martedì 4 novembre 2025

MARIA ZAMBRANO, "UNA PARABOLA ARABA"


(Aggirando la scorciatoia - 
Dando vueltas al atajo) - L'interpretazione della parabola di Zambrano eleva lo sguardo a veicolo che favorisce il successo educativo. A seconda di come ci posizioniamo, otterremo una prospettiva più ampia o più ristretta (richiamando Ortega). L'educazione non dovrebbe essere altro che saper guardare, imparare a posizionare il nostro sguardo per raggiungere la prospettiva che ci permette di vedere l'orizzonte più ampio. Lo specchio purifica perché ingrandisce, perché lucida la realtà osservata. Allo stesso modo, il nostro sguardo ci permette di focalizzare l'attenzione su ciò che vediamo. Più ampio è il nostro campo visivo, più cose dobbiamo focalizzare. Più spesso focalizziamo la nostra attenzione su un campo più ampio, maggiori sono le nostre possibilità di fare quelle scoperte cruciali discusse nel suo articolo; più esperienze faremo, più pienamente vivremo. E questa è una delle funzioni che Zambrano attribuisce all'educazione: vivere pienamente, evolversi costantemente e scoprire se stessi vivendo. Non prestare attenzione significa non vivere perché non usiamo il nostro sguardo, non lo applichiamo alla realtà circostante e interiore, ostacolando così lo sviluppo personale.

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Il racconto è questo:

Un giorno un sultano volle decorare in modo particolarmente bello una sala del suo palazzo. Per questo fece venire due gruppi di pittori da luoghi molto lontani tra loro: Bisanzio e la Cina. Ogni gruppo avrebbe dipinto l'affresco in una delle due grandi pareti parallele del salone, senza poter sapere ciò che avrebbe dipinto l'altro. Assegnò a ciascun gruppo una parete senza permettere che entrassero in comunicazione; nel mezzo della sala una tenda debitamente collocata impediva qualsiasi tipo di comunicazione tra i pittori ai due lati. Quando l'opera fu terminata il sultano si diresse prima a ispezionare l'affresco dipinto dai cinesi. In verità era di una bellezza meravigliosa. "Nulla può essere più bello di questo" disse il Sultano e, con questa convinzione, fece scorrere la tenda perché apparisse la parete dipinta dai greci di Bisanzio. Ma in quella parete non era dipinto nulla, i greci l'avevano soltanto pulita e ripulita fino a mutarla in uno specchio di un biancore misterioso che rifletteva come in un mezzo più puro le forme sulla parete cinese. Le forme e i colori acquistavano una bellezza inimmaginabile che non sembrava più appartenere a questo mondo: una nuova dimensione, per gli occhi e per lo sguardo umano.

La lezione che si impara da questa storia è simile a quella delle parabole, degli apologhi, dei miti e di tutto ciò che ha un senso simbolico, multiplo. Per iniziare a comprenderne un po' di lezione, tutta non è possibile, pensiamo a cosa sarebbe accaduto se i cinesi, con la stessa finezza dei greci, avessero fatto la stessa cosa: questo era il massimo rischio come lo è in ogni sottigliezza estrema, cioè che l'altro sia fine allo stesso modo. In questo caso, la sala sarebbe rimasta come un luogo privilegiato perché la luce vi si raccogliesse, perché viaggiasse da una parete all'altra e mostrasse ciò che ha di simile alle creature alate: una colomba che sorge dalla luce quando le si dà l'occasione di farlo.

Se l'affresco dipinto dagli artisti cinesi fosse stato mediocre, allora la sua opacità nel riflettersi nello specchio dalla bianchezza incandescente sarebbe stata riscattata, come accade alle immagini riflesse sull'acqua. La lezione, a nostro parere, è questa: nulla è brutto se si guarda attraverso un altro mezzo più puro e più intellegibile. Ma portando alle estreme conseguenze questo caso, si potrebbe dire che lo sguardo sarebbe capace di riscattare ogni bruttura, ogni mediocrità, purché sia lo sguardo di chi sappia, guardando, creare un mezzo purificato e lavato come la parete bizantina.

