martedì 28 giugno 2011

IL MONTE FERIE DEGLI ITALIANI CHE SBALORDISCE GLI AMERICANI

(La Stampa, 28 gigugno 2011) - Caro Direttore, i lavoratori italiani usufruiscono in media di 26 giorni di ferie all’anno, contro i 25 dei giapponesi, i 23 degli inglesi, i 21 dei canadesi e i 12 degli statunitensi. Negli Usa uno statale neo assunto ha diritto a 13 giorni di ferie, e 13 di malattia, all’anno; con 10 anni di anzianità i giorni diventano 19. I privati sono ancora più svantaggiati: a causa dell’esasperata concorrenza e del timore di perdere il posto non tutti i giorni di ferie di cui si avrebbe diritto vengono goduti. Per uno straniero le ferie degli italiani devono sembrare qualcosa di veramente esotico: ogni occasione è buona per partire, lo studio dei calendari implica nozioni di scienza delle costruzioni dei ponti, in molte conversazioni l’argomento principale diventa la vacanza, i mezzi di informazione d’estate sembrano non aver altro argomento che le vacanze con relativi esodi e controesodi.
MAURO LUGLIO MONFALCONE

Sono contento di vivere in un Paese in cui le ferie sono considerate una parte importante della vita, perché sono un momento fondamentale per stare con la famiglia, gli amici, per riposarsi, per viaggiare, per imparare e per leggere.
Mi ha sempre spaventato il numero esiguo di vacanze che fanno negli Stati Uniti, anche se c’è da considerare che gli americani hanno molte festività di lunedì che permettono weekend lunghi. Ma è verissimo che ogni volta che parli agli americani di quanti giorni di ferie abbiamo noi in Italia ti guardano sbalorditi.
Il problema non è quanto ci si riposa ma quanto poi si è presenti e appassionati quando si lavora.

MARIO CALABRESI

domenica 26 giugno 2011

FRANCO DEL MORO, UN EDITORE FUORI DAGLI SCHEMI



Franco Del Moro vive a Murazzano (CN), dove ha una cascina nella quale si è ritirato, stanco della frenetica vita milanese. E' titolare delle edizioni Ellin Selae. In questa intervista - da gustare - Del Moro afferma cose di grande attualità.

VOLETE FARE GIORNALISMO? ARRANGIATEVI

(Sanniopress) - Volete praticare il giornalismo? Arrangiatevi. Questa è l’unica risposta seria che si può dare a chi vuole fare – sarebbe meglio dire: essere – giornalista. Se volete la prova di quanto dico potete fare un esperimento. Provate a intervistare dieci giornalisti e ponete loro la seguente domanda: “Come sei diventato giornalista?”. Avrete dieci risposte diverse. Ci sarà chi dirà che tutto è iniziato per caso. Ci sarà quello che dirà che ha iniziato facendo il fattorino. Quello che scriveva per sport di sport. Poi, forse, troverete anche qualcuno che vi dirà che ha frequentato la “scuola di giornalismo”, ma poi ha conquistato il contratto di assunzione pezzo su pezzo, notizia su notizia.

La figura del giornalista è irregolare, da sempre. Volerla sottoporre a delle regole certe non è un’illusione. E’ un’insensatezza. Il caso dell’ennesima “scuola di giornalismo” – la si vorrebbe ad Avellino e sarebbe intitolata alla memoria di Biagio Agnes – ha un merito: non solo mostra l’inflazione delle scuole, ma anche la loro inutilità. Le scuole, come è stato osservato, sfornano disoccupati, ma pretendere che sfornino occupati è anche peggio. Il giornalismo non si impara a scuola. E, per dissipare ogni equivoco, non s’insegna neanche. E’ troppo vicino alla vita. Qualcuno è in grado di insegnarvela? Solo i maestri, ma si sono estinti come i dinosauri.

Se volete una vita lavorativa sicura fate un altro mestiere. Se volete praticare giornalismo – e non è un caso che dica “praticare giornalismo” perché si tratta prima di tutto di un’attività umana e non di un impiego – dovete fare l’unica cosa che vale per un giornale (di qualunque tipo sia): trovare notizie. Ce ne sono di tanti tipi: cronaca, costume, sport, politica, cultura. Il mondo è vario, trovate il vostro posto nel mondo e metteteci dentro interesse, passione, disciplina. E’ vero che il giornalista deve saper scrivere tutto, ma l’idea che debba sapere tutto o non debba sapere nulla è risibile. Un buon giornalista ha quasi sempre una sua specialità: ha fatto studi di giurisprudenza o di lettere o di medicina o di storia. Gli unici studi di cui il giornalista può fare a meno sono gli studi di giornalismo.

Una volta trovata, la notizia va scritta (per me il giornalismo è soprattutto scritto). Per imparare a scrivere ci sono due regole da rispettare: parlare in italiano e leggere chi sa scrivere. Il resto viene da sé. Con la pratica. La pratica genera miglioramento e occasioni. Ogni giornalista ha dietro di sé la gavetta. Il giornalista senza gavetta non esiste o esiste solo nelle scuole di giornalismo, dunque, non esiste. La gavetta dà occasioni. A ognuno è data la propria occasione. Bisogna saperla costruire e afferrarla quando si presenterà.

