Impietriti. Silenziosi. Più che fermi: immobili. L’Italia si è consegnata alla prima donna della sua storia unitaria - per giunta, a una donna di destra - e questo nelle città emiliane sembra non appartenere alla sfera del possibile. Se ancora esistesse la politica storicamente conosciuta e ricordata tra gli adulti l’ultimo mese sarebbe trascorso nell’analisi della sconfitta e nella ricerca dei suoi non pochi padri. Invece no. Costoro tacciono, dissimulano, parlano d’altro. Nessuno ha avuto non dico il coraggio ma almeno il senso di responsabilità di provare a capire chi, dove, perché l’ormai cosiddetto centrosinistra sia uscito massacrato dalle urne. Sui profili social spesso usati in versione narcisistica appaiono sindaci che inaugurano un angolo di cortile o, al massimo della profondità, si ergono a difensori di temi e interessi cui in verità nessuno li ha chiamati.
Se esistesse ancora quell’ethos repubblicano che insegnò a generazioni forgiate da dittatura e guerra il valore supremo della libertà e della democrazia le persone (i partiti, quanto mancano) avrebbero già preso le misure alla svolta storica avvenuta. Qui in Emilia - questa Emilia che continua a guardarsi indietro perché ha smesso da tempo di guardare avanti - la destra avanza e mette basi per una vittoria regionale che pure sarebbe storica. Vorremmo assistere a un confronto sincero, non a deprimenti discussioni correntizie. Invece no. La vittoria ha molti padri, la sconfitta è orfana. Guardi un consiglio comunale (Reggio Emilia) e scopri che discutono come assegnare un corpo di guardia da mettere alla leva della propaganda. Come esiste in Cina, dove se anche ti vuoi sposare devi avere il via libera del consiglio di quartiere del Partito. La sala del Tricolore serve ormai solo a celebrare matrimoni: FdI, il primo partito d’Italia, non è rappresentato. Perfino Azione-Italia Viva, che alle politiche sono arrivate al 10%, non hanno alcun consigliere. Come minimo, in altri tempi il quadro politico si sarebbe messo attorno a un tavolo per verificare se per caso dall’elezione di Vecchi qualcosa sia cambiato. Sarebbe il minimo nell’interesse di tutti, perché le incrostazioni al potere, perfino quand’esso si configuri in forma miserabile, sono dannose a ogni latitudine. Il governo Meloni potrebbe indicare la direzione per chiudere definitivamente antichi rancori, nel rispetto della dignità di ciascuno. Per tutto questo servirebbe la politica - una politica capace di altezze e distacchi. Ma non c’è più e se ne sente la mancanza.
Giornalista