giovedì 30 luglio 2020

GUNTER ANDERS, SOFFOCARE LA RIVOLTA CON LA PERSUASIONE




Per soffocare in anticipo ogni rivolta, non bisogna essere violenti.
I metodi del genere di Hitler sono superati. 
Basta creare un condizionamento collettivo così potente che l'idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più alla mente degli uomini.
L' ideale sarebbe quello di formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità biologiche innate.
In secondo luogo, si continuerebbe il condizionamento riducendo drasticamente l'istruzione, per
riportarla ad una forma di inserimento professionale.
Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni mediocri, meno può rivoltarsi.
Bisogna fare in modo che l'accesso al sapere diventi sempre più difficile e elitario. 
Il divario tra il popolo e la scienza, che l'informazione destinata al grande pubblico sia anestetizzata da qualsiasi contenuto sovversivo.
Niente filosofia.
Anche in questo caso bisogna usare la persuasione e non la violenza diretta: si diffonderanno massicciamente, attraverso la televisione, divertimenti che adulano sempre l'emotività o l'istintivo.
Affronteremo gli spiriti con ciò che è futile e giocoso.
E' buono, in chiacchiere e musica incessante, impedire allo spirito di pensare.
Metteremo la sessualità al primo posto degli interessi umani.
Come tranquillante sociale, non c'è niente di meglio.
In generale si farà in modo di bandire la serietà dell'esistenza, di ridicolizzare tutto ciò che ha un valore elevato, di mantenere una costante apologia della leggerezza; in modo che l'euforia della pubblicità diventi lo standard della felicità umana.
E il modello della libertà.
Il condizionamento produrrà così da sé tale integrazione,
che l'unica paura, che dovrà essere mantenuta, sarà quella di essere esclusi dal sistema e quindi di non poter più accedere alle condizioni necessarie alla felicità.
L' uomo di massa, così prodotto, deve essere trattato come quello che è: un vitello, e deve essere monitorato come deve essere un gregge.
Tutto ciò che permette di far addormentare la sua lucidità è un bene sociale, il che metterebbe a repentaglio il suo risveglio deve essere ridicolizzato, soffocato, Ogni dottrina che mette in discussione il sistema deve prima essere designata come sovversiva e terrorista e coloro che la sostengono dovranno poi essere trattati come tali.


Gunther Anders, L'uomo è antiquato, 1956

mercoledì 22 luglio 2020

LUCIA SERVADIA BONARIDA, PRIMA DONNA MEDICO DELLA COMUNITA' EBRAICA IN ITALIA

Lucia Servadio Benarida era nata a Ancona il 17/7/1900, si laurea in Medicina e Chirurgia a Roma nel 1922 a soli 23 anni con 110 e lode. E' stata la prima medica della comunità ebraica in Italia, sposa l'anno dopo la laurea Nicola Benarida medico che diventerà docente universitario e lavorerà all'Ospedale civile di Vasto. In questi anni Lucia affianca soprattutto il marito in laboratorio e in camera chirurgica. Nel 1939 con le leggi razziali lui perde la cattedra. Lasciano entrambi l'Italia con due figlie dopo pochi anni nascerà una terza. sono diretti a Tangeri dove si trasferiscono lui chiamato a dirigere una clinica privata. La città marocchina è un protettorato internazionale dove è possibile risiedere e esercitare professioni senza bisogno di visti. Lucia aprirà il suo ambulatorio dando cura per 40 anni alle donne marocchine, alcune che non avevano mai visto un medico prima di lei. Più avanti negli anni rimasta sola lavorerà anche in collaborazioni con il Ministero della salute marocchino. A 80 anni Lucia chiude la sua carriera medica, avendo fino all'ultimo pazienti in cura. Si trasferirà in USA e morirà nel 2006 a 106 anni. Un libro con fotografie è stato scritto su di lei dalla giornalista Olivia Fincato nel 2005 e con il quale è stata creata una mostra itinerante. Dall' intervista pubblicata sul libro: "Con orgoglio posso affermare di non aver mai considerato la medicina come un mestiere per fare denaro e diventare ricca, ma come uno studio continuo per perfezionare la mia conoscenza e aumentare la mia capacità di curare chi, in cerca di aiuto, a me ricorreva."

