Non c’è docente che entrando in classe e facendo lezione non trovi i propri alunni intenti a giocare col telefonino o mandare sms. Una vera full immersion nel gadget tecnologico.
Che si tratti di una vera e propria dipendenza da tecnologia –alla stregua di altre dipendenze come il gioco d’azzardo– lo ha stabilito una ricerca freschissima condotta da Daniele La Barbera dell’Università di Palermo su un campione di oltre 2.200 studenti delle scuole superiori, ricerca pubblicata sulla rivista Focus. Ne è affetto uno studente su cinque. Alla faccia di tutti i decreti ministeriali, che vietano l’uso del cellulare in classe e vorrebbero far fare da mastini ai docenti per impedirne l’uso sciagurato. Voi spiegate, e loro fanno i giochini. Oppure mandano decine di messaggini inutili. O guardano foto e video di tutti i tipi. Quando non ascoltano l’MP3… Tant’è che lo psichiatra Vittorino Andreoli parla di cellulari ed internet come di “protesi della mente”, di “protesi di sostituzione di regole di comportamento la cui introduzione avrebbe imposto una precisa rieducazione degli adolescenti”.
Le ricerche dicono che fra dieci-vent’anni, crescerà il numero dei ragazzi affetti da problemi psicologici. Infatti, a farci caso, l’incapacità di formulare un pensiero dotato di senso è direttamente proporzionale al numero delle ore passato al cellulare o al rapporto solitario e privo di cognizione con internet. E poi sognano di fare i tronisti e le vallette, preda come sono –alla loro età– delle illusioni virtuali. Ma non possiamo colpevolizzarli, stì ragazzi. La società dei consumi genera mostri, dicevano le teorie del conflitto. Ed io mi chiedevo come mai non nascano più pensatori da un bel pezzo. E adesso questa ricerca mi fornisce la risposta: l’eccesso di tecnologia ha usurato molti cervelli in giro. Come bene avevano visto le teorie contrarie al consumismo negli anni Cinquanta, si è creata una generazione di giovani schiavi. La società dei consumi ha fatto credere che la libertà è comunicare, ma ha privato questi giovani del bene più grande e più prezioso, sempre e comunque: la libertà.