domenica 4 febbraio 2024

FAUSTA CIALENTE: LA RICCA CULTURA LEVANTINA

Straniera, o distaccata, mi sentivo anche in Egitto, e non poteva essere altrimenti benché il paese e la vita che facevo mi piacessero. Avevo buoni rapporti con la mia nuova famiglia israelita nonostante avessero quasi tutti aderito sentimentalmente al fascismo, fin quando la persecuzione contro gli ebrei, con la sua rude scossa li costrinse ad aprire gli occhi e il cervello. A mia suocera, finché era vissuta, avevo voluto molto bene; era una donna incolta ma gran signora, intelligente e generosa, che tendeva però a comandare energicamente sui figli e sulle figlie, e a tutti mi preferiva perché la rispettavo e le obbedivo; con grande tenerezza mi occupavo della mia bambina er ero felice quando mia madre veniva a trascorrere qualche mese nelle ville che abitavamo nei quartieri residenziali lungo il mare, circondate da giardini verdi e fioriti in tutte le stagioni. Ricordo il suo stupore nel vedere come la vita intellettuale fosse in quegli anni vivace e diffusa in Levante. Il teatro francese e inglese veniva regolarmente, e così le grandi orchestre e i grandi solisti; ogni stagione ci recava qualcosa di nuovo o di attraente, la Palestina ci mandava il famoso complesso teatrale dell’”Habima” col Dibbuk, il Golem, il Re David, l’Uriel Acosta, e benché non conoscessi affatto l’ebraico non perdevo nessuna di quelle straordinarie rappresentazioni; e lo stesso mi accadeva col teatro greco e i suoi prestigiosi attori.

 

Le quattro ragazze Wieselberger, Club degli Editori, Milano 1976, pp. 211-212

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