Sento già la domanda: “Sì, è bello parlare. Ma tu come hai fatto?”. Esattamente come vi ho detto. Ho iniziato cercando notizie. Anche minime, ma notizie. Ho curato un interesse: politica e cultura. Ho fatto la gavetta. Non sono stato mai sfiorato dall’idea di frequentare una scuola. Meglio le redazioni. Anche piccole. Anche scombinate. Ma redazioni. “Già, ma chi ti ha assunto? E perché?”. Mi ha assunto, bontà sua, Vittorio Feltri. Ancora non ho capito bene perché. Erano i primi giorni di vita di Libero. Gli mandai un pezzo. Lo chiamai al telefono e gli dissi: “Ti ho inviato un pezzo. L’hai visto?”. Chiamò la segretaria e se le foce portare. Il giorno dopo lo pubblicò. Era un pezzo sulla scuola e Leo Longanesi. Gliene mandai un altro sull’esilio dei Savoia. Fu poi la volta di un ritratto di Mastella che finì in prima pagina. Mi chiamò Renato Farina e mi disse: “Vieni a Milano che Feltri ti vuole conoscere”. Ci andai. Faceva un gran caldo ma Feltri era vestito alla sua maniera: impeccabile, ma con naturalezza. Parlammo un po’. Sulla scrivania aveva il pezzo che gli avevo mandato qualche giorno prima. Era un articolo su Tonino Di Pietro. Da uomo di mondo qual è mi disse: “Non l’ho messo perché o pubblicavo il mio o il tuo”. Era il 19 agosto 2000. Si meravigliò che non avessi ancora un contratto. Me lo fece lui. Il 1° settembre ero in servizio nella redazione di Roma: piazza Sant’Andrea della Valle. A ognuno è data la sua occasione. Sempre che si lavori per averla.

(L’articolo è finito o ritengo che sia finito e non ho parlato della storia dell’Ordine, di cui è diventato presidente un galantuomo come Enzo Iacopino. Il paradosso è questo: se vuoi fare il giornalista devi essere iscritto all’Ordine ma per iscriverti all’Ordine devi essere giornalista. Non è un problema solo del giornalismo: è l’Italia che è fatta a scatole o corporazioni. Magari, però, ne parliamo un’altra volta).

GIANCRISTIANO DESIDERIO

NAPOLI? PER IL MONDO E' L'ITALIA. NON CONVIENE MOSTRARLA COSI'

La situazione di Napoli è talmente complicata che non accetta interpretazioni univoche. È sempre stata affrontata con interventi emergenziali e proclami salvifici (da Berlusconi a De Magistris) che non hanno mai invertito la rotta. Di fronte al naufragio totale di Napoli, tutti gli altri italiani non possono stare a guardare, non conviene a nessuno. Lasciamo pure da parte concetti quali solidarietà e aiuto e concentriamoci solo sulla convenienza: agli occhi del mondo Napoli è Italia e l’Italia è piena di immondizia e non vale una visita turistica. Agli occhi del mondo un Paese che permette questo scempio non è civile e con le nazioni incivili non si fanno affari. La spazzatura è in tutti i telegiornali del Pianeta, conviene a tutti farla sparire in fretta. Poi chiederemo con forza ai napoletani di meritarsi l’aiuto del resto del Paese e alle forze dell’ordine di far rispettare le regole in ogni luogo: se si incendia l’immondizia in strada nel centro di Torino e si prende a sassate un camion si viene arrestati, bisognerebbe cominciare a farlo a ogni latitudine.
MARIO CALABRESI

martedì 21 giugno 2011

CONCITA DE GREGORIO LASCIA LA DIREZIONE DE L'UNITA'

(Ticinolibero) - Concita De Gregorio “lascia” la direzione del quotidiano italiano L’Unità, già organo ufficiale prima del PCI, poi dei DS, fondato da Antonio Gramsci. Da giorni i rumors davano la De Gregorio “silurata” dalla direzione del quotidiano, che da qualche anno è di proprietà di Renato Soru, ex Governatore della Sardegna, nonché fondatore della compagnia telefonica Tiscali. Ma proprio ieri, sabato 18 giugno, la De Gregorio, ha pubblicato un editoriale in cui attaccava la “macchina del fango” che alcuni siti internet producevano, dando spazio alle voci che davano imminente un cambiamento di direzione al quotidiano di Antonio Gramsci. Chiaro il riferimento al sito Dagospia, di Roberto D’Agostino, che da giorni “speculava” sul licenziamento della De Gregorio. Ma in serata dello stesso giorno in cui la direttrice dell’Unità attaccava i siti produttori di fango, ecco che si apprende che l’Unità cambia direzione. Alla mattina nel suo editoriale la De Gregorio srive nero su bianco sul suo quotidiano che “il suo contratto non è a scadenza” e in serata si dirama un comunicato che dice che di “comune accordo” la De Gregorio lascia il quotidiano di proprietà di Soru. Che figuraccia! Ora è palese che Soru non è più soddisfatto dell’operato della sua direttrice, tanto che a meno di tre anni dalla sua nomina, ha deciso di cambiare direzione. Come è evidente che Concita De Gregorio, troppo presa a screditare Dagospia, non si è resa conto che stava, proprio lei perdendo la faccia. Per carità, non sempre tutte le notizie presenti sui siti internet sono fondate, è del tutto normale che vi siano molte speculazioni, azzardi, ma non per questo è tutto una macchina del fango! Ma non si può smentire seccamente la mattina le voci di un proprio allontanamento dalla direzione del giornale, prendendosela con i siti internet, e alla sera, come se nulla fosse confermare la propria uscita di scena. In questo caso la tremenda gaffe di Concita non ha fatto altro che sdoganare l’autorevolezza delle speculazioni giornalistiche del sito Dagospia.
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(Fanpage) - “L’editore e il direttore dell’Unità comunicano che dal primo luglio Concita De Gregorio lascerà la guida del giornale a seguito di una decisione condivisa, assunta in autonomia e nel pieno rispetto reciproco riconoscendo l’importante lavoro svolto e i risultati raggiunti”. Comincia con una asettica frase di circostanza il breve comunicato che, dopo giorni di indiscrezioni, voci e finanche insinuazioni di dubbio gusto, sancisce la fine dell’esperienza di Concita De Gregorio come direttore de L’Unità. Una stagione intensa durata tre lunghi anni e che ha portato l’Unità a (ri)tornare ad essere il punto di riferimento di parte della società italiana. Concita, uno dei volti più riconoscibili ed autorevoli dell’intero panorama giornalistico italiano, lascia il giornale fondato da Antonio Gramsci dopo aver contribuito in maniera determinante a risollevarlo dal pantano in cui si trovava fino a qualche anno fa (nonostante l’autorevole guida di un grandissimo giornalista come Antonio Padellaro), scegliendo con grande coraggio la strada del rinnovamento e della sperimentazione, pur in una congiuntura estremamente problematica. Se i primi anni della “reggenza” della giornalista toscana coincidevano con uno dei periodi più bui del fronte progressista italiano, reduce dalla traumatica sconfitta delle politiche del 2008 con la cospicua maggioranza nelle mani del centrodestra e la sinistra “radicale” addirittura fuori dal Parlamento, non va neanche dimenticata la difficile situazione economica in cui si trovava il giornale edito da Renato Soru. Eppure, malgrado tagli e difficoltà di varia natura, quello realizzato da Concita è stato un piccolo capolavoro: rianimare un giornale in difficoltà, rivoluzionandone taglio e grafica, ridandogli smalto e prestigio, anche attraverso scelte editoriali precise e coraggiose.

