicino invadente, il coniuge assente. Insomma, ad averci «rotto» è un Paese composto da 60 milioni di persone meno una. E l’applauso all’insulto, un modo come un altro per prendere le distanze da quei 60 milioni, meno uno, di italiani veri.
Ogni sera, al Festival di Sanremo, il cantante Masini lanciava la sua invettiva contro l’Italia, «un Paese che c’ha rotto i coglioni». E ogni sera, immancabilmente, a quel passaggio il pubblico esplodeva in un applauso liberatorio. Il siparietto si è ripetuto a «Domenica In», tanto che Pippo Baudo si è sentito giustamente in dovere di chiedere «ma voi per chi avete votato?», ottenendo in risposta un significativo silenzio.Nella lunga storia del qualunquismo, l’ovazione antiitaliana del loggione festivaliero rappresenta un’evoluzione anche rispetto ai «vaffa» di Grillo. Quelli si rivolgevano ancora a soggetti specifici, nomi e cognomi additati al pubblico ludibrio come responsabili dello sfascio. Qui invece siamo al disprezzo generico per uno Stato che nessuno difende e per il quale nessuno si offende, perché nessuno immagina di farne parte. Fatico a immaginare una folla francese che applaude un cantante francese che insulta la Francia durante il festival della canzone francese. Ma chi applaudiva Masini non si sentiva affatto coinvolto. L’Italia che «c’ha rotto i coglioni» era il politico della fazione avversa e anche quello della propria. Era il centravanti della squadra rivale, il vigile col vizio della multa compulsiva, la maestra crudele che dà un votaccio al pupo di casa. Era il capufficio arrogante, il vicino invadente, il coniuge assente. Insomma, ad averci «rotto» è un Paese composto da 60 milioni di persone meno una. E l’applauso all’insulto, un modo come un altro per prendere le distanze da quei 60 milioni, meno uno, di italiani veri.
MASSIMO GRAMELLINI
lunedì 23 febbraio 2009
mercoledì 18 febbraio 2009
AMARE QUALCUNO
Amare qualcuno significa essere l'unico a vedere un miracolo che per tutti gli altri è invisibile
Francois Mauriac
LETTA IN UN LIBRO
Lo sguardo soddisfa i bisogni emotivi del figlio.
Con lo sguardo si comunica amore. Lo sanno bene gli innamorati che talora sembrano mangiarsi con gli occhi. Guardare uno è come dirgli: "Tu esisti per me! Tu sei entrato nei miei pensieri, nei miei affetti". Nei campi di concentramento tedeschi, era severamente proibito ai prigionieri di guardare negli occhi i loro carcerieri. Perché? Perché questi avrebbero potuto intenerirsi.
venerdì 6 febbraio 2009
FORZA MASTELLA
La notizia che Mastella tornerà presto a mastellare come candidato di Berlusconi alle Europee può suggerire reazioni diverse. Il disfattista sarà tentato di chiedere asilo a qualche Comune demastellizzato (ne esisterà pure uno, in Engadina). Il disperato invaderà la contea di Ceppaloni, cercando di affogarsi platealmente nella famosa piscina a forma di cozza (in realtà di rene). Il pessimista si limiterà a prendere atto che questo Paese, che i rifiuti li ricicla soltanto in politica, non riesce a buttare via mai niente, neanche un notabile del Sud a fine carriera. Il maligno insinuerà che la candidatura nelle liste del Pdl è un regalo di compleanno a scoppio ritardato: effettivamente Mastella gli anni li ha compiuti ieri, ma ne è passato già uno da quando tolse la fiducia al governo Prodi, che già ne nutriva pochissima per conto suo, spalancando le porte al ritorno di Silvio, imperatore multicrinito per grazia di Dio e volontà della lozione. Il laconico rimarcherà che non di regalo si tratta, ma di una pensione dorata a spese dei contribuenti, avendo il parlamento di Strasburgo assunto da tempo il ruolo di surrogato di lusso dell’Inps.Ma per chi cerca in ogni manifestazione umana un segnale di speranza, l’ennesima resurrezione del simpatico eternauta beneventano è il sintomo che la gens italica riuscirà a superare anche questa crisi. Come, ancora non si sa. Ma probabilmente come lui, che se appare da una parte è per scomparire meglio dall’altra e poi rispuntare in mezzo, sempre con la stessa faccia: lamentosa e gaudente.
MASSIMO GRAMELLINI
La Stampa, 6 febbraio 2009
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