Il simbolismo religioso utilizza immagini molto concrete per farsi capire dal maggior numero di persone. In questo, sta la profonda differenza con la filosofia, basata invece sul ragionamento e sull'utilizzo di concetti elevati.
La religione vuole esplicare l'inesplicabile, la presenza stessa di Dio nelle cose del mondo, ma per farlo ha bisogno di accostarsi maggiormente alle persone, attraverso un linguaggio fatto di quotidianità.
Il Libro della Genesi presenta l'Albero della vita, piantato proprio in mezzo al Giardino dell'Eden, quello che dona senso all'esistenza nel progetto di Dio, contrapposto all'albero vietato, quello della conoscenza del Bene e del Male. All'uomo sta il non confonderli tra loro.
Nella Bibbia, ai piedi della quercia ambrata Abramo accoglie i suoi misteriosi ospiti. Nel deserto, Mosé incontra Dio in un bosco che "brucia senza consumarsi" (Ex 3).
Il Primo Salmo recita: "Beato l'uomo che si compiace della legge del Signore e che ripete a se stesso la sua legge giorno e notte. Egli è come un albero piantato presso un ruscello, egli dona il suo frutto a suo tempo e le sue foglie non appassiscono mai".
Il terzo giorno della creazione Dio creò gli alberi e le piante (Gn 1, 11-12).
Per parlare del Regno, Gesù propone questa parabola: "Il regno dei Cieli è come un seme di senape che un uomo ha preso e che egli ha seminato nel suo campo. E' la più piccola di tutte le sementi, ma, ma quando cade su terreno preparato, genera una pianta grande e diventa riparo per gli uccelli del cielo" (Mt 13, 31-32).
Nel Vangelo di Giovanni, Gesù si presenta così: "In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza" (Cap. 10, 1-3 e 7-10).
Nel Vangelo di Matteo c'è scritto:
"Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano". (Mt 7, 13-14).
Ciò significa che seguire Cristo non è una scelta facile e indolore, anche se il significato profondo di questo messaggio invita ad essere felici.
In Luca è contenuto forse il messaggio più bello sul significato della porta:
"Io vi dico: chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto. Perché chi domanda, riceve; chi cerca, trova; a chi bussa, sarà aperto" (Luc 11, 9-10).
Aprire la porta del cuore agli altri è la cosa umanamente più difficile. Nell'Apocalisse è scritto:
“Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).
Ma questo richiede di essere desiderosi di aprire a quelli che bussano.
Una poesia di Emile Verhaeren (1815-1916) ci invita a bussare alla porta.