lunedì 2 marzo 2020

ADÈLE HAENEL, “LA MONSTRUOSITÉ DE POLANSKI”, IL MARCIO DELLA SOCIETÀ

  Si sa che l’arte e la moralità non vanno spesso a braccetto e che anche gli artisti più grandi non sono immuni da vizi e piccati. Anzi.
 La vicenda dell’attrice austro-francese Adèle Haenel, recentemente premiata per il film “Portrait de jeune fille en feu”, sta appassionando e dividendo l’opinione pubblica francese. E sollevando un velo sottile sul maschilismo e sessismo imperante nel cinema e nella società francese. Lo scorso 3 novembre 2019 l’attrice, una delle più belle, colte, raffinate e convincenti del cinema internazionale, ultimamente richiesta anche in America, e quindi sicuramente non in cerca di facile pubblicità, in una intervista molto sofferta a Mediapart ha accusato il 54enne regista Christophe Ruggia di avere abusato di lei tra i 12 ed i 15 anni, mentre erano intenti a girare le riprese del film “Le Diables”, un racconto di infanzie violate, incentrato sulla vicenda di due bambini abbandonati dalla madre e cresciuti per strada, in un rapporto quasi incestuoso tra di loro. Dunque, tutto, tranne che poetico, come si può vedere anche dal trailer su Youtube.
  Nell’intervista Adèle è stata molto articolata a descrivere un tema così complesso come quello dell’abuso da parte di un adulto e delle tecniche sottili di manipolazione tipiche di questi comportamenti predatori. Il 26 dello stesso mese ha sporto denuncia contro Ruggia, che si è difeso dicendo di essere stato il suo pigmalione e che quella messa è in atto dall’attrice è una rappresaglia messa in atto perché lui le aveva rifiutato un film. Sta di fatto che il 4 novembre, cioè il giorno dopo l’intervista, Christophe Ruggia è stato cancellato dalla Society of Film Director. Tuttora il procedimento giudiziario è in corso, ma in Italia la notizia, più che in tv, è girata su Internet, soprattutto su siti di informazione francese. Come riporta anche Dagospia, “vari tecnici della troupe del film hanno confermato le stranezze di Ruggia e un atteggiamento «vampirizzante» e «invasivo» nei confronti della ragazzina”. Mentre “un altro regista, Eric Bergeron (suo è «Un mostro a Parigi», pellicola d' animazione di successo del 2011), è stato incriminato per aver violentato una giovane donna, che era stata sua allieva in una scuola di cinema e poi collaboratrice. E che si è in seguito suicidata”.

Niente di nuovo sotto il sole, si direbbe. Del resto, Asia Argento docet. Ma che il sessismo e la violenza sulle donne siano cose mai tramontate dovrebbe farci riflettere.
   Adèle Haenel è diventata il simbolo della protesta del movimento MeToo nel cinema francese e la sua posizione contro Ruggia ha portato alle dimissioni di tutta l’Accademia dei César. I Cèsar sono gli Oscar francesi per il cinema. Da parte di molti attori e personalità del cinema c’è stata una richiesta di maggiore trasparenza nell’attribuzione dei premi.

  Proprio pochi giorni fa, durante la cerimonia di premiazione dei Cèsar, quando durante la 45 edizione l’ambito riconoscimento è andato al regista Roman Polanski per il film “L’ufficiale e la spia”, sul famoso caso Dreyfus, Adèle Haenel, elegantissima in un abito blu di pizzo, si è alzata in piedi ed è uscita velocemente dalla sala esclamando due volte: “La honte!” (vergogna!). Polanski, com’è noto, è accusato di violenza sessuale su minorenne, reato per il quale è fuggito dall' America, e di diversi altri abusi. L’attrice è stata seguita da molte altre donne presenti nella sala, tra cui Céline Sciamma, la regista di “Portrait de jeune fille en feu” e fondatrice del collettivo 50/50, per la tutela della parità di genere nel cinema francese (pare che sia anche l’ex fidanzata della Haenel, che però su questa faccenda non ha mai detto più di tanto).

La Haenel si è fatta portavoce di una questione morale, sia nel mondo del cinema che nella società in generale, organizzata, ha detto, in un modo tale che fa sì che “la mostruosità di Polanski” sia un “caso emblematico” (min, 44-45 dell’intervista a Mediapart). Infatti l’attrice ha detto: «Premiare Polanski sarebbe sputare al volto di tutte le vittime, vorrebbe dire che non è poi così grave violentare le donne». L’attrice si è sempre dichiarata apertamente femminista ed è chiaro che la sua reazione così forte al César sia dettata anche dal disgusto per quanto patito durante la sua infanzia.

L’arte può giustificare la degradazione morale?

Pare che la società francese sia nel complesso particolarmente disgustata di tutta la faccenda (si veda www.mondofox.it/2020/03/02/cos-e-successo-cesar-awards-roman-polanski-vittoria-reazioni/), ed in particolare del fatto che questo “grande artista”, nonostante il suo passato a fosche tinte ed il mandato di cattura internazionale, abbia sempre goduto della protezione del governo francese ed abbia continuato imperterrito a rastrellare premi e riconoscimenti. Come se la sua arte lo ponga al di sopra di tutto e di tutti.

La lotta che una giovane attrice ha ingaggiato contro un sistema collaudato e marcio non sarà semplice, e di questo diamo atto alla Haenel. Non sappiamo se se ne pentirà. Proprio perché il sistema sembra incrollabile. Pare che l’élite cinematografica francese farà quadrato attorno a Polanski. Si è detto anche che il regista, girando questo film, abbia in effetti voluto scagionare se stesso. Si è parlato, con toni forti, di un’associazione a delinquere cinematografica di cui Polanski è il padrino.

Polanski stesso non si è presentato alla cerimonia di premiazione temendo per la sua incolumità.

Il giornalista francese Alexis Poulin ha detto: «Polanski è fuggito e ha trovato rifugio in Francia. In Francia accettiamo gli stupratori in fuga perché sono artisti. È un problema della società francese».

Una ricercatrice italiana in Francia ha spiegato alla Libreria delle donne di Roma che la giuria, premiando Polanski e la sua persona, si è schierata con il punto di vista maschile e questo ha fatto intravedere negli osservatori più attenti quella tipica arroganza intellettuale francese che non vuol nemmeno sentire parlare della soggettività delle donne. Ecco perché al film di Sciamma è andato solo il premio per la fotografia (anch’essa opera di una donna, come del resto tutto il film): è come se avessero detto “vi vogliamo belle ma mute”.

Certo è che la vicenda di Haenel promette futuri sviluppi e sarò interessante seguirla proprio perché in essa è contenuta una forte spinta alla moralizzazione della società ed al riequilibrio dei rapporti di potere tra i due sessi.

Una sfida non da poco, di cui il cinema è soltanto una delle manifestazioni più evidenti.

Come non essere dalla parte di Adèle Haenel?


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