sabato 18 giugno 2011

50° STRESA FESTIVAL

Settimane Musicali di Stresa e del Lago Maggiore 2011
MERCOLEDÌ 22 GIUGNO 2011

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__________________________________ TORINO - ORE 11.30
Circolo dei Lettori - Palazzo Graneri della Roccia - Via Bogino 9

Interverranno:
Canio Di Milia, Sindaco di Stresa

Alberto Cirio, Assessore Regionale al Turismo

Michele Coppola, Assessore Regionale alla Cultura
_____________________________________________________________________________ STRESA - ORE 18.00
Regina Palace Hotel - Corso Umberto I



VIALE DEL TREMONTI

(La Stampa) - No, questo è troppo. Anche per chi lo considera il principale responsabile del rimbecillimento televisivo di alcune generazioni di italiani, il trattamento che il vecchio attore a fine carriera Silvio Berlusconi sta riservando a se stesso è quasi straziante. Dopo aver incolpato Crozza per la sconfitta ai referendum, ieri ha telefonato a un convegno di italoamericani in Calabria presieduto dal fido onorevole Nucara. «Pronto?». La sua voce tristemente allegra ha echeggiato nella sala sgombra. Se n’erano già andati via tutti. Rimaneva solo un drappello di tecnici addetti allo smontaggio, che lo hanno sentito predicare il suo verbo berluscottimista in un deserto di sedie vuote, fili penzolanti e luci ormai spente. Richiamati precipitosamente dal buffet, il Nucara e un riccone italoamericano sono andati al telefono per ringraziare il vecchio attore e illuderlo che dietro di loro ci fosse un pubblico adorante in ascolto. Lui di rimando ha salutato le sedie ricoperte di panno bianco: «Viva gli Stati Uniti d’America, viva la Calabria, viva l’Italia!» e mentre un tecnico sghignazzava con scarso ritegno, io davanti alla tv ho sentito una stretta al cuore. Per scongiurare la malinconia che mi procurano le uscite di scena ritardate (ricordo Maradona in campo col panzone) ho aperto l’Antologia di Spoon River in cerca dei versi giusti. «Andatevene dalla stanza se perdete, andatevene quando il vostro tempo è finito. E’ vile sedersi e brancicare le carte, e maledire le perdite con occhi cerchiati, piagnucolando per tentare ancora».

MASSIMO GRAMELLINI

SE UN RAGAZZINO VI CHIEDESSE DI SANTORO E FAZIO

(Barbablog) - Che la si pensi come Michele Santoro, in maniera opposta o differente, il suo programma s’impone all’attenzione perché Santoro ha nelle vene tutto quello che serve a un fuoriclasse della televisione: il ritmo, l’istinto, l’esperienza, il coraggio e la dedizione al suo prodotto. Perché la Rai ha deciso di perdere questa risorsa? Una scelta come questa dice solo cose insensate dell’azienda che l’ha fatta, e non soltanto per gli ascolti, che non sono tutto, ma per l’intensità del programma, per la sua qualità.

Un solo programma quest’anno ha avuto più successo di Annozero: Vieni via con me. Un successo travolgente. Grande scrittura, grandi interpreti e un direttore d’orchestra, Fabio Fazio, in stato di grazia. Un altro successo che alla Rai ha dato il mal di pancia. Ma come è possibile che una grande azienda lavori contro se stessa? Che veda come un ostacolo l’eccellenza dei suoi prodotti migliori? C’è qualcosa di perverso, di surreale in questa condizione: provate a spiegarla a un ragazzino, non la capirà. Anche se guardo poca televisione, so riconoscere uno che la sa fare quando lo vedo. Non sono tanti. Michele Santoro e Fabio Fazio sono fra i più bravi, forse i più bravi di tutti. Se fossi un editore, farei carte false per averli in squadra.

DARIA BIGNARDI

PERCHE' DISSANGUATE LA SCUOLA PUBBLICA E NON GLI EVASORI FISCALI?