martedì 21 luglio 2020

LA PANDEMIA E IL FALLIMENTO DI VENTI ANNI DI POLITICHE SCOLASTICHE

Mentre presidi e componenti di staff di presidenza sono ancora in affanno per cercare spazio e soluzioni utili all’avvio del prossimo anno scolastico, al quale manca poco più di un mese; e mentre i sindacati tutti, Anci, Upi e Cgil in testa, ricordano alla ministra Azzolina che le condizioni per un ritorno nelle aule a settembre non ci sono, per cui sarebbe più saggio far slittare la riapertura ad ottobre, lei, la Azzolina, ripete come un disco che il 14 settembre la scuola riapre su tutto il territorio nazionale ed in condizioni di sicurezza.
Le crisi, e le pandemie, hanno, nella loro drammaticità, il pregio di far emergere criticità e ritardi e, nel caso di specie, tutta le fallimentari politiche di governo succedutesi nel tempo che hanno privato di risorse, significato e valore il welfare ed i beni pubblici. Prima smantellando la sanità, poi la scuola pubblica. Privata sempre più di spazi e organici, assoggettata a tagli forsennati di cui hanno fatto le spese varie discipline, fagocitata da valutazioni standardizzate atte a mandare avanti un carrozzone che ogni anno costa milioni di euro e non produce le competenze di cui tanto si riempie la bocca, infine appesantita da inutili quanto dannosi fardelli burocratici che hanno sottratto tempo prezioso alla didattica ed alla cura delle relazioni scuola-famiglia (questo, alla fine, il fallimento più grande di certa politica e di un enorme stuolo di burocrati che forse devono riempire di significato il loro lavoro e le loro giornate), la scuola italiana ha resistito solo per la buona volontà, la preparazione e la capacità di resilienza del suo corpo docente. Sempre più tartassato da una gestione verticistica della scuola, nella quale il rapporto di collaborazione tra capi e lavoratori della cultura si andava sempre più assottigliando, mortificato dalla perdita di potere economico e di contrattazione, il corpo docente ha lottato e lotta ancora ma è sempre più sfiduciato, a fronte di una deriva culturale gravissima e senza precedenti e della perdita di considerazione di cui ormai da anni è vittima nel contesto sociale. Nel particolare momento storico che viviamo la deriva è ormai evidente ed è frutto di vent’anni di tagli e politiche scellerate che hanno avuto al centro la scuola. Basti vedere a che livello di analfabetismo di ritorno siamo tra gli adulti, alle difficoltà espressive di molti ragazzi, alla scarsa conoscenza che essi dell’italiano e non parliamo poi di una seconda lingua, ai deficit di attenzione, alla loro estraneità allo studio ed alla mancanza di competenze che “ci chiede l’Europa”.
Mentre, come è stato notato, il ministro dell’Università Manfredi brilla per la sua assenza, alla ministra Azzolina, ribattezzata sui social “miss rossetto”, piace molto esporsi in tv e sui social, usando volta per volta una comunicazione diversificata che però non le ha attirato le simpatie del corpo docente o la fiducia di famiglie, lavoratori della scuola e forze politiche circa una sua auspicata autorevolezza e competenza. Anzi. L’ultima dichiarazione è della Santanché: «L’unico pregio è che è donna. Per il resto è un’incapace: ogni volta che parla, spara solo supercazzole. La piantasse allora di tirare in ballo la questione femminile: così fa un danno alle altre donne, le fa sembrare tutte incapaci, tirandole verso il basso, al suo livello.»
Passiamo disinvoltamente dal burocratese delle “rime buccali” alla narrazione del suo periodo come sindacalista e la sua esperienza come docente di scuola (non molta, per la verità), fino al presunto sessismo e complottismo che lei troverebbe in chi la accusa di incompetenza per il semplice fatto di essere “donna e giovane”.
In tutto ciò, si preannuncia un settembre che lascerà l’amaro in bocca a molte persone: alle famiglie, agli studenti, ai docenti, ai precari. Ma l’importante è non scrollarsi mai di dosso i toni di propaganda trionfalistici, come quelli che hanno accompagnato il presunto successo della didattica a distanza, presentata come la grande invenzione del secolo e di cui invece tutti gli utilizzatori, da una parte e dall’altra, hanno conosciuto i grandi limiti ed il disagio che ha portato, più che arginarlo.
Spiace dirlo, ma una politica che non ha mai avuto visione sui settori dell’istruzione e della cultura è una politica perdente e destinata a produrre un Paese che affonda. Del resto, certa classe dirigente nuova e rampante è, appunto, il prodotto di quella scuola non-scuola, che si è riempita la bocca di proclami e di slogan in stile aziendalistico (“competenze”, “offerta formativa”, “successo formativo”), funzionale all’utilità politica di questo o quel partito, di questa o quella corrente. La verità: a chi volete che interessino i giovani, le famiglie, i docenti?
Foto tratta da Varesenoi.  La ministra Azzolina è stata contestata all’uscita del Liceo D’Azeglio di Torino, dove si è recata il 18 luglio 2020 per rassicurare circa l’apertura delle scuole il 14 settembre.