E si potrebbe continuare, si potrebbe supporre che, prima di fare qualcosa, prima di percepire un'immagine, e prima di pensare, si renda necessario pulire e ripulire lo sguardo, l'anima, la mente fino a che gli assomigli, quanto più umanamente possibile, alla bianchezza che è pura vibrazione, velocissima vibrazione che unisce tutte le vibrazioni che generano il colore, mostrandosi apparentemente come quiete e passività. Ogni lettore può continuare per suo conto la serie delle interpretazioni, poiché ogni capolavoro dello spirito - grande o piccolo che sia - è un racconto senza fine.

Ottobre 1964

Maria Zambrano, Per l'amore e per la libertà, Marietti 1820, 2008, pp. 138-140

ROSA LUXEMBURG: "ESSERE UMANI"

Essere umani è la cosa più importante. E significa: essere saldi, lucidi e allegri, sì, allegri nonostante tutto e tutti, perché lamentarsi è il mestiere del debole. Essere umani significa gettare con gioia la propria vita sulla grande bilancia del destino, se i tempi lo richiedono, ma anche sapersi rallegrare di ogni giorno di sole e di ogni splendida nuvola, insomma... non ho ricette per come si debba essere umani, so solo come lo si è, e lo sapevi anche tu ogni volta che andavamo a passeggiare per qualche ora nella campagna di Südende e il tramonto si stendeva rosso sul grano. Pur con tutto il suo orrore il mondo è così bello e lo sarebbe ancora di più se non fosse infestato dai deboli e dai vigliacchi.


Rosa Luxemburg, Dappertutto è la felicità, L'Orma Editore, Roma 2019, p. 45


martedì 9 settembre 2025

MASSIMO CACCIARI: "EDUCARE E' LIBERARE, MA LA POLITICA LO IGNORA"

(La Stampa) Quale dovrebbe essere il compito fondamentale di uno Stato? La risposta che ci proviene dalle voci che stanno all’origine della nostra civiltà è una sola: nutrire, allevare ed educare i giovani. Nutrire e allevare il loro corpo, formare ed educare la loro anima. Nella loro indissolubile unità. Di che cosa infatti dovrebbe avere massima cura una città, una polis retta secondo ragione, se non della propria forza e della propria durata? E che cosa le garantisce se non nuove generazioni attrezzate in tutti i sensi ad affrontare anche l’imprevedibile? È un’idea gerontocratica dell’educazione quella che la riduce essenzialmente a trasmissione di saperi. Educare, come dice la stessa parola, significa trarre fuori dal giovane la potenza che già è in lui, aprire la sua mente, i suoi occhi, e non informarlo di ciò che padri e nonni hanno compreso e vissuto. Educare significa liberare. 


Il peccato mortale della nostra politica consiste nell’ignorare tutto ciò. Il suo fallimento è palese, ma ci si ostina a nasconderlo. I dati lo denunciano impietosamente. La sfiducia nelle capacità formative del nostro sistema cresce con disarmante regolarità. I laureati nella fascia d’età 25/34 anni sono il 30% (ma al Sud solo il 20%), il 10% in meno rispetto alla media europea. Di questi laureati quelli che prendono la via dell’emigrazione crescono ogni anno dall’inizio del nuovo millennio, passando da qualche centinaio a parecchie migliaia. Chi trova lavoro in patria lo ottiene, nella stragrande maggioranza dei casi, irregolare e sottopagato. E per ogni capitolo di questo dramma il Sud vede peggiorare la propria situazione rispetto al Centro-Nord. Sono dati a disposizione di tutti, non opinioni. La formazione delle nuove generazioni non rappresenta la priorità della nostra politica. E una politica che nella sua agenda non esprime questa priorità cessa di avere un qualsiasi futuro. 

