mercoledì 29 settembre 2021

LO SMANTELLAMENTO DELLA SCUOLA PUBBLICA

 


"Ma certo l'espressione [capitale umano] sembra risultare da una sorta di distorsione linguistica: mette insieme un sostantivo e un aggettivo che a un semplice buon senso possono apparire semanticamente opposti, addirittura contraddittori, costituendo quasi un ossimoro, o comunque collegando intimamente lo spazio semantico del denaro e della ricchezza a quello dell'umanità. [...].

Questo [il capitale], d'altra parte, nella sua consistenza che tiene poco conto dell'aggettivo umano di cui pure si serve, nel quadro mondiale che abbiamo davanti, appare peraltro tutt'altro che umano: continua a lacerare il nostro mondo frantumato e malato e non sembra voler prendere nessuna vera lezione dagli effetti della pandemia. Mi sembra alla fine agghiacciante che il senso del destino umano, il futuro delle nuove generazioni, l'essere di tutti nel mondo, sia così strettamente collegato alle istanze dello sviluppo capitalistico, e che tutto questo venga dato semplicemente per scontato e ineluttabile, che ogni dimensione umana sia sottoposta a questa destinazione. [...].
Possiamo del resto domandarci che immagine della vita possa avere un adolescente ancora non totalmente piegato agli imperativi consumistici e digitali quando si sente dire che i suoi studi, insieme alle sue speranze e ideali per il futuro, debbano mirare all'acquisizione di capitale umano; che tutto questo, che la sua scoperta dell'esistenza, con tutto il suo essere mentale, sia destinato a fornire prestazioni in funzione della produzione e del consumo, al servizio del capitale strictu sensu, quello senza l'aggettivo umano. Questo forse finirà per essere il suo destino futuro; ma certo ora i suoi desideri, le sue inquietudini, l'ansia di questi giorni, lo portano da qualche altra parte, magari verso un mondo più pieno di luce, di vita, di libertà, di fantasia, di passione.
L'insistenza sul capitale umano si intreccia strettamente con quella sulla didattica digitale, considerata ormai determinante anche nel caso di una scuola finalmente in presenza: sempre più diffusi, e ben recepiti a livello ministeriale, appaiono i propositi di imporre ben definite metodologie didattiche, con un uso delle tecnologie non libero e avventurosamente creativo, ma rispondente a parametri che permettano di dare spazio alle competenze utili alla formazione del capitale umano, di anime destinate al capitale. Ed è ovvio che tali metodologie finirebbero per agire sullo spessore ideologico e sull'orizzonte critico delle diverse discipline, sulla loro articolazione: entrando nel cuore stesso del lavoro dei docenti, agirebbero direttamente sulla loro residua autonomia culturale e disciplinare".

Giulio Ferroni, Una scuola per il futuro, Milano, La nave di Teseo, 2021, pp.112-116 [passim].

GIULIO FERRONI
Una scuola per il futuro
Capitolo "Per la scuola: dal capitale umano all'umanesimo ambientale", pp. 95-139

lunedì 20 settembre 2021

"LA CASA DI RACHELE E ANGELA" AD ANDRETTA, IN ALTA IRPINIA

Andretta è un bellissimo paese dell'Alta Irpina, poco distante da Bisaccia e ad un'ora di auto da Venosa, in provincia di Potenza. Svetta fiero sui suoi 850 metri di altezza, su di un'alta collina che domina l'Appennino e che collocata poco distante dal fiume Ofanto. Il nome deriverebbe dal greco andreia, ανδρεία, ossia "fermezza", "fortezza".

E' molto ben tenuto e la sera, dall'alto del Sacro Monte Airola, si possono godere dei tramonti spettacolari.

Nel corso di un'escursione in questo gradevole centro, ho scoperto una realtà che non conoscevo e che nemmeno di aspetti in questi paesi un po' fuori da tutto il resto e racchiusi in se stessi: la casa-rifugio di Rachele e Angela, dilette figlie dell'andrettese Pasquale Stiso, avvocato, poeta, pittore, sindaco dal suo paese dal 1952 al 1956, consigliere provinciale nel collegio di Calitri dal '56 al '64 nelle fila del partito comunista italiano. Stiso morì prematuramente a 45 anni nel 1968. Un suo ritratto è sull'Eco di Andretta di luglio-dicembre 1998, da pagina 15.

Sul web ci sono varie pagine che riguardano la sua vita e la sua opera.

E dal web ricavo le informazioni che riguardano la casa di Angela e Rachele, le figlie di Stiso, al cui ricordo è dedicata questa struttura, che è stata inaugurata nel 2018, a 50 anni esatti dalla morte di Stiso. La casa a lui appartenuta è stata messa a disposizione del Comune, a condizione che fosse destinata a casa rifugio per donne e bambini vittime di violenza o di qualsiasi forma di discriminazione.



Alcune poesie di Pasquale Stiso

Terra / terra d’Alta Irpinia / estranea / come una matrigna / battuta / da tutti i venti / oppressa / per lunghi mesi dalla neve. / Plaga del Formicoso / desolata / assetata / di corsi d’acqua / e di verde / ove il grano / cresce rachitico / roso dai geli / flagellato dalla tramontana / e il granturco / di settembre / è ancora tenero come il latte. // Terra / terra d’Alta Irpinia / non cantano d’estate / i mietitori / perché il grano / è leggero.

E a volte / accade / che ai miei occhi ti trasformi / non sei più arida / brulla / maledetta / ma ricca di ciliegi / e di meli in fiore / e di vigne / e di turgido grano / e di canti / e di felicità.

L’antico volto

Sono tornato
nella mia terra
d’alta Irpinia
e niente v’è cambiato.
La mia terra
ha ancora
l’antico volto.
È aprile
il sole
è pallido nel cielo
ed il grano novello
è sottile
nei campi
come i fili d’erba.
Anche la gente
della mia terra
conserva
l’antico volto
segnato d’amarezza.
È ancora senza speranza
la mia gente
d’alta Irpinia.

 La terza rima

Amai
Saba ha scritto
del mondo
la più antica rima
di fiore
e amore;
e l’altra
non ha aggiunta:
e di dolore.

Articoli

Pasquale Stiso, il poeta della civiltà contadina

Pasquale Stiso, poeta d'Irpinia

Pensiero meridionalista in Lucania

Il Sud universale di Pasquale Stiso

KAROL WOJTYLA, IL PAPA GREEN CHE INSEGNAVA IL CORAGGIO E LA LIBERTÀ

La figura di Papa Giovanni Paolo II, Santo dal 2014, se non ve ne siete accorti è oggi di grande attualità. I motivi sarebbero diversi, ma ve ne segnalo due che a me sono saltati subito agli occhi. Uno, è perché è stato il Papa più “green” della storia, nel senso che fra poco vi dirò. E due, perché ci ha insegnato a non avere mai paura.

È notorio il grande amore che Wojtila (Wadowice, 1920 – Città del Vaticano, 2005) aveva per la montagna. Ci sono moltissime fotografie della sua vita che lo ritraggono tra le cime più alte tra le quali amava andare, in cerca di un contatto profondo con Dio, dal momento che il Papa polacco era, come è stato già detto in passato, un mistico di prima qualità, oltre che un teologo e un filosofo di grande spessore. Ci sono anche dei video d’epoca che lo riprendono in meditazione o in preghiera tra quelle altissime cime e, sempre, quello che si legge nel suo sguardo e sul suo volto è la gioia profonda e il profondo respiro che quella esperienza gli donava.

L’inquinamento bello tosto esisteva già, ma Greta Thunberg non era ancora nata a ricordarcelo, come non erano ancora nate le tematiche ecologiche e i movimenti dei ragazzini che protestano per un modo ecosostenibile e le emergenze climatiche. Nel panorama dell’informazione nazionale e internazionale, questa ricerca di natura e di Dio veniva rappresentata come una caratteristica della personalità e dello spirito di Giovanni Paolo II. Invece, se consideriamo il nostro presente, era un messaggio futuristico, in linea con i tempi nei quali viviamo. E non solo per le tematiche relative all’ambiente che oggi sono così tanto di moda, ma per il fatto che, con la sua vita ed il suo esempio, Giovanni Paolo II ci ricorda, in questo periodo oscuro di restrizioni alle libertà della persona con la scusa dell’emergenza sanitaria, che non è un “green pass” che ci dona la libertà, ma il Padreterno in persona (per chi, come Wojtyla, ci crede), che ci ha concepito creature libere e libere ci ha creato e che ha per ciascuno un progetto di felicità e di piena realizzazione personale nel mondo.

Come non ricordare la famosa frase in cui Wojtyla raccomandava: «Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro».

Ma prendere in mano la propria vita significa anche andare a testa alta e con cuore aperto nel mondo. «Non abbiate paura!», disse Wojtyla nella sua omelia per l’inizio del pontificato. Era il 22 ottobre 1978. «Spalancate le porte a Cristo!», continuava quel messaggio di speranza valido in ogni tempo. Soprattutto oggi. Un tempo nel quale la paura è diventata strumento di governo e l’emergenza qualcosa di infinito “a beneficio del popolo”.

Karol Wojtyla, uomo di azione e di contemplazione, è andato per tutte le strade del mondo, viaggiando tantissimo, incontrando persone delle più diverse etnie e nazionalità, sempre alla ricerca del volto di Cristo nel prossimo, sempre alla ricerca del dialogo e dell’incontro interculturale e interreligioso.

Wojtyla ha confidato totalmente nella infinita misericordia di Dio e nella intercessione di Maria. Ne abbiamo l’immagine di un uomo vigoroso e prestante, che con la sua possanza ha potuto sobbarcarsi tante imprese e tanti viaggi lontani nel mondo. Ma ne abbiamo anche l’immagine di un uomo fragile e sofferente, quando, negli ultimi anni della sua vita fu colpito da varie malattie, in modo particolare dalla rottura del femore destro, da un tumore al colon, da un’artrosi al ginocchio destro e dal morbo di Parkinson, che ne limitò fortemente i movimenti, anche se non gli impedì di continuare a girare per tutto il mondo, rimanendo lucido fino alla fine. Wojtyla disse che accettava la volontà di Dio che lo aveva voluto Papa.

Giovanni Paolo II è oggi l’esempio di un uomo e di un santo che ci ricorda che la vita e la connessa libertà è un dono, e non una graziosa concessione altrui, e che in ogni epoca della storia non bisogna avere paura, neanche quella legata alle varie emergenze che ogni tanto sbucano sul tragitto della storia, che siamo pretestuose o meno. E ci invita a fare della nostra vita un capolavoro. Ci invita a far fiorire completamente tutte le nostre possibilità.

Cosa c’è di più attuale e universale di un messaggio come quello che egli ci ha lasciato?

Pubblicato su Gli Stati Generali

giovedì 2 settembre 2021

QUEI GIOVANI CHE SDRAIATI NON SONO

Pubblicato su Gli Stati Generali

Chi dissente non è solo censurato, ma additato come nemico pubblico, come untore, come non-persona alla quale non vanno riconosciuti diritti.
Mons. Carlo Maria Viganò



Reclamano il diritto allo studio senza esibire la tessera verde. Hanno già fatto diverse manifestazioni di piazza, aperto canali social sulle più svariate piattaforme, incluso Telegram, scritto lettere ai Rettori delle Università, ma il mainstream (o clero giornalistico, per usare un’espressione cara a Diego Fusaro) li ignora allegramente. Semplicemente, il loro messaggio non passa sui grandi giornali nazionali e tanto meno sulle tv di Stato.

Sono a migliaia, e la loro protesta, che dura ormai da circa un mese, è pacifica, ma ferma.

Sulla loro pagina facebook spiegano:

Discriminare l’accesso agli ambienti dell’Università in base al possesso o meno di un “pass” è un’inaudita divisione in studenti di Serie A e studenti di Serie B, anche sotto il profilo economico, stante la circostanza che gli studenti che non sono in possesso del “green pass” vaccinale dovrebbero (per accedere alle attività universitarie) munirsi di certificazione di tampone negativo ogni 48 ore, con costi a totale carico degli stessi.

Stanno lottando contro chi vuol rubargli il futuro, esprimendo una volontà di controllo senza precedenti. Come dice uno di loro, durante una manifestazione del 28 agosto 2021 che ha portato sulle piazze milanesi 30mila persone:

La Costituzione è il nostro faro nella notte, e noi giovani ci teniamo, perché sappiamo che quella ci può portare fuori da questa oscura notte nella quale noi ormai brancoliamo da quando siamo nati. Nati nella crisi economica, nati in una crisi sociale, nati in un individualismo imperante, noi non accettiamo più questo. Noi vogliamo tornare a vivere nelle Università. Vogliamo la dialettica. Vogliamo tornare nelle piazze.

Noi non stiamo più qua ad accettare questo ricatto infame che ci sta rovinando le vite, che ci leva la spensieratezza. Noi diciamo «basta»: un anno e mezzo di questa situazione non è giustificabile. Vi posso dire che non ho mai visto una partecipazione giovanile come in questo momento.

