martedì 21 maggio 2013

5 ERRORI SUL DIGITALE

(Estratto da La Stampa) -1. «Internet è piena di spazzatura»  

Questa formulazione è un vecchissimo argomento attribuibile in parte a Umberto Eco. Ma ognuno di noi lo osserva e lo formula in diversi modi, chi guardando alla timeline di Facebook, chi perdendosi nei meandri del web, chi magari vedendo circolare notizie non verificate  su Twitter.  
In realtà è un argomento che definisce il problema in maniera sbagliata. Internet ha cambiato il modo in cui funziona la nostra cultura. Prima selezionavamo i contenuti da pubblicare. Oggi che i costi di pubblicazione tendono a zero, selezioniamo i contenuti disponibili. La funzione di filtro si è spostata su ciascuno di noi e tutti dobbiamo acquisire le competenze necessarie per imparare a trovare quel che ci serve. 
Quindi l'impostazione corretta è questa: «se troviamo troppa roba che non ci interessa, probabilmente abbiamo impostato dei filtri sbagliati o non usiamo gli strumenti giusti».  

2. «C'è troppa gente ignorante che parla»   

Anche qui, il digitale rovescia la prospettiva della vecchia cultura analogica e solletica le posizioni elitarie di chi è abituato alle torri d'avorio. Internet fa facilmente il lavoro di tutti gli  altri media, distribuendo contenuti nelle diverse forme (testo, audio, video).  Ma fa anche un lavoro che gli altri media non hanno mai fatto: costruisce relazioni. 
E distribuisce, oltre ai contenuti cui ci aveva abituato il mondo tradizionale, anche  contenuti relazionali. Quindi siamo di nuovo di fronte a una responsabilità di mediazione che torna sul singolo individuo, che deve educarsi a gestirla e comprenderla.  
Tra l'altro il meccanismo è potente: anche per gente con un livello culturale più basso di quello che credi sia il tuo, è importante il continuo scambio, il  confronto, l'esposizione alla diversità. E la relazione con gli altri.  
Quindi potremmo parafrasare l'impostazione di prima, utilizzando una formulazione che circola da anni: «se non trovi gli stimoli che ti servono, non è colpa dei social network: probabilmente stai seguendo tu le persone sbagliate o stai seguendo gente che non parla con te». 
E che non per questo non ha diritto di parlare.  

3. «La rete è troppo litigiosa»   

Questa è diventata molto di moda negli ultimi tempi, quando le interferenze tra web e politica hanno cominciato ad apparire evidenti. O, ad esempio, nel caso di Mentana che abbandona Twitter.  
Il punto, al solito, è che di nuovo bisogna rovesciare la prospettiva. Proprio commentando il caso di Mentana, tempo fa, osservavo che se il direttore del Tg7 potesse ascoltare i commenti dei suoi telespettatori probabilmente non lascerebbe per questo la televisione. Internet non fa altro che rendere «pubbliche» le opinioni che la realtà analogica confinava ai salotti o ai bar. 
È chiaro che questo «canale pubblico» modifica gli equilibri e ci impone -una volta di più- di doverci educare a vivere in un mondo diverso. Ma dopo tanti anni di digitale ormai, c'è abbastanza esperienza per capire come usare i social media. Essendo -ad esempio- molto positivi e rispettosi della sensibilità altrui. E ricordando sempre che quando si scrive qualcosa in rete si sta scrivendo a un pubblico potenzialmente indiscriminato. Che -tra l'altro- può risponderti. 
Quindi, banalizzando molto, se comunichi a calci negli stinchi, probabilmente ti senti figo, ma inneschi una rissa. Se rispetti gli altri, è facile che ne consegua una discussione molto più morbida e proficua. Per tutto il resto, non è Internet: è la gente. La stessa che incontri per strada.  

4. «Sono tecnicaglie virtuali, la realtà è un'altra»   

Qui ci torna utile una bellissima intervista a Nathan Jurgenson che ieri circolava -giustamente- molto. Ci sono un paio di passaggi illuminanti. Il primo racconta come la nostra umanità sia «potenziata» dai social network. «Quello che ne deriva», spiega Jurgenson, «è che l’impatto principale dei social media nella nostra identità avviene spesso lontano dallo schermo». 
E poi, nel secondo, smaschera una propensione allo snobismo molto diffusa: «Facciamo finta che le persone più connesse digitalmente siano meno umane per dipingere la nostra distanza come prova d’integrità. Le ricerche hanno invece dimostrato che le persone più connesse sono anche quelle che comunicano di più faccia a faccia. L’esperimento di Miller ha avuto così tanto seguito perché in molti credono al mito secondo cui abbiamo smesso di comunicare di persona. La verità è che lo facciamo più di prima». 
Ma l'intervista merita di essere letta tutta: Né online Nè offline.  

5. «La nostra cultura sta andando verso il degrado»  

Questa assomiglia molto ai treni che arrivavano sempre in orario. È vero, oggi chiunque può fare il giornalista anche solo aprendo un blog, o pubblicare un libro e distribuirlo in tutto il mondo senza l'avallo di un editore.  
Quello che sta succedendo, messo in forma corretta, è che la cultura umana continua il suo percorso verso un accesso più facile e veloce alla conoscenza. È già accaduto molte altre volte nella Storia. E ancora una volta siamo noi a doverci adeguare, a imparare a navigare nelle nuove regole di una cultura che funziona in modo diverso.

GIUSEPPE GRANIERI

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