(Barbablog) Il ministro dell’Istruzione Gelmini annuncia nuovi tagli: ormai non si parla di contenuti, di progetti educativi o di formazione, si parla soltanto di soldi

Eppure ancora una volta sarà la scuola a sacrificarsi per sanare il deficit: lo prevede il Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei ministri. In programma per i prossimi tre anni ci sono tagli di spesa per 35 miliardi di euro e di questi 13 verranno dall’istruzione. Come? «Non è ancora chiaro», spiega la Cgil. Ma come non è chiaro? Forse arriveranno dai già minimi stipendi degli insegnanti? Dai tagli all’organico ormai ridotto ai minimi termini? Dal personale non docente? Il tempo pieno assicurato, l’inglese insegnato da insegnanti qualificati, la compresenza dei docenti sono già ricordi del passato. Ormai ci si deve accontentare che la scuola pubblica esista, e non che funzioni: come in America (dove l’istruzione qualificata è tutta privata, e questo suggerisce a quale «uguaglianza» tenda il modello di questo governo). Non si parla più di contenuti, di progetti educativi, di formazione, ma solo di soldi: e per toglierli. E mentre si taglia alla scuola, non arriva nessun esempio rassicurante che mostri che si interviene anche sull’evasione fiscale, sugli sprechi e le pensioni dei parlamentari, sui contributi clientelari diffusi.
Mi rendo conto di ripetere stancamente cose banali: un’altra grande arma di questo governo è renderci noiosi a noi stessi, stufi per primi del nostro vittimismo. Ma ci sono vittimismi legittimati dal trovarsi a essere vittime. Che è quello che è successo, non per suo desiderio, alla scuola pubblica italiana. DARIA BIGNARDIInserisci link

venerdì 17 giugno 2011

CLAMOROSO: "EMANUELA ORLANDI E' VIVA"

GIORNALISTI E POTERE - IL CASO PANELLA

Insomma, Santoro fuori dalla Rai, Floris e Fazio poco graditi dall'azienda, Concita De Gregorio minacciata al telefono... Tempi duri per i giornalisti. Adesso anche in una piccola città di provincia come Benevento, dove il giornalismo non da' da mangiare a nessuno, in queste ore è stato estromesso dal suo incarico di direttore del settimanale "Il Quaderno" il giornalista Carlo Panella (vedi articolo).
Panella aveva fondato la testata 22 anni fa. La sua estromissione arriva senza alcun preavviso. Ma il battagliero giornalista già annuncia che presto finderà una nuova testata.

COSI' NACQUE LA FOTO DELLO SCANDALO

(L'Unità) - Qualsiasi appassionato di Helmut Newton non può non conoscere questa foto che ritrae sua moglie June Brown, dopo cena al ristorante. È uno dei suoi scatti più famosi in assoluto.
Ne parlo perchè questa mattina June Newton era a Berlino per presentare una mostra in cui si raccolgono più di 300 polaroid scattate da suo marito.
Le ho chiesto, mentre si aggirava per le stanze della fondazione, quale fosse la storia che sta dietro a questa famosa immagine.
Ha risposto così: "Vivevamo a Parigi, avevamo un appartamento nel Marais. Eravamo a cena in uno dei bistrot del quartiere. Finito di mangiare Helmut mi chiese, 'June, la puoi aprire?', indicando la giacca. Ovviamente aveva la macchina fotografica appoggiata sul tavolo. Aprii rapidamente la giacca. Fu molto veloce".

AL VIA IL PAVESE FESTIVAL

(targatocn) Il sipario del Pavese Festival 2011 si aprirà ufficialmente venerdì 17 giugno 2011, come ogni anno a Santo Stefano Belbo, nella Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo, sede della Fondazione Cesare Pavese. Alle 18.30 verrà inaugurata la mostra "E' una terra che attende...Flessibile come di Pietra", a cura di Andrea Bocco e Gianfranco Cavaglià, che rimarrà visitabile per l'intera durata del Festival. La mostra mette in luce il lavoro di scrupolosa ricerca, seguendo frammenti di percorsi in territori montani piemontesi alla ricerca dei motivi delle scelte originarie, ponendosi domande sull'attuale modello di sviluppo, sull'abbandono e sull'eventuale, desiderabile, recupero dell'ambiente costruito e di attività umane. A seguire, ore 21.30, sempre all'interno della Chiesa, andrà in scena lo spettacolo "Verrà la morte e avrà la tua dentiera (Ceronetti verso Pavese)" di Guido Ceronetti con il Teatro dei Sensibili.

La Compagnia proporrà un evento spettacolare di letteratura e magia in cui la poesia di Pavese stesso e di altri poeti quali Apollinaire, Ceronetti, Machado e Kavafis nonché i brandelli di letteratura che raccontano di terre da vino, "bruciate come da un nero fuoco e cosparse di conchiglie di quando prima delle vigne c'era il mare", risveglieranno quel pensiero malinconico e profondo che ha contraddistinto lo stile del poeta.

Il week end del Pavese Festival proseguirà domenica 19 giugno presso la Fondazione Emanuele di Mirafiore (Fontanafredda) a Serralunga d'Alba dove alle 21.30 andrà in scena l'Ensemble Taki dalla Bolivia che si esibirà in un concerto per la Prima Mondiale del XXXIV Festival Antidogma Musica. Tutti gli spettacoli sono gratuiti ed andranno in scena al calar del sole.

Per ulteriori informazioni: info@fondazionecesarepavese.it

turismo@fondazionecesarepavese.it www.fondazionecesarepavese.it (c.s.)

giovedì 16 giugno 2011

BRUNETTA E I PRECARI

Avete già visto il video in cui Renato Brunetta fornisce la sua versione sull'ormai celeberrima frase "questa è la peggiore Italia"? Sì?
Fa niente, guardatelo di nuovo insieme a me:
Ricapitoliamo, vi va? Ecco quello che si vede nel video:
  1. la precaria cerca di parlare;
  2. Brunetta si volta indispettito e se ne va, dicendo "grazie, arrivederci, buongiorno, arrivederci";
  3. subito dopo il ministro aggiunge: "questa è la peggiore Italia, grazie".
  4. Brunetta attraversa la sala e a questo punto arrivano gli insulti.
Eccovi, invece, la versione di Brunetta:
  1. la precaria cerca di parlare;
  2. Brunetta le dice "scusi, l'argomento è troppo complicato e lungo, non ho il tempo per trattarlo";
  3. il ministro scenda dal palco e arrivano gli insulti;
  4. solo a questo punto Brunetta aggiunge: "questa è la peggiore Italia, grazie".
Vedete come può essere cruciale, una questione di secondi?