Non si tratta soltanto di investimenti, di difendere almeno il potere d’acquisto degli stipendi di personale e insegnanti, di armare il cervello dei giovani piuttosto che riarmare eserciti per far guerre per interposta persona. Né la crisi della scuola italiana può essere semplicemente trattata come un capitolo del progressivo esaurirsi delle politiche di Welfare, del venire meno della volontà stessa da parte dello Stato di garantire a tutti i servizi essenziali. Nella sua politica per la scuola una classe dirigente ha sempre espresso, cosciente o no, nel modo più chiaro il proprio livello culturale e la propria strategia complessiva. L’assetto della scuola è lo specchio più veritiero della sua qualità. Quale idea di società emerge dagli attuali ordinamenti? Una confusa contrapposizione al modello classista gentiliano ha condotto a inseguire quello di una scuola “al servizio” del sistema economico-produttivo. Una scuola che tradisce il suo stesso etimo per diventare nec-otium, negozio, una sorta di pre-lavoro. 
Modello non solo culturalmente odioso, ma semplicemente idiota, poiché esso prefigura una scuola che si troverà sempre in costante ritardo rispetto alle trasformazioni organizzative e tecnologiche. Se la scuola deve essere nec-otium la si chiuda e si promuovano soltanto forme di learn-by-doing gestite da imprese e società, al loro interno. La rivoluzione tecnologica (e delle stesse forme di vita) in cui viviamo richiede persone capaci di capire, apprendere rapidamente, educate a un pensiero critico, pronte nel cogliere i segni del salto, della discontinuità nei processi economici e sociali. Altro che adattarsi allo stato presente e integrarsi in esso. 

Tutto si tiene. Una scuola, a tutti i gradi, che persegue l’obbiettivo di addomesticare il giovane al mercato, ossessionata dalla peregrina idea dello “sbocco occupazionale”, sarà necessariamente il trionfo dell’ordinamento burocratico, del controllismo formale. L’oppressione burocratica schiaccia l’autonomia didattica, omologa al basso, rende vacua chiacchiera ogni selezione meritocratica. L’insegnante ha sempre meno tempo per leggere, studiare, continuare a formarsi; produzione di riunioni per mezzo di riunioni, redazione di piani e progetti, rendiconti continui non sulle proprie conoscenze, ma sull’osservanza di procedure e metodi soffocano il suo spirito di iniziativa. Come ha bene spiegato Ivano Dionigi nel suo libro “Magister” ormai la scuola non la fanno i maestri, ma i ministri. 

È il sistema dell’universale sorveglianza. Tutto si svolge sotto il timore della punizione. Non hai seguito la regola, non hai riempito con diligenza i moduli prescritti, la controversia legale, magari fino al Tar, sta in agguato. Per essere tranquilli, obbedisci ai comandamenti ministeriali, per quanto stupidi possano essere e anche se ciò ostacola fino a impedirla la tua volontà di crescita intellettuale, di cambiare, di innovare dove le cose non ti sembra funzionino. Bada anzitutto al “successo formativo”, che si misura sulla percentuale degli studenti che finiscono il corso negli anni previsti. “Successo formativo” significa perciò non avere “bocciati”, non avere “fuori corso”. Il “sindacato Famiglia” vigila che così sia. La meritocrazia può attendere, anche perché quale meritocrazia potrebbe esserci in un regime che non ha alcuna politica per un reale diritto allo studio?. 

L’astratto metodologismo imperante determina anche i piani di studio. La competenza disciplinare lascia il posto a indigeribili melting pot specie nelle materie cosidette umanistiche, infarinature di impressioni generiche su letteratura, arte, storia, invece di letture dirette, poche ma solide, conoscenze specifiche, limitate ma reali, fondate. Il “politicamente corretto” completerà l’opera di metamorfosi della conoscenza disciplinare in chiacchiera universalistica. 

Così non si educa il giovane e così lo Stato abdica alla sua funzione politica essenziale. Docenti e studenti debbono allearsi nel combattere questa intollerabile situazione. Solo da questa lotta può nascere anche una nuova èlite politica, una nuova classe dirigente del Paese.


venerdì 9 maggio 2025

PAPA LEONE XIV, DI TUTTO DI PIU'

Papa Leone XIV ha anche sangue italiano: chi era il nonno emigrato dall’Italia per fare fortuna oltre un secolo fa

Anche Papa Leone XIV è un po’ italiano… il nonno nato nel nostro Paese

Su familysearch.org i documenti sulle origini del Pontefice

Le origini di Papa Leone XIV
(AdnKronos) Attraverso siti come familysearch.org è possibile reperire documenti utili a scoprire le radici familiari del successore di Francesco, primo Pontefice di cittadinanza statunitense. Tra questi, ad esempio, figura un documento di iscrizione alla leva militare datato 16 febbraio 1942, in piena Seconda guerra mondiale, intestato a Louis Marius Prevost, nato il 28 luglio 1920 e residente a Chicago. Le informazioni contenute nel documento corrisponderebbero a quelle note del padre di Papa Leone XIV.

