giovedì 8 dicembre 2016

LA SOCIETA' CHE NON ASCOLTA

Molti nemici molto onore? Forse: ma troppi nemici sconfitta certa, anche per gli errori di fondo di cui ho già scritto su giovani e riforma della scuola (che considero i vizi capitali), per la difficoltà del paese a incrociare la ripresa economica, e per la questione delle banche, un veleno che ha corroso molto consenso, oltre a gambizzare la figura più forte del renzismo dopo il premier. (ENRICO MENTANA)

Famiglia vuol dire comunità: vuol dire relazione non permeabile dal nesso mercantile, vuol dire solidarietà e gratuità, donatività e altruismo, negazione dell'individualismo oggi imperante. Per questo il capitale mira a distruggere la famiglia: esso non tollera comunità e vuole vedere ovunque sempre e solo atomi consumistici. Nell’odierna “notte del mondo” (Heidegger) del monoteismo del mercato e del fanatismo dell’economia, la famiglia, ove ancora esista, costituisce un’eroica forma di resistenza all’esiziale dialettica di sviluppo del capitalismo. Finché vi è famiglia, vi è comunità: e finché vi è comunità, vi è speranza. (DIEGO FUSARO)


Siamo immersi nella società che non ascolta e pretende di imporre la propria visione del mondo e della vita. Basta vedere un confronto televisivo come quello di ieri sera su LA7: il filosofo torinese Diego Fusaro, nel tentativo di esplicitare un concetto, è stato ripetutamente interrotto dal giornalista David Parenzo.
Viviamo nella società dove, nei luoghi di lavoro, c'è sempre quello che vuole emergere su tutti e racimolare incarichi a destra e a manca.
Nell'era in cui i clandestini reclamano per i tablet ed invadono i parcheggi a pagamento per farsi dare altri soldi (dopo che uno a già pagato). Comoda la scusa di essere razzisti, per mandare avanti questo becero sistema di... "accoglienza".
Viviamo nell'era del capitalismo imperante e dell'unità europea fondata sulla moneta delle banche. Nonché sul disprezzo e il dileggio nei confronti di chi dice NO: "Perché non ha capito niente".
Quando vuoi distruggere il nemico lo devi tacciare di ignoranza e incompetenza. Ma questo giochetto lo fanno solo gli incompetenti. Quelli che non argomentano. Quelli che buttano tutto sul personale. E aggrediscono verbalmente l'altro. Proprio perché sono in difetto.

Al referendum costituzionale ha vinto il NO con il70% delle preferenze. Gran parte delle quali espresse proprio nei luoghi roccaforte del PD.
In questi tristi tempi di  "monoteismo del mercato e fanatismo dell’economia", in cui i lavoratori vengono retribuiti con i voucher e gli studenti devono lavorare gratis per le grosse multinazionali, il popolo, sempre sottovalutato da chi non ascolta e si rinchiude nei proprio autoreferenziali privilegi, dimostra che è stato tolto il futuro, ma non ancora la capacità di pensare. 
Non è poco.
In questi tempi tristi, di strapotere delle banche, di diktat europei, di leggi capitalistiche imposte alla maggiornaza delle persone normali, andrebbe rivalutato il pensiero di una grande filosofa tedesca.
EDITH STEIN diceva che il principale attributo dello Stato è la sua sovranità. Quando questa è tolta o viene a mancare per una serie di ragioni (elencate nel suo libro "Una ricerca sullo Stato"), lo Stato è vittima dello smembramento e della sua fine.
Una riflessione quanto mai attuale oggi, venuta da una pensatrice vissuta ai tempi del totalitarismo nazista e vittima sacrificale nel campo di concentramento di  Auschwitz, il 9 agosto 1942.