METILPARABEN
Brunetta (dei Ricchi e Poveri)
Quella sì che era un mito, come diceva Maurizio Micheli anni e anni fa. Quando, appunto, non c'era l'altro Brunetta, vai mai ad immaginare che possa diventare ministro della Repubblica italiana uno così. Uno che, per il fulminante teorema di De André sui nani, sarebbe "una carogna di sicuro", se tutto si potesse risolvere con una canzone o una ballata dell'immenso Fabrizio.
Purtroppo non è così, e l'ultima del ministro small la conoscete ormai tutti, voltare le spalle ad un gruppo di precari che gli volevano fare una domanda."Siete la parte peggiore del paese" ha detto sghignazzando, mentre infilava la porta, lui che per dare un giudizio del genere deve porsi in alto rispetto agli altri, ed è veramente difficile, quasi impossibile, associare la parola "alto" con la parola "Brunetta": non ce ne voglia, ministro.
ALDRO (L'Unità)
Brunetta, il ministro in fuga dalla realtà

Brunetta ha poi spiegato che non ce l’aveva coi precari, ma coi provocatori. Come si dice dalle sue parti, «el tacòn xe peso del buso». Infatti il ministro si è dimenticato di ciò che aveva dichiarato la sera prima in tv da Lilli Gruber, quando si era esibito in una tiritera luogocomunista sui giovani che lamentano la mancanza del posto fisso invece di andare a scaricare le cassette di frutta al mercato. Ora, nel vasto campionario del precariato italiano, ci sarà anche una percentuale endemica di fannulloni e di schizzinosi. Ma le storie che piovono ogni giorno sui tavoli delle redazioni raccontano una realtà diversa. Raccontano di laureati costretti ad andare all’estero dopo aver attraversato decine di impieghi saltuari e sottopagati. Raccontano di giovani che invecchiano facendo di tutto, soprattutto i lavori più umili, nella vana attesa di trovare lo sbocco a cui li destinavano i loro studi e le loro attitudini. Raccontano di fallimenti professionali ed esistenziali, dovuti non all’incapacità della persona, ma a un sistema bloccato da troppi privilegi, in cui solo le conoscenze politiche e familiari consentono di ottenere ciò che il merito non basta mai a garantire. Il centrodestra era stato votato, immagino, per sfasciare con riforme liberali il vecchiume di questo Paese, non per eternarne i conservatorismi. Invece si è smarrito in una rappresentazione della realtà più adatta alle dispute da bar che a un ceto dirigente moderno. I disoccupati non lavorano perché non hanno voglia di farsi venire i calli alle mani (parola di Brunetta e Sacconi, che in un’altra era furono socialisti, forse a loro insaputa). E il popolo di sinistra è bravo a montare scenette spiritose sui siti Internet «perché non ha nient’altro da fare» (parola dell’onorevole Stracquadanio, lavoratore indefesso, a cui per carità di patria ho depurato il linguaggio da trivio).
La parabola del fustigator Brunetta racchiude la storia di questo governo e di questi anni. Il ministro che prendeva gli applausi quando diceva che gli statali erano dei fannulloni, adesso prende i fischi quando afferma che fannulloni sono tutti gli italiani senza un posto garantito, statali precari compresi. In mezzo è cambiato il mondo, ma Brunetta evidentemente non se n’è accorto. In questo assomiglia molto al suo principale.
MASSIMO GRAMELLINI
Qui il video di Brunetta in fuga dai precari
http://vukicblog.blogspot.com/2011/06/era-di-fretta.html

mercoledì 15 giugno 2011

GLI ADOLESCENTI

Non sono affatto scemi, ma solo degli adolescenti: cercano chi sono, cosa vogliono essere. E sono vulnerabili, vogliono un luogo sicuro dove ripararsi. La società di massa predica loro di essere unici, ma poi dice: metti quel paio di scarpe, o quella marca di jeans o lo scooter che dev’essere quello e non un altro…
Nietzsche diceva: “diventa ciò che sei”. Ma diventare ciò che si è un percorso lungo e faticoso, significa lavorare su se stessi, guardarsi dentro… Ma come possono riuscirci? Come fa Zacchini, e chiunque altro, a scegliere la via più lunga e tortuosa, quando si è continuamente bombardati da immagini, modelli di comportamento, personalità preconfezionate che pigli e compri come fossi a un supermercato?

La Campanella fa una pausa. Tutti sembrano riflettere sulle sue parole. Cavicchioli si sente stretto alle corde …

CAVICCHIOLI: È la società in cui viviamo, non possiamo cambiarla.

CAMPANELLA: No, ma la scuola però dovrebbe aiutare i suoi ragazzi a capirla, decodificarla. Li deve aiutare a lavorare su se stessi, a pensare con la propria testa, a non aver paura di prendere la strada più difficile. Perché alla fine di quella strada, l’unico rischio che correranno è trovare se stessi.

MARTINA CAMPANELLA

lunedì 13 giugno 2011

REFERENDUM, QUORUM SUPERATO

Roma - (Adnkronos/Ign) - Acqua, nucleare e legittimo impedimento: obiettivo centrare il quorum. Risultati in diretta sul sito del Viminale: dati da oltre 6.000 comuni su 8.092. Tecnè: l'affluenza tra il 56 e il 61%.


domenica 12 giugno 2011

L'AMORE E' UNA STAZIONE RADIO

L’amore è come una stazione radio. Con l’entusiasmo dei neofiti, finora hai spostato la manopola da una parte all’altra, sperimentando le frequenze estreme. Ma in mezzo ci sono centinaia di canali. Muovi la manopola dolcemente, senza scatti, e vedrai che troverai la frequenza del tuo cuore.
Ma non ti illudere: ogni tanto ti sembrerà che salti anche quella. Allora dovrai rimettere mano alla manopola, in cerca della sintonia perduta. È un esercizio molto difficile, ma affascinante. Si chiama Vita.