Sul medesimo sito si trovano altri documenti (pubblici) che permettono di ricostruire l’albero genealogico del Santo Padre.
A farlo è stato, tra gli altri, Marco Ardemagni, conduttore per Rai Italia, che racconta: “Il nonno paterno di Robert Francis Prevost nasce in Italia il 24 giugno 1876. Che sia nato in Italia – spiega il giornalista – lo vediamo con certezza nel censimento del 1950 in cui risulta 73enne. Non sappiamo ancora dove sia nato esattamente, ma icognome Prevosto o Prevosti è più diffuso in Piemonte e Lombardia.

papa origini 1

Il nome del nonno di Leone XIV verrà “anglicizzato” in John R. Prevost “quando, tra il 1876 e il 1917 si trasferisce negli Stati Uniti, dove sposa Susanne Marie Fabre, nata in Francia il 2 febbraio 1894″, racconta ancora il conduttore.

Nel 1917, i due hanno il loro primo figlio, John C. Prevost, nato il 23 luglio a Lackawanna, New York. “Questo primo figlio, futuro zio del Papa”, prosegue Ardemagni, “diventerà professore di francese all’Università di Chicago. Nel 1952 pubblicherà un libro dal significativo titolo ‘Le Dandysme en France (1817-1839)'”. Tra il 1917 e il 1920 “la famiglia si trasferirà a Chicago, dove il 28 luglio 1920 nascerà Louis Marius Prevost, padre di Leone XIV. L’indirizzo è, e sarà per molti anni, 5465, Ellis Ave”, come riportato nel documento di iscrizione alla leva militare..................................................................   Cristiano-Maria Bellei

 
 