Su Telegram si sono costituiti diversi gruppi di “Studenti contro il green pass” collegati ai vari atenei ed uniti dalla stessa filosofia: la protesta deve esserci, ma deve essere aliena da ogni forma di violenza.

Gli studenti dell’Università di Bergamo, la città in assoluto più martoriata dalla pandemia, in queste ore hanno inviato una lettera al Rettore, ai docenti e agli organi di stampa. In essa chiedono e si chiedono: Com’è possibile accettare che strumenti sanitari di dubbia efficacia condizionino i principi di apertura, libertà e indipendenza dell’insegnamento universitario?… siamo portati oggi a dubitare dell’utilità scientifica, della legittimità giuridica e della liceità etica di un lasciapassare sanitario formalmente preposto a contenere la diffusione del Covid-19. Questo strumento, infatti, oltre a non garantire la non-contagiosità dei suoi detentori, comporta la discriminazione nei diritti costituzionali in base allo stato di salute e all’assunzione di un prodotto sperimentale (non privo di possibili effetti collaterali gravi) per una malattia ritenuta curabile da sempre più medici con i protocolli farmacologici di terapia domiciliare.

Ci si chiede quale considerazione del concetto di responsabilità abbia realmente oggi chi ci governa, laddove Stato, istituzioni e multinazionali farmaceutiche – ben lungi dall’assumersi la responsabilità delle proprie decisioni politiche e tantomeno i rischi degli effetti avversi da vaccini – li scaricano sul senso civico e sulla “libera scelta” dei cittadini stessi.

Gli Studenti di Ferrara contro il Green Pass su Telegram lamentano il fatto che, nonostante numerose lettere inviate al Rettore della loro Università, non hanno ricevuto la benché minima risposta, mentre negli atenei di Padova e Trieste è richiesto il green pass anche per seguire i corsi e sostenere gli esami a distanza.

Proprio gli studenti di Padova, rispondono al Rettore, che li ha accusati di «usare in modo fantasioso il motto dell’Università»:

La manipolazione dell’informazione fatta dai giornali come “Il Mattino” di Padova e dalle TV distorce continuamente il messaggio del nostro malessere, e così facendo aumenta le incomprensioni sociali – paradossalmente, anziché informare la gente, distorce la realtà, crea pregiudizi e fantasiose, spesso tristi categorizzazioni. Non utilizziamo in modo fantasioso il Motto della nostra Università, bensì lo difendiamo e ci poniamo a rappresentanti degli studenti discriminati da queste politiche della tessera verde, del controllo sociale, dall’obbligo vaccinale anziché la libertà di scelta. Chi è sprovvisto della tessera verde è ormai visto come un pericolo sociale, individuo da emarginare o che in qualche modo possa perdere dei diritti. Ma la cosa triste è che, nel concreto, con un lasciapassare, neppure chi decide di averlo riacquisisce gli stessi diritti di un tempo.

Si sa che ogni epoca ha le sue lotte da sostenere e oggi i giovani ne hanno ingaggiata una per preservare il proprio diritto di scelta ed il diritto all’istruzione ed al proprio futuro libero da condizionamenti, quale dovrebbe essere proprio quello che si costruisce negli ambienti inclusivi dell’istruzione scolastica e universitaria. Nel silenzio che di questi tempi caratterizza il mondo universitario, le legittime istanze degli studenti degli atenei italiani non trovano accoglienza e vengono fatte cadere nel vuoto (come già successo con il discorso pronunciato dalle tre dottoresse dell’Università Normale di Pisa, che hanno denunciato la deriva neoliberista nel sistema dell’istruzione. Il loro discorso ha avuto il plauso dell’opinione pubblica, ma bocche cucite ai piani alti dell’ateneo pisano. Ne abbiamo parlato qui)

Urge, dunque, fare qualche riflessione. Mi attengo sempre al campo della comunicazione, che è il mio principale oggetto di indagine, qui e altrove. Mi attengo anche a poche questioni, perché sull’argomento si dice tutto e il contrario di tutto e ognuno, a quest’ora, si è già fatto la propria opinione.

- La prima riguarda la tenuta di tutta questa enorme pressione pressione psicologica e mediatica che viene fatta sulla popolazione al solo scopo di far vaccinare quanta più gente possibile, minacciando i renitenti (apostrofati sempre col termine denigratorio di “no-vax”) di togliere loro diritti costituzionalmente garantiti come il lavoro, la scuola, la salute. Si condanna la violenza di qualche sporadico facinoroso, ma mai si riflette sulla violenza di tali provvedimenti che, di fatto, escludono dalla società e privano della vita stessa chi si pone qualche domanda ed esercita il proprio sacrosanto diritto di critica. Tralascio le questioni circa l’obbligo surrettizio al vaccino, al fatto che esso non garantisca l’immunità e che lo Stato se ne lava le mani facendo firmare un foglio di consenso informato, perché sono questioni ampiamente note. Ma la domanda è: fino a quando potrà reggere tutto questo?