martedì 6 dicembre 2016

FUSARO: LA BUONA SCUOLA E' QUELLA DI GIOVANNI GENTILE


Si può certo dire quel che si vuole di Giovanni Gentile, criticarlo a fondo sia politicamente sia filosoficamente: mostrare i suoi errori nelle scelte politiche, evidenziare i suoi limiti nella pur grande e originale “riforma” che egli tentò della dialettica di Hegel. Come tutti i grandi pensatori, anche Gentile, pensando in grande, commise anche grandi errori. Gentile resta un grande, nonostante la sua adesione al fascismo.
Resta, poi, il fatto che, oltre a essere, con Gramsci, il più grande pensatore italiano del Novecento, Gentile ci ha lasciato un dono meraviglioso, per il quale dovremmo essergli eternamente grati: il Liceo classico. Come spesso accade, ci si accorge dell’importanza di una realtà a cui siamo abituati solo allorché essa comincia a venire meno, come accade quando manca l’aria: così è per il Liceo classico, la migliore scuola del mondo, concepita dal Gentile ministro dell’Istruzione, fautore della migliore riforma della scuola di cui il nostro Paese abbia ad oggi beneficiato; riforma, certo, discutibile finché si vuole, se si considera che già Gramsci, non senza buone ragioni, la accusava di classismo. Riforma discutibile finché si vuole, sì, ma pur sempre la migliore di cui questo Paese abbia beneficiato.
Resta, d’altro canto, il fatto che il Liceo classico ha reso possibile la superiorità culturale di intere generazioni di liceali italiani rispetto ai loro coetanei di tutto il mondo (provate ad andare in Germania o in Francia per accorgervene). Con l’insegnamento del latino e del greco, ma poi anche con il nobile progetto di formare uomini in senso pieno, unendo tra loro la paideia greca, la raison illuministica e la Bildung romantica, il liceo classico ideato da Gentile resta un unicum nel panorama mondiale e oggi, possiamo dirlo, una vera e propria forma di resistenza al generalizzato “cretinismo economico” (Gramsci) che la cosiddetta mondializzazione sta esportando in ogni angolo del pianeta: cretinismo in forza del quale sempre meno si pensa e sempre più si calcola, in un desolante paesaggio in cui il greco e il latino, la filosofia e l’arte sono liquidati come “inutili” (sic!) dalla stolida ragione calcolatoria che pretende di essere la sola sorgente di senso. Noto, per inciso, che in Spagna hanno già, nei licei, sostituito la filosofia con la finanza!
Il grande dono che Giovanni Gentile ci ha lasciato è ciò che oggi gli “specialisti senza intelligenza” (Weber) dei nuovi governi di centro-destra e di centro-sinistra stanno distruggendo: il latino e il greco, la storia dell’arte e della letteratura saranno presto sostituiti dall’inglese e dalla finanza, dal management e dall’impresa. La barbarie è alle porte e si presenta, con tono rassicurante, come “Buona Scuola“, proprio come i bombardamenti si chiamano “missioni di pace” e i colpi di stato finanziari si chiamano “governi tecnici”. Orwell era un dilettante: la realtà ha superato la fantasia, facendo apparire normale e plausibile l’inimmaginabile. La barbarie oggi imperante impone di valutare tutto sulla base del solo criterio dell’utilità, alla cui luce la filosofia e l’arte, la teologia e la storia risultano, evidentemente, indegne di essere coltivate e studiate. La stupidità non ha limiti.
Stiamo, in effetti, assistendo alla distruzione pianificata del liceo e dell’università, tramite quelle riforme interscambiabili di governi di destra e di sinistra che, smantellando le acquisizioni della riforma della scuola di Gentile del 1923, hanno conformato – sempre in nome del progresso, della modernizzazione e del superamento delle antiquate forme borghesi – l’istruzione al paradigma dell’azienda e dell’impresa (debiti e crediti, presidi managers, informatica e inglese in luogo del latino e del greco, e mille altre amenità coerenti con la ristrutturazione capitalistica della scuola). La situazione è, davvero, tragica ma non seria.
Anche un bambino si può accorgere di come i continui tagli dei finanziamenti destinati alla cultura (o, in forma complementare, il foraggiamento a flusso continuo delle eterogenee forme dell’ “idiotismo specialistico”) rispondono essi stessi a un programma politico opportunamente mascherato dietro le leggi anonime dell’economia.
Il silenziamento di ogni prospettiva critica viene oggi ottenuto non più tramite il ricorso alla violenza nelle sue forme dirette e plateali, dal rogo di Bruno e di Vanini alle torture dei non ortodossi di ogni tempo, bensì tramite la rimozione delle risorse necessarie per sopravvivere: vale a dire secondo un modo che – cifra della violenza come categoria economica immanente del capitalismo – rende in larga parte invisibile tanto l’azione dei carnefici quanto la sofferenza delle vittime. Il potere nichilistico della finanza e del capitale deve tagliare ogni testa pensante, sostituendola con il cretinismo economico delle teste calcolanti: la distruzione del liceo classico è una tappa fondamentale di questo criminale processo oggi in corso.
Il capitale non vuole vedere tese pensanti, esseri umani dotati di identità culturale e di spessore critico, consapevoli delle loro radici e della falsità del tempo presente: vuole vedere ovunque il medesimo, cioè atomi di consumo senza identità e senza cultura, in grado di parlare unicamente l’inglese dei mercati e della finanza.

DIEGO FUSARO

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