MASSIMO GRAMELLINI
(La Stampa - Cuori allo Specchio, 12 giugno 2011)

sabato 11 giugno 2011

IL DUO "MADE IN CUNEO" SANTANCHE'-BRIATORE RISCHIA DI INGUAIARE BERLUSCONI

(Targatocn) - Telefonata tra due cittadini di Cuneo, amici da tempo: "Non più lì, ma nell’altra villa. Tutto come prima, non è cambiato un cazzo. Stessi attori, stesso film, proiettato in un cinema diverso. Come prima, più di prima. Stesso gruppo, qualche new entry, ma la base del film è uguale”. No, non sono Trumlin e Marietta che stanno disquisendo sull'ultimo film visto a Cinelandia, bensì Flavio Briatore e Daniela (Garnero) Santanchè intercettati dalla Guardia di Finanza mentre stanno conversando niene meno che sul premier, Silvio Berlusconi. Il manager cuneese, al quale è stato messo sotto controllo il telefono per i guai sull'evasione fiscale per il suo yacht che non paga le tasse italiane ed è registrato nel paradiso fiscale delle isole Cayman, sta sfogandosi con l'amica di sempre, Daniela Santanchè. Il film cui fa riferimento è l'ormai famoso "bunga bunga" del premier.

In realtà questa telefonata potrebbe essere utile ai pm milanesi nel cosidetto "Rubygate": Briatore, che dovà essere ascoltato dai giudici, ha infatti sempre sostenuto che i festini di Arcore erano delle cene serissime, dove si parlava e si discuteva amabilmente. Da quanto si evince dalla telefonata fatta alla Santanchè pare non sia andata veramente così: "E’ malato Dani - dice il verzuolese al sottoseretario riferendesi a Berlusconi -, il suo piacere è vedere queste qui stanche che vanno via da lui. Dopo ‘due botte’ cominciano a dire che sono stanche, che le ha rovinate”. E la Santanchè pare allibita: "Io sono senza parole. Ti rendi conto? E che cosa si può fare? Qui crolla tutto".

Allibita, forse, ma la Signora trova il tempo di autoelogiarsi per l'accordo raggiunto con Masi circa la nomina di Lorenza Lei a direttore generale della Rai: "Berlusconi ha fatto fare a me l’accordo. Sai, una carissima amica".

Ma i due ne hanno per tutti, con Briatore che attacca violentemente Emilio Fede: “Quella roba di Fede, è indecente. Non ha più parlato con il presidente e sembra che abbia comprato casa alla Zardo (la show girl coinvolta nel giro di prostituzione n.d.r.), pensa che deficiente”. Poi la stoccata finale al direttore del TG4: "E' andato a dire al presidente: ‘Erano i soldi che gli ho prestato’ (A Lele Mora n.d.r.). Invece non è vero, figlio di puttana’”. La Santanché ascolta e si limita a comentare: “Che gentaglia”.

Da parte sua Emilio Fede non è stato a guardare ed ha già querelato Flavio Briatore: "Pensavo fossero degli amici ed invece i peggiori nemici sono quelli che ti stanno più vicino: Chi? Ma Daniela Santanché e soprattuto Flavio Briatore che conosco da trent'anni. Ed invece ancora una volta aveva ragione mia moglie: stamattina mi ha detto, Emilio te lo ripetevo sempre erano persone da non frequentare".

Altre che "Cuneo, splendida città del Piemonte, con il sole di fronte": questa è roba da miglior Holliwood! Oh, come sembrano lontani i tempi delle abbronzature, della plastica mostrata in favore delle telecamere e delle tette al silicone imperanti al Billionaire, dove i "nostri" erano protagonisti assoluti... c.m.

TOTOTEMA

SANTORO UOMO LIBERO

domenica 5 giugno 2011

5 GIUGNO, GIORNATA MONDIALE DELL'AMBIENTE

NON SOLO RABBIA

Quel che sta accadendo coi referendum sancisce in modo definitivo, io credo, il tramonto dell’egemonia televisiva. Certo ci vorrà del tempo, ma la fine è cominciata. Chi ha più di sessant’anni, o più di settanta come il premier, continuerà a dire come ha fatto ieri che la colpa è dei Tg, dei programmi di Rai Tre, di Annozero. Ma non è più così. I quattro, cinque, sei milioni di spettatori di un programma di approfondimento giornalistico non sono la maggioranza dei cittadini e neppure degli elettori. Sono tanti, sei milioni, ma sono sempre quei sei milioni lì. Semmai sono i programmi del mattino, quelli del pomeriggio - è il loro silenzio sulle grandi questioni, il loro cicaleccio continuo programmato per distrarre - quelli che orientano e determinano le scelte di decine di milioni di persone. Ma anche qui: è solo questione di tempo, finirà. Chi ha in casa ragazzi fra 15 e 25 anni sa che nella loro vita adulta non hanno mai usato la tv come la usiamo noi. Pochissimi di loro sanno in quale giorno e a che ora va in onda un dato programma, su quale rete. Noi sì, lo sappiamo: cosa c’è il lunedì, cosa il martedì, cosa il giovedì. Loro vedono la tv sul computer: non tutto il programma, ma lo spezzone che gli interessa. Quello che gli ha consigliato, con un link, un amico per posta o su Facebook. Lo vedono in qualunque momento, e soprattutto vedono moltissimo più di quello che vediamo noi in tv: show stranieri, videoclip, molta, moltissima satira, informazione in pillole che arriva da ogni parte del pianeta e che spesso producono da soli. Lo schermo grande, quello della tv, lo usano come uno schermo, appunto: qualche volta per vedere dvd, qualche volta per cercare la serie di culto - registrata, spesso - dal satellite. I ragazzi, e ormai anche moltissimi adulti che hanno imparato da loro, attingono le informazioni essenziali per la loro giornata (uno spettacolo, un evento, un concerto, una mobilitazione) da Internet. Sui referendum, sanno tutto da Internet. La tv tace, con rare eccezioni, la propaganda politica fino a ieri pure. E’ impressionante al contrario la quantità di notizie di video e di mail che arrivano on line. Artisti che si mobilitano, cantanti e insegnanti, classi intere, gente comune che si filma mentre dorme e poi si alza e va in bagno a lavarsi, file di persone che bevono alle fontanelle, appelli virali, simboli autoprodotti che viaggiano a catena e poi l’incessante attività dei comitati, decine di manifestazioni in tutta Italia. Piccole, non pubblicizzate dai giornali nè dalla tv: passaparola in rete. E’ già successo qui e altrove - per Obama, per le rivoluzioni nordafricane, per Grillo - ma ora anche da noi è diventata la norma. La moltitudine dei cittadini si è impadronita del mezzo, ha imparato a usarlo. Una sorta di esproprio proletario della tv ingessata e monopolizzata, e lo dico nel giorno dell’assalto ad Aiazzone: esproprio di quel che ritieni ti spetti. E’ come se la gente, in rete, andasse a prendersi quel che gli è stato sottratto: il diritto ad essere informati, a sorridere, ad appassionarsi, a mobilitarsi per qualcuno e per qualcosa. Non è antipolitico tutto questo, al contrario. E’ profondamente politico. Leggete i commenti alla battuta di Grillo su Pisapippa: non glielo perdonano. Perchè finirà anche, sta finendo, il tempo della rabbia sola, del risentimento di chi ce l’ha col mondo intero e sa solo dare calci in bocca. Di nuovo: le persone sono oltre, si muovono, misurano le parole sulle cose e vogliono determinare il cambiamento. Fare, esserci. Vincere è più difficile che perdere. Essere in maggioranza comporta più responsabilità che protestare in minoranza. Ecco, coi referendum - definitivamente - la Rete costruisce informazione, produce cambiamento. Diventa adulta dunque, come a volte capita, responsabile.
CONCITA DE GREGORIO
L'Unità, 2 giugno 2011