- La seconda considerazione riguarda il clima di odio sociale che si respira da troppo tempo nel nostro Paese, e che è frutto di una propaganda politica che prende di mira questo o quel capro espiatorio (nel caso di specie chi rifiuta vaccino e green pass) per alimentare contrapposizioni ed esasperare il conflitto sociale. Operazione in parte riuscita, vista la “sindrome di Sarajevo” che si respira nelle chiacchiere con le altre persone e anche sui social, dove tutti sono contro tutti (vaccinati contro non vaccinati) e si auspicano licenziamenti in tronco tra insegnanti e personale sanitario restio a farsi iniettare il siero. Non sfugge ai più che, in piena pandemia, medici e infermieri sono stati in prima linea e molti di loro ci hanno rimesso la vita. L’italiano che presto dimentica, prima li chiamava “eroi”, ora gli dice di “cambiare mestiere”. Il gioco della politica è così pienamente raggiunto: invece di individuare il nemico nelle inadempienze dei potenti e nei tagli durati decenni, si addita a responsabile della catastrofe questo o quel gruppo sociale che non si piega ai dictat del sistema. Lo scarico è sui lavoratori (vaccinati o non vaccinati), ai quali si sottraggono sempre più diritti e parola. Alla faccia del “saremo migliori”. Il potere se ne infischia delle tragedie, anzi, in certe occasioni diventa anche più cattivo e la storia lo insegna.

- La terza questione è quella che in questo momento mi sta più a cuore e riguarda i nuovi movimenti che stanno attraversando la società ed il ruolo dei giovani. È in gioco la stessa tenuta democratica della società ed ogni forma di dissenso espresso civilmente andrebbe compreso per garantire quella tenuta. Dall’altra parte, invece, c’è un muro di gomma. C’è invece un totale scollamento dalle istanze legittime delle persone da parte dei “palazzi”, proni ad interessi di bottega ai quali sacrificare il benessere individuale e collettivo. In tutto ciò, l’informazione non ne esce molto bene, viste le gravi omissioni e manipolazione delle informazioni alle quali assistiamo da due anni a questa parte. Ma se c’è qualcosa di positivo in tutto questo è proprio una presa di consapevolezza ed uno scatto di orgoglio da parte di molti, e tra questi soprattutto i giovani. Mentre il mainstream continua ad ignorarli, io li guardo con curiosità e ammirazione. Per anni una squallida narrazione li ha descritti come “bamboccioni” e “sdraiati”. Per anni sono stati narcotizzati dalla tv spazzatura che rifila allo spettatore trasmissioni trash e bassezze di ogni tipo. Per anni sono stati preda degli influencer di turno, interessati a vendere loro prodotti costosi e inutili (vedi l’ultima moda dello smalto, dei trucchi e delle borsette ai maschi, dietro la quale si nasconde la voglia di raddoppiare i profitti da parte delle case produttrici). Per anni sono stati vittime inconsapevoli di una scuola ispirata al modello neoliberista basato su vuote competenze e sulla fregatura dei test Invalsi, che non sviluppano il senso critico e la capacità di analisi degli studenti, ma inculcano delle nozioni mnemoniche e scollegate fra loro.

Perché chi non pensa e non analizza è più facile da manipolare. E per anni il sistema neoliberista, ispirato a principi di mercato, ha cercato di fare dei giovani esseri non pensanti e infelici.

E invece, sapete qual è la sorpresa? Che per una sorta di chissà quale miracolo, questi giovani hanno invece imparato ad ascoltare, a riflettere, a interrogarsi e quindi ad analizzare criticamente la realtà.

Voi politici globalisti e proprietari di multinazionali non lo avreste detto, vero? Avete un solo merito: la vostra arrogante smania di limitare la libertà altrui e di trattarci come cretini ha riempito le piazze proprio contro di voi. Le lotte non sono mai facili e questa è una storia ancora tutta da scrivere.

INVENTORI DI MALATTIE, UN ECCEZIONALE DOCUMENTARIO RAI. PARLA ANCHE DI PFIZER

 

Lettori fissi