Chi conosce il linguaggio simbolico sa che nell’elezione di un Pontefice la verità non sta nei nomi o nelle provenienze, ma nei gesti e in ciò che non sembra essere importante. La prima cosa da fare per analizzare queste vicende, è non cadere nella trappola delle rivelazioni di questa o quella colpa che il nuovo vicario di Cristo avrebbe commesso in passato, perché chi entra in conclave è sempre un uomo di potere, e non si siede in un luogo del genere senza scheletri nell’armadio. Ma ciò non significa che tutto sia finto, né che tutto sia calcolato.
Il primo elemento che ieri è saltato subito agli occhi, è che Prevost non solo è apparso visibilmente emozionato, ma che non ha cercato né la facile simpatia né di trasmettere un’ipocrita immagine di umiltà. Ha scelto un tono serio, composto, privo di ammiccamenti, ha mantenuto una forma che lasciasse affiorare l’emozione senza trasformarla in spettacolo. È una postura rara, soprattuto oggi, in cui tutto sembra dover essere tradotto in empatia immediata.
Il secondo elemento degno di nota è stata la volontà di non proferire una sola parola in inglese, lasciando spazio al latino, all’italiano e allo spagnolo, la lingua dei tanti immigrati che vivono tempi drammatici nel Nord America a guida repubblicana. In quella omissione si è avvertito un silenzio polemico, una presa di distanza politica e religiosa da un’idea di sovranismo escludente, e da un cristianesimo fondato sull’odio tipico delle sette evangeliche che sostengono Trump.
Ma c’è un altro punto su cui si deve riflettere: Leone XIV è un agostiniano, il primo Papa agostiniano della storia. Lui stesso si è definito un figlio di Agostino, quasi a rimarcare un’eredità pesante, profonda, un legame imprescindibile con il padre della coscienza occidentale, con colui che ha messo a nudo la frattura interiore dell’uomo, la sua duplicità radicale, la tensione incessante tra il desiderio e la legge, tra la carne e lo spirito. Chi si forma sotto questa luce non può credere in una fede pacificata, né in una Chiesa tranquilla o bonaria. È questa ombra lunga, che attraversa anche la figura di Lutero, ad introdurre nel futuro pontificato una nota di complessità lontana da certe semplificazioni bergogliane. Non si tratta di un riferimento erudito o marginale, è un’indicazione di profondità spirituale e persino di conflitto. La fede intesa come tormento, vissuta in una Chiesa che non deve per forza piacere a tutte e tutti.
E poi l’Ave Maria. Un gesto antico, certo, ma che in un contesto dominato da logiche maschili forse suona come un richiamo. Ovviamente è troppo presto per capire se siamo di fronte al solito riferimento al femminile come ruolo materno di servizio, o se davvero la Chiesa di Roma deciderà di affrontare il problema del ruolo della donna che altre confessioni cristiane hanno risolto da tempo.
Non sappiamo se questo pontificato sarà all’altezza delle attese, ma ieri sicuramente qualcosa di diverso è accaduto. Non nel senso di una svolta, né di una rinascita, ma nella capacità di produrre segni che resistono all’immediato. E in tempi dominati dalla semplificazione, un gesto che non si esaurisce nella sua superficie è già qualcosa che merita attenzione. Vedremo.
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Una eredità in un Agostino della predicazione trinitaria e sapiente
PIERFRANCO BRUNI
Dunque. Scriviamo ancora con una manciata di conoscenza in consapevolezza laica e con attenta religiosità. Leone XIV non è un prete venuto da lontano. Dai Sud del Sud. Non è un sacerdote che ha visto il comunismo invadere i Paesi dell'est.
Non è un parroco che ha attraversato le sfide tedesche e successivamente gli scontri tra Islam e Occidente. È un prete nato nella completa modernità. È un fatto dal quale bisogna tenere conto. È un uomo che non ha vissuto la guerra fredda e tanto meno il Concilio Vaticano II se non per dati storici e teologici.
È un Vescovo che ha conosciuto il senso della Missione. Quella della ontologia agostiniana. Il mondo agostiniano è complesso ma è anche profondamente filosofico in cui la verità, la pietas umana prima che divina, la bellezza e la conversione sono anime di un vissuto che portano dentro la parola di Maria.
La Madre. Quella madre agostiniana che ha il senso dell'assoluto come bene e come mantello della accoglienza la preghiera. Non si abbraccia Agostino se dentro non si portano le tracce del vissuto dell'uomo di Ippona. Un uomo di fede non è soltanto un uomo di preghiera.
Non è soltanto un francescano di una metafora mal compresa. Non è un modello gesuitico della "compagnia di Gesù". Agostino è oltre. È appunto il destino e il Sacro della conversazione. Insomma Agostino è un viaggio con San Paolo.
Un cammino di eremitaggi. Non di parole. Eremiti è un concetto "desertico" di un tempo in cui la pietà ha senso ma è la meditazione che cerca la salvezza degli uomini che non hanno Cristo e Maria o che hanno perso la centralità del dialogo con Dio.
C'è un concetto base nel loro "costruire ponti" come dice Il Papa, ovvero "Humilitas Occidit Superbiam" ovvero ancora: l'umiltà uccise la superbia. È proprio il Sant'Agostino che conduce l'uomo che è in sé l'uomo che è stato in superbia in un principio cardinale che è appunto l'umiltà.
Nella Regola agostiniana tre principi restano fondamentali: Povertà, Castità, Obbedienza. Ci rimanda tutto ciò a Papa Innocenzo IV e una temperie che risale al 1243. C'è ancora di più quando Agostino afferma: "La morte non è niente. Sono solamente passato dall'altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto".
Nascosto. È un concetto che chiama lo svelamento di cui una grande filosofa ha parlato riferendosi a Agostino con grande lungimiranza"divina". Il fatto Aurorale di Maria Zambrano nasce appunto da Agostino presente e nascosto. Una metafora filosofica che Agostino aveva attraversando partendo da Platone e poi da Plotino.
Una completa visione trinitaria che non è solo teologia ma anche mistica: il senso trinitario del Dio cristiano. Una sintesi in tre capisaldi: Sapienza, Potenza, e Volontà d'amore. Volontà. Potenza. Sapienza. Tre capisaldi per una Chiesa della Redenzione. Credo che non sia interessante se si entra in una fase nuova della cattolicità.
È interessante invece riportare al centro l'Altare. Ancora due elementi principali che sono già emersi dalle prime parole del Pontefice: il metafisico della speranza, ovvero ciò che chiamiamo ottimismo e il dato antropologico con il quale l'uomo ha sempre cercato di sfidare Dio.
Bisogna avere di fronte queste due visioni. Gli agostiniani sapienti in metafisica trasferiscono ciò in una ontologia del mistero. Leone XIV è in questo viaggio di Cristo della Croce e Redente con il dolore e la Gioia di Maria. Mi sembra il tutto un atto che va oltre il suo luogo di nascita. Agostino eremita? Ma i mistici e gli eremiti hanno salvato la Fede dalla modernità sconvolta dall'uomo che si sente assoluto.
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* Il nuovo Papa ha scelto un nome importante Papa Leone XIV ricordiamo il suo precedessore con l'omonimo nome in un evento importante per la nostra chiesa * 🕊️
🙏 LA VISIONE DEMONIACA
DI PAPA LEONE XIII 🙏
Il 13 ottobre 1884 Papa Leone XIII ebbe una visione orribile. Dopo aver celebrato l’Eucaristia, si stava consultando con i suoi cardinali su alcuni temi nella cappella privata del Vaticano quando all’improvviso si fermò ai piedi dell’altare e rimase immerso in una realtà che solo lui riusciva a vedere.
Sul suo volto si leggeva l’orrore. Impallidì. Aveva visto qualcosa di molto duro. Improvvisamente si riprese, alzò la mano come a salutare e se ne andò nel suo studio privato. Lo seguirono e gli chiesero: “Cosa succede a Sua Santità? Si sente male?”
Rispose: “Oh, che immagini terribili mi è stato permesso di vedere e ascoltare!”, e si chiuse nel suo ufficio.
Cosa aveva visto Leone XIII? “Ho visto i demoni e ho sentito i loro bisbigli, le loro blasfemie, le loro denigrazioni. Ho sentito la voce raccapricciante di Satana sfidare Dio, dicendo che poteva distruggere la Chiesa e portare tutto il mondo all’inferno se gli dava abbastanza tempo e potere. Satana ha chiesto a Dio il permesso di avere 100 anni per influenzare il mondo come mai era riuscito a fare prima”.
Anche Leone XIII capiva che se il demonio non fosse riuscito a realizzare il suo proposito nel tempo permesso avrebbe subito una sconfitta umiliante. Il Pontefice vide San Michele Arcangelo apparire e gettare Satana e le sue legioni nell’abisso dell’inferno.
Mezz’ora dopo chiamò il segretario della Congregazione dei Riti e gli consegnò un foglio, ordinandogli di inviarlo a tutti i vescovi del mondo indicando che la preghiera che conteneva doveva essere recitata dopo ogni Messa.
Ecco la preghiera che il Papa aveva scritto:
San Michele Arcangelo,
difendici nella battaglia;
contro le malvagità e le insidie del diavolo
sii nostro aiuto.
Ti preghiamo supplici:
che il Signore lo comandi!
E tu, principe delle milizie celesti,
con la potenza che ti viene da Dio,
ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spinti maligni,
che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime.
Amen.
Post di Preghiere per le Anime del Purgatorio.