"CARO SILVIO, C'E' UNA COSA CHE TU NON AVRAI MAI..."

giovedì 2 giugno 2011

IL GRANDE TONINO DICE...


Berlusconi [...] sta alla politica come Emilio Fede sta all'informazione.

Antonio Di Pietro

MARIA LUISA BUSI: "IL FILM CHE TUTTI I GIORNI PASSA IN TELEVISIONE"

"A L'Aquila ci gridavano "vergogna!". Non era mai successo ad un giornalista del servizio pubblico". Maria Luisa Busi a Collisioni, il festival di Novello (Cn) parla della verità nascosta su L'Aquila. (Riprese di Emanuele Caruso).

mercoledì 1 giugno 2011

FIERA DELL'EDITORIA MERIDIONALE E DEL LIBRO 1^ EDIZIONE

Dal sito Millenniumeditrice

Complesso Monumentale Santa Sofia – Salerno 10, 11 e 12 giugno 2011

La prima edizione della Fiera dell'Editoria Meridionale e del Libro nasce per iniziativa dell'associazione culturale Nuova Officina onlus e della casa editrice Millennium, fondata da Stefano Sabatino, direttore artistico della manifestazione.

La Fiera si svolgerà nei giorni 10, 11 e 12 giugno a Salerno, presso il Complesso Monumentale di Santa Sofia, nel cuore del centro storico e si candida a divenire uno degli appuntamenti letterari più attesi del territorio.

L'evento sarà soprattutto l'occasione per sensibilizzare e stimolare l’opinione pubblica su temi di grande interesse nazionale: la conoscenza delle realtà imprenditoriali degli editori meridionali che con molta difficoltà contribuiscono alla diffusione della cultura nel nostro Paese e, dall'altra, l'intento di creare una preziosa sinergia con le Istituzioni, per riemergere da una pericolosa regressione sia economica che culturale, quest'ultima motivo di grave minaccia per la legalità e per il futuro della società civile.

L'evento si svilupperà in tre giornate, ognuna delle quali sarà dedicata ad un tema specifico:

i 150 anni dall'unità d'Italia, le nuove frontiere dell'editoria e il tema della legalità.

Ogni giornata sarà caratterizzata da ulteriori sessioni incentrate su dibattiti e tematiche che saranno direttamente connesse o che per aspetti convergenti si potranno collegare al tema centrale. Il terzo giorno sarà anche un momento per conoscere alcuni dei maggiori esperti, scrittori e uomini delle Istituzioni, impegnati a raccontare e contrastare con la loro opera la criminalità organizzata e le modificazioni che questa impone sulla nostra penisola.

L'ATTIVITA' DEL CIRCOLO DEI LETTORI


Cos'è il Circolo Volontari per la Lettura?
Il Circolo Volontari per la lettura nasce dall’idea di formare una squadra di persone che mettano in moto un’energia propositiva e coinvolgente, per vivere insieme l’efficacia e il valore della lettura come attimo di distrazione, strumento comunitario, fatto consolatorio, esperienza espressiva. Quindi molte sono le realtà sociali con cui i volontari si confrontano, gli ospedali, le biblioteche, le case famiglia, i festival, per creare appuntamenti di lettura a voce alta e interrompere e rendere più lieto un tempo lento, monotono e spesso solitario.
Il progetto, nato nel gennaio 2010, si inserisce nella attività del Circolo dei Lettori nell’ambito di Torino Capitale Europea dei Giovani 2010, ed è realizzato grazie al sostegno dell’Assessorato alla Cultura e Politiche Giovanili di Regione Piemonte e del Comune di Torino – Biblioteche Civiche.

