lunedì 9 novembre 2020

NEGLI USA VINCE LA DEMOCRAZIA, MA NON E’ IL 25 APRILE

Pier Franco Quaglieni

C’è stato un forte confronto democratico vinto da un democratico sincero.

L’azzardo del mandato presidenziale Trump che si chiude in modo miserevole, ha dimostrato le capacità di resistenza della democrazia americana, fatta di pesi e contrappesi, come diceva Tocqueville. Anche il ciclone Trump non è riuscito a diminuire il valore e la forza della democrazia americana. Trump ha tentato in tutti i modi di scardinarla e di compromettere la stessa pace mondiale con atti dissennati , ma paradossalmente le sue scelte smargiasse e avventuriste in politica estera hanno  invece garantito una pace che altri presidenti non sono riusciti a preservare. Ha inoltre rilanciato un’economia stagnante in un grave momento di recessione, limitando la concorrenza cinese e la stessa collaborazione con l’Europa che Trump ha visto in chiave concorrenziale e conflittuale, mettendo a rischio la stessa alleanza  atlantica. E’ stato un uomo rozzo, grossolano, persino violento. Se consideriamo che è stato a capo degli Stati Uniti per quattro anni, c’è da rimanere piacevolmente stupiti che non sia riuscito a provocare i disastri internazionali che avrebbe avuto la possibilità di determinare. E‘ stato il volto arcigno  di un liberismo aggressivo ed illiberale  che comunque piace e continua a piacere a metà degli Americani che apprezzano i risultati economici raggiunti. Il tipico magnate che crede di governare un paese complesso come gli USA come una sua azienda personale. C’è chi, scrivendo della sua sconfitta, ha parlato di un 25 aprile per gli USA e  addirittura per il mondo. Una semplificazione antistorica che falsifica la realtà. Il fascismo è altra cosa dal populismo, anche se è molto pericoloso per la democrazia liberale. Trump è stato eletto dagli Americani in libere elezioni  ed è stato sconfitto in libere elezioni. Chi pensa al 25 aprile forse vorrebbe Trump come Mussolini  a piazzale Loreto, ma la forza delle istituzioni americane ha impedito a Trump di devastare la democrazia e saprebbe impedire orrori che l’America non conobbe neppure nella Guerra civile, come ha dimostrato il sommo Raimondo Luraghi, che visse da partigiano il 25 aprile, ma scrisse di America da storico super partes. Oggi c’è un nuovo presidente che rappresenta non i democratici arrabbiati che hanno spianato la strada a Trump ma i democratici moderati. Biden è un uomo che ha sofferto ed ha un età in cui i colpi di testa sono impensabili. E’ stato una seconda o una  terza fila della politica americana che ha avuto delle prime file non certo esaltanti, in primis Bush figlio, Clinton e Obama, per non dire della signora Clinton che  nella sua arrogante presunzione ha involontariamente collaborato all’ascesa elettorale di Trump. Ma Biden è stato senatore per quarant’anni e quindi è un uomo corazzato di politica:  anzi, è l’esatto opposto di quell’antipolitica che tanti danni ha provocato negli USA e in Europa. Biden  è uomo delle istituzioni e questo dato di fatto rappresenta la sua maggiore credenziale. La politica degli avventurieri e dei magnati non gli appartiene. Ha scelto una vicepresidente donna molto preparata ed esperta, che potrebbe diventare la prima donna presidente degli Usa. In più  Kamala Harris è una donna di colore in un paese in cui le tensioni razziali restano molto forti anche perché Trump le ha favorite invece di attutirle. Non diamo giudizi preventivi favorevoli, frutto di ideologismi fuori luogo. I tempi dei giudizi ideologici sono finiti da un pezzo e la retorica vetero kennediana  rappresenta un qualcosa a cui si possono richiamare solo i vecchi nostalgici di un’era che ebbe le sue luci ma anche le sue ombre. In America in ogni caso  non c’è stato nessun 25 aprile. C’è stato un forte confronto democratico vinto da un democratico sincero. Trump non accetta il risultato delle urne, ma i ricorsi legali annunciati – non quelli di stampo populistico e peronista alla piazza – sono legittimi, anche se poco fondati. Non riconoscere la vittoria dell’avversario per un presidente in carica è segno di scarso spirito democratico e potrebbe diventare perfino un atto eversivo. Ma Trump che è stato un grande spaccone per quattro anni non può uscire di scena senza un’ultima sceneggiata. Il suo più grande errore è stato quello di sottovalutare la pandemia e di non averla saputa affrontare. Ma in questo campo purtroppo è in buona compagnia. E il redde rationem di un nuovo 25 aprile che non mi auguro, potrebbe venire proprio dalla pandemia non affrontata in modo adeguato neppure in Europa. La Cina che ha provocato la diffusione del virus,  sembra aver saputo risolvere il problema. Un vero paradosso che Trump nella sua scarsa intelligenza politica non ha saputo vedere, pensando in modo meschino ad un vaccino ad uso dei soli americani che tarda ad arrivare. Se fosse riuscito a trovare il vaccino forse Trump avrebbe vinto.


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