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RIECCOMI (di Augusto Sinagra)

Facebook dopo 7 giorni di blocco del mio profilo lo ha riattivato. Ciò non toglie che Facebook sarà citata dinanzi al Tribunale civile di Roma per il risarcimento dei danni anche con riguardo all'iniziale "accusa" di avere violato gli "standard della Community" con mio conseguente discredito personale.
Riprendo a scrivere su questo social (ma continuerò a farlo anche su Telegram e X) per una ragione tecnica: si tratta del peggiore social "fatto meglio", come "la Repubblica" che è il peggiore quotidiano "fatto meglio".
Nella ripresa dei contatti con voi carissimi Amici vicini e lontani, dirò solo due parole di stretta attualità sul nuovo Papa Robert Francis Prevost che ha assunto il nome di Leone XIV.
Non conosco il personaggio e riservo la mia valutazione agli atti che compirà.
Per quanto di nomina bergogliana non credo proprio che continuerà i pasticci del pampero argentino causati dalla sua profonda scarsezza culturale e ignoranza in senso proprio tecnico.
Papa Leone XIV appartiene all'Ordine religioso degli Agostiniani che unitamente all'Ordine dei Dominicani è un Ordine religioso che si connota per la profonda cultura a differenza del pampero. Forse di più l'Ordine religioso dei Dominicani.
Egli parla 5 lingue e parla benissimo la nostra lingua italiana ma quel che più conta è che legge e pronuncia correttamente la lingua latina.
Dica qualcuno se mai Bergoglio pronunciò una sola parola in latino!
Egli ha iniziato con un generalizzato auspicio: "La pace sia con voi" e nel prosieguo come anche nella omelia di inaugurazione del suo Pontificato con la Messa cui hanno partecipato tutti i Cardinