Ho trovato questa testimonianza molto interessante, ve ne propongo alcune parti:
"La mia prima grande fuga all’estero é avvenuta tramite uno scambio scolastico, quando avevo 16 anni.
Nonostante Intercultura selezioni solo gli studenti in grado di
‘nuotare’ in un mare più vasto di quello familiare, studi la
collocazione nella famiglia ospitante e nella scuola pubblica, prepari a
vivere con animo aperto l’esperienza che si farà, affianchi lo
studente, al ritorno, nel recuperare il passo con la famiglia, gli
amici, la scuola di origine… ciò non toglie che lo choc culturale possa
essere forte.
Vivere in una famiglia locale non é semplice: noi giovani italiani
cresciamo nella bambagia, coccolati e viziati dai nostri genitori, e non
appena mettiamo piede oltralpe scopriamo un mondo fatto di ragazzi
indipendenti ed emancipati. E cosí ci si deve adattare e non importa
quale sia il paese di destinazione: dal sud America all’Egitto, i
ragazzi devono trovare dentro di sé la forza di adattarsi, di
comprendere e di accettare le nuove regole e abitudini delle famiglie in
cui vivono. E questo fa necessariamente crescere. Il problema non è
diventare adulti: tutti ci riescono. La sfida è diventare uomini e
donne. C’è chi cresce rimanendo attaccato alla visione del mondo che gli
hanno trasmesso la famiglia, la scuola, i giornali, gli amici: la
ritiene l’unica buona e la difende con aggressività. C’è chi cerca di
guardare il mondo negli occhi: trova sicurezza nel confrontarsi con
stili di vita e di pensiero diversi, é a suo agio di fronte a chiunque,
in ogni situazione. Diventerà adulto; certamente è già un uomo.
La mia esperienza negli Stati Uniti é stata
semplicemente formidabile: abitavo in una cittadina che sembrava uscita
da un libro di fiabe, con tanto di orsetti lavatori e cerbiatti nel
giardino sul retro; in una tipica famiglia americana che mi ha accolta
come una figlia e una sorella, e ancora mi fa sentire tale; e
frequentavo l’ultimo anno della High School locale, il che mi ha
permesso di partecipare ai vari balli della scuola, soprattutto al Prom,
che é il ballo di fine anno riservato agli studenti dell’ultimo anno, e
alla cerimonia dei diplomi.
Negli Stati Uniti ho scoperto di essere famosa, di
essere stata inclusa automaticamente nella cerchia dei “fighi” della
scuola, e questo solo perché ero italiana e facevo sport. Proprio lo
sport in America è una forte componente della vita sociale dei ragazzi, e
io non mi sono lasciata scappare la possibilità di praticare il mio
sport (pallavolo), ma anche di provarne di nuovi (basket e softball) pur
di rimanere in quel ambiente così bello e accogliente. A livello
scolastico poi ho accumulato successi su successi: sarebbe ingiusto dire
che la scuola americana è più facile di quella italiana, perché basata
su un sistema diverso: specialmente per gli exchange students c’è molta
libertà, e si possono scegliere sia le materie da studiare, che il
livello di queste. Sicuramente è stato un bel cambiamento dal nostro
rigido sistema italiano.
L’impatto che questa esperienza ha avuto sulla mia vita é stato
devastante: da aspirante medico che sono partita, sono finita poi a
iscrivermi alla facoltá di Scienze Politiche, corso di laurea in
“Scienze Internazionali e Istituzioni Europee”. Ed é stato proprio
grazie a quest’esperienza che é nata in me la voglia di viaggiare e
vivere all’estero, per scoprire e conoscere paesi nuovi, e nuovi aspetti
di me stessa".