giovedì 25 gennaio 2024

IL PRIMO MASSONE D'ITALIA: ANTONIO COCCHI

Il primo massone d’Italia. Antonio Cocchi, mugellano per rivendicazione, beneventano per caso/ Il Sannio

(Grande Oriente) - La famiglia Cocchi era già presente in Borgo San Lorenzo (FI) nella prima metà del `500: un suo avo era il dottor Giovanbattista Cocchi, cancelliere podestarile.

Antonio, nacque casualmente a Benevento il 3 agosto 1695 giacché il padre Diacinto, notabile e funzionario nell’amministrazione del Granduca Cosimo III° de’ Medici, incaricato della gestione dei beni di Falco Rinuccini nobile fiorentino e marchese di Baselice, fu trasferito nella nostra città con la moglie Beatrice Bianchi di Baselice.

Tornati poco dopo in Toscana, i Cocchi iscrissero il figlio alla scuola degli Scolopi di Firenze, e Antonio iniziò quella lunga strada di scienziato, medico, antiquario, botanico, filosofo, che lo portò in tutta Italia e in diversi paesi europei come Inghilterra, Francia, Svizzera, Olanda e Germania.

Fortemente legato alla sua terra d’origine si firmò “Mugellano” da quando, iscritto nei moli dell’Ateneo di Pisa, aveva rivendicato le sue origini fiorentine. Il monogramma personale infatti mostra una M di Mugellano capovolta e una A di Antonio in essa incastonata. Di eclettica formazione e di poliedrica attività fu membro dell’Accademia della Crusca, fermo assertore di una scienza laica e libera, versatile letterato e anche massone. 

Tra le sue molte opere ci occupiamo delle “Effemeridi”, il diario privato di Antonio Cocchi: sono contenuti appunti informali su disparati argomenti, in molte lingue antiche e moderne, con numerosi segni e disegni.

Nei 103 quaderni manoscritti autografi donati dagli eredi alla Biblioteca biomedica dell’Università degli studi di Firenze (un tempo Biblioteca dell’Ospedale di Santa Maria Nuova in Firenze) Cocchi racconta la sua vita dal 1722 al 1757 con dovizia di particolari: elenca le persone incontrate, i luoghi visitati, i libri e i codici manoscritti posseduti, i malati curati, le entrate e le uscite della cassa personale, quasi sempre vuota. Ne emerge uno spaccato assai interessante, che fa delle “Effemeridi” una testimonianza importante per la ricostruzione storica della medicina, della biblioteconomia, della filosofia, della politica, dell’arte e della letteratura del Settecento toscano. In una recensione del libro “Quaderno di cultura” degli autori Selvaggio e Pace, edito dalla Associazione Storica del medio Voltumo, Monica Longo parla della Massoneria in area sannita, territorio periferico, interno eppure, caratterizzato da feconde tradizioni esoteriche e stregonerie, accende curiosità grazie a spunti e particolari inediti. Come il nome e le generalità del primo massone principiato in Italia: Antonio Cocchi, nato a Benevento nel 1695, illustre clinico medico dell’Università di Pisa, avviato nella Loggia degli Inglesi di Firenze nel 1732. Primo massone iniziato in Italia, specifica Nicola Di Modugno nella postfazione, ma non primo massone italiano in quanto il primato è del violinista lucchese Francesco Saverio Geminiani, iniziato a Londra nel 1725.

Nell’articolo della Longo si fa riferimento a eventi singolari. C’è una significativa fetta di Sannio nella massoneria italiana. Il professore Di Modugno, storico della massoneria, riporta tra gli altri succosi aneddoti, quello riguardante Padre Pio e Raffaele De Caro. De Caro, nato a Benevento il 1883, iniziato nel 1911, insignito del grado di Maestro un anno dopo, deputato al parlamento, firmatario del Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce, “nel 1957 ebbe un malore e, ritenendo vicina la sua morte, chiese a Guido (Guido De Caro, nipote e figlio adottivo di Raffaele, iniziato presso la Reale Loggia Manfredi di Benevento, di cui fu successivamente Maestro Venerabile) di recarsi a San Giovanni Rotondo a pregare Padre Pio, di cui era intimo amico fin dalla adolescenza, di venire a Benevento a dargli l’estrema unzione. Guido — si legge nella ricostruzione di Di Modugno — partì con l’autista da Benevento a mezzanotte e giunse a San Giovanni Rotondo alle quattro di mattina”. Padre Pio lo rassicurò e lo invitò a prendere la via del ritorno: “Vedrai Guido —gli disse — quando arriverai a Benevento lo troverai di nuovo bene”.

E così fu…La storia della Massoneria è stata attraversata da condanne, sospetti e pregiudizi; da corporazione di maestri d’opera diventa un corpo speculativo, ciò nondimeno è importante non dimenticare il suo contributo di matrice illuministica anticipando concetti quali la libertà, l’uguaglianza, la fraternità, la tolleranza religiosa, la dignità individuale, il libero pensiero. Nei confronti del personaggio mugellano, la Chiesa non poté fare a meno di riconoscere la sua vivida intelligenza e la sua profonda cultura. La storia ci ricorda tuttavia che Benevento è stata un’enclave dello Stato Pontificio all’interno del Regno di Napoli dal IX secolo al 1860, e quindi ad Antonio Cocchi, oggetto di attenzione del Tribunale dell’Inquisizione in quanto massone, è stata dedicata una strada Giuseppe Patrevita disabitata con solo tre numeri civici, di cui due con vetrina chiusa di negozio di abbigliamento. Di fronte al banco di Napoli al Corso Garibaldi c’è una stradina angusta di meno di cento metri che sbocca a Piazza Roma. E Via Antonio Cocchi tra il Palazzo dell’Aquila Bosco Lucarelli del XX secolo e lo splendido palazzo Collenea-Isernia appartenente al nobilato locale.

Un’ulteriore sberla al mugellano beneventano è assestata da Google Maps e Street View: si inquadra la lapide intitolata ad Antonio Cocchi ma a terra è evidente la scritta Via Odofredo, giurista di Bologna (1200-1265). Che dire…? Ci troviamo di fronte all’inconoscibilità del reale di cui ognuno può dare una propria interpretazione ma che può non coincidere con quella degli altri.

Così è la vita… E così è se vi pare. (A cura dell’Archeoclub di Benevento)

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