mercoledì 15 luglio 2020

DESCRIZIONE BENEVENTANA



La città solitaria. Le rare auto che la attraversano. È ancora freddo in queste sere di inizio marzo e non riesco ancora a liberarmi della giacca in montone che tiene caldo d’inverno. Cammino nel buio della sera, gustandomi il silenzio irreale e le luci che ad un tratto accendono il Duomo cittadino. Una voce maschile accompagna le immagini che parlano di storie del Vangelo, ed i quadri si susseguono in maniera geometrica sull’imponente facciata dell’edificio sacro. Mentre lo sguardo è attirato dalla traiettoria che scende verso Corso Dante, con i suoi graziosi giardini, quasi immersi nel centro cittadino ma, al tempo stesso, in un angolo discreto e silente della città.


Il selciato del parcheggio di Piazza Orsini è sconnesso. L’area è chiusa da grossi vasi di fiori in pietra. Mi avvio all’interno del cortile di Palazzo dell’Aquila e lì, nella sera silente, mi appresto ad imboccare le scale che portano al ballatoio che immette in un salotto culturale cittadino. Uno spazio, un “labus” per addetti ai lavori e appassionati. Un luogo di sperimentazione e di aggregazione. Ed entro.
Sembra di stare in un locale alla moda di una qualche capitale europea.
Invece no. Siamo nella nostra piccola e provinciale città.
Giovani carichi di vita stanno festeggiando il compleanno di questo mini cinema cittadino, dove, seduti in poltrona, si gustano delle proiezioni accompagnate da lezioni. La musica è molto bella, l’arredamento vintage e colorato, i giovani belli e simpatici. Drink, chiacchiere, risate in terrazza e nello spazio all’interno, caldo e accogliente.
Di fronte, uscendo, la statua di Papa Orsini ed il profilo lungo del Duomo cittadino. Questo scorcio romantico, visibile uscendo dal Palazzo dell’Aquila, forse avrebbe bisogno della luce soffusa di una falce di luna.
La notte si fa attraversare. Il fiume scorre assai placido sotto il suo illustre ponte. Non ci sono stelle in cielo. L’inverno sembra davvero interminabile. Accompagna i miei passi il riflesso di luce azzurra che sale dalla facciata della Basilica mariana in fondo al Viale San Lorenzo. La città delle streghe è anche santa e devota.
La sera mi avvolge con la sua benevolenza e fa sfumare anche l’immagine dei soprusi e dell’arroganza di un capo, odioso come lo sono tutti i capi. Soprattutto se vengono dal niente e si sentono promossi se, con arrivismo e arroganza, acquisiscono una leadership. No: la vita non può essere questa immonda perdita di tempo in discussioni tanto oziose quanto inutili. E non può essere questo rubare la vita degli altri, rubando l’altrui preziosissimo tempo, perché qualcuno che ha rincorso le sue belle carriere ha eroso il tempo della sua vita, invidiando chi lo dedica a vivere.



MARZO 2019

domenica 12 luglio 2020

I VENTI ANNI DEL MUSEO DEL CINEMA DI TORINO E QUALCHE RIFLESSIONE

Tra le cose più belle che, paradossalmente, il lockdown ci ha fatto riscoprire, c’è il cinema. La dimensione di sogno che esprime ed il piacere delle poltroncine e del maxi schermo delle sale cinematografiche. In molti, un po’ per cercare un diversivo, un po’ per supplire alla mancanza di accesso alle sale, hanno cominciato a farsi una cultura cinematografica ed anche il consumo di Netflix è aumentato soprattutto tra i più giovani.
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