domenica 19 dicembre 2021

IL DISAGIO DELLA SCUOLA ITALIANA IN UNA LETTERA AL MINISTRO BIANCHI

Caro ministro Bianchi,

Ma lei lo sa che migliaia di insegnanti combattono ogni giorno con malesseri psicofisici più o meno gravi, per colpa della scuola?
Quando la vedo in tv, sempre serafico, sorridente, rassicurante, mi domando quando - se mai c'è stato un tempo - lei abbia varcato per l'ultima volta la soglia di un'aula scolastica, o - peggio ancora - di un'aula magna (reale o virtuale) per partecipare a un collegio dei docenti.
Insegno in un liceo classico della ridente e popolosa provincia di Salerno.
Sono "salita in cattedra" (al tempo c'era ancora la pedana, e non per dare decoro e prestigio al docente, ma solo perché egli fosse visibile a tutti gli studenti) nel 1987, all'età di 23 anni.
Curriculum da altri definito "brillante" , laurea conseguita con lode, voglia di tracciare un solco profondo nei miei allievi, desiderio sanguigno e spudorato di colorare il mondo con i toni più vividi della poesia di Teocrito, con quelli tenui e nostalgici dei versi di Virgilio, con le pennellate sarcastiche di Aristofane e di Giovenale...
Pensavo:
- Noi, giovani insegnanti di fine millennio, lo cambieremo davvero questo mondo. Via le ingiustizie, i classismi, i favoritismi, le "clientele" cui abbiamo assistito da ragazzi!
E ancora:
- Il mio è un mestiere meraviglioso. Mi consente di "frequentare" Dante e Cicerone, Pasolini e Sofocle, e nel contempo di passare le mie ore con la parte più viva della società, con le sue promesse più autentiche, con gli studenti più motivati, quelli nei quali ritrovo la me stessa di qualche anno fa, i miei sogni, i miei progetti...
Pensavo.
I primi anni sono stati duri: in giro per l'Italia, tanto studio e pochi soldi. Ma io ero felice!
Vinco il primo concorso, e poi tutti gli altri cui partecipo ("così hai più punti per il trasferimento", diceva l'amico sindacalista che ancora ringrazio e benedico).
Mi sposo e metto al mondo due figli.
E la scuola è ancora una piccola comunità di persone che condividono valori, affetti, e una visione fortemente centrata sui ragazzi, sul loro presente e sul futuro che li attende.
In quella scuola ho fatto di tutto: dalla didattica al lavoro che la segreteria non riusciva a smaltire, dal teatro al coro, fino alla tassista di studenti che arrivavano da fuori città per il "certamen".
Senza un euro in più, anzi senza una lira.
Ed ero felice, circondata da colleghi felici.
Nessuno ci parlava di progetti, di "coding", di "definitivo tramonto della didattica trasmissiva" (solo su quest'ultima "perla" c'è da morire di risate! ).
I presidi di quegli anni erano dei colleghi un po' più adulti, al mattino accoglievano gli insegnanti e gli studenti con un sorriso, una battuta, una pacca sulla spalla.
La presidenza era un luogo accessibile sempre, anche se il "capo" era spesso in una classe scoperta, e a volte di classi ne teneva due o tre, ma in biblioteca, "così i ragazzi si possono sedere"...
Cosa è accaduto nel frattempo?
Quand'è che la scuola ha perso il suo volto umano per trasformarsi nel mostro che oggi ci sovrasta, ci schiaccia, ci schiaffeggia, umiliandoci giorno dopo giorno?
Gli ultimi anni sono stati un crescendo di parossistico delirio:
il contratto scaduto, il 2013 sprofondato nelle fauci maligne di qualche stregone imbroglione e ladro, la pandemia, la dad, il ritorno più cinico e impietoso di prima, la nuova "vision" della didattica delle lingue classiche, il voto unico che appiattisce le discipline scritte (ma chi è la malefica entità che odia Plutarco e Seneca?), l'abolizione delle prove scritte alla maturità, il merito valutato sugli standard della "dedizione"....
Ma lei, signor ministro, lo sa quante volte un insegnante non riesce a dormire, pensando ai suoi studenti, alle loro difficoltà, ai libri che non possono comprare, alle famiglie assenti o iper - invadenti?
Se lo può immaginare quanta fatica c'è in ogni loro giornata?
Lo capisce che tutti i pomeriggi la maggior parte di noi deve studiare, escogitare strategie, memorizzare dati per le lezioni dell'indomani, pianificare e correggere prove scritte, e che per questo in tanti rifiutano i famigerati "incarichi" per attività aggiuntive?
E in tutto ciò magari c'è qualche genitore che ha bisogno di parlare con noi, anche se l'ora di ricevimento settimanale è stata abolita ?
Ma ce l'abbiamo o no il diritto ad avere anche noi un tempo "protetto" dagli insulti di una professione tanto faticosa quanto avara di gratificazioni economiche?
Avrei da raccontarle tanto ancora, sulle strutture fatiscenti in cui lavoriamo, sui "buoni pasto" negati, sui sindacati venduti, sui dirigenti burocrati e totalmente scollati dalla realtà, sui genitori che "dettano legge", sul triste e mistificante "mercato" dell'orientamento, sull'abuso osceno e paradossale di acronimi e anglicismi ...
Immagino che i membri delle commissioni da cui è coadiuvato per elaborare una scuola nuova, efficiente, futuristica, impegnati come sono nel progettare il "migliore dei mondi possibili", non abbiano tempo per una narrazione realistica e onesta di quello che viviamo.
Ma senza sapere qual è il punto di partenza, come si può immaginare di tracciare un percorso?
Io, come tantissimi umili e capaci colleghi, sono a disposizione.
Gratis, ovviamente.
Con dolore, ma "sine ira et studio",

Prof. ssa Nunzia Pendino

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