Chi sono

Il progetto è rivolto a tutti. All’inizio del 2010 è stato lanciato un bando, al quale hanno risposto più di 300 persone. La squadra dei volontari che fino a oggi ha partecipato attivamente sia negli ospedali che in altre realtà è composta da circa 90 giovani. Per contatti e info potete scrivere a volontarilettura@circololettori.it

Tutte le info per aderire sul sito Circolo del Lettori

FILIPPO TARICCO SPIEGA COM'E' NATO COLLISIONI



(La Stampa) - Filippo Taricco direttore artistico di Collisioni ci spiega come è nata la festa e come sia riuscito a portare in un piccolo comune di mille abitanti personaggi come Michel Cimimo, Paul Aster, Salman Rushdie, ma anche Caparezza, Roy Paci, Luciana Littizzetto, Luciano Ligabue e tanti altri. In tre giorni, Collisioni ha avuto la presenza di 50 mila persone provenienti da ogni parte d'Italia.

(Targatocn) -
Com’è finanziato il Festival?

Abbiamo qualche sponsor e i soci si autofinanziano. Ognuno di noi mette dei soldi per poter fare il Festival. E’ un periodo molto duro economicamente ma riteniamo che se chiudiamo le luci davanti a questa crisi la cosa finisce male. Né il direttore artistico, né i ragazzi dell’accoglienza, nessuno di noi è pagato. Il Festival è retto dal volontariato. Questo ci permette di avere più budget per poter pagare la tecnica dei palchi, i voli, etc. Riteniamo che sia giusto farlo perché in questo territorio c’è bisogno di una manifestazione che sappia parlare un po’ a tutti e che ricostituisca il senso della comunità. Altrimenti la cultura diventa sinonimo di elitarismo, di distinzione sociale. I festival devono essere più parenti della scuola che non dei circoli Lions.

Com’è nato il Festival Collisioni? Un’idea che avevi in testa, pensavi di realizzare questo sogno e il sogno si è realizzato o è andato oltre le aspettative?

Lavoro nel settore della cultura, dell’editoria, dello spettacolo da più di quindici anni. Non è la mia prima iniziativa nell’ambito, per professione ho sempre fatto questo. Collisioni è stata una grande sfida. Quando ci siamo trovati e abbiamo deciso di farlo c’era un profondo malessere nel mondo dell’associazionismo e nel mondo delle persone autentiche che erano i miei amici di Alba e quelli espatriati da Alba. C’era il modello del Premio Grinzane Cavour, abbiamo fatto Collisioni nell’ultimo anno del Premio di Soria. Abbiamo lavorato in antitesi a quel modello. Non ci piaceva, lo trovavamo sbagliato, vecchio, legato agli anni’80. Quel modello l’avevamo vissuto anche sulla nostra pelle essendo io albese come Piero Negri Scaglione, come Sergio Dogliani che è di Cherasco ed ora dirige gli ‘Idea Store’ di Londra, come il pittore Valerio Berruti. Il Premio Grinzane ci aveva lasciato l’idea che il libro fosse qualcosa di estremamente noioso, vecchio.

E quindi?

Abbiamo lavorato in antitesi. Prima di tutto non bisogna pensare che i giovani vadano educati tout court ma bisogna riconoscere alla cultura dei giovani una propria dignità. Ci può essere uno scambio tra generazioni, i giovani possono insegnare molto. Poi, volevo fare un festival dove io sarei andato a 17 anni, mi sarei appassionato e avrei visto gli scrittori in una luce diversa, non ingessata, da cerimonia, dall’idea che siano inavvicinabili. Con Collisioni abbiamo cercato di spiegare che gli scrittori sono persone come noi che amano dialogare con il pubblico, disponibili, non nelle teche di vetro, adorati e fotografati, quello fa parte del mestiere ma non è quello un momento autentico in cui incontri un autore. Lo incontri quando c’è un dibattito, quando si scaldano le emozioni. L’idea nostra era creare un Festival dove i giovani non dovevano partecipare perché deportati con i pullmini scolastici e arrivati per scaldare sedie, ma per loro scelta. E non è un caso che la maggior parte delle migliaia di giovani partecipanti a Collisioni 2010 avessero meno di trent’anni. Giovani che hanno scelto di partecipare ad un festival culturale, letterario piuttosto che andare in discoteca. Questo ha decretato il successo. (Gisella Divino)

BERLUSCONI CON GIGI D'ALESSIO FISCHIATO A NAPOLI

ANNO ZERO

Ieri in Italia sono finiti gli Anni Ottanta. Raramente nella storia umana un decennio era durato così a lungo. Gli Anni Ottanta sono stati gli anni della mia giovinezza, perciò nutro nei loro confronti un dissenso venato di nostalgia. Nacquero come reazione alla violenza politica e ai deliri dell’ideologia comunista. L’individuo prese il posto del collettivo, il privato del pubblico, il giubbotto dell’eskimo, la discoteca dell’assemblea, il divertimento dell’impegno. La tv commerciale - luccicante, perbenista e trasgressiva, ma soprattutto volgarmente liberatoria - ne divenne il simbolo, Milano la capitale e Silvio Berlusconi l’icona, l’utopia realizzata. Nel pantheon dei valori supremi l’uguaglianza cedette il passo alla libertà, intesa come diritto di fare i propri comodi al di fuori di ogni regola, perché solo da questo egoismo vitale sarebbe potuto sorgere il benessere.
Purtroppo anche il consumismo si è rivelato un sogno avvelenato. Lasciato ai propri impulsi selvaggi, ha arricchito pochi privilegiati ma sta impoverendo tutti gli altri: e un consumismo senza consumatori è destinato prima o poi a implodere. Il cuore del mondo ha cominciato a battere altrove, la sobrietà e l’ambientalismo a sussurrare nuove parole d’ordine, eppure in questo lenzuolo d’Europa restavamo aggrappati a un ricordo sbiadito. La scelta di sfidare il Duemila con un uomo degli Anni Ottanta era un modo inconscio di fermare il tempo. Ma ora è proprio finita. Mi giro un’ultima volta a salutare i miei vent’anni. Da oggi si guarda avanti. Che paura. Che meraviglia.
MASSIMO GRAMELLINI
La Stampa, 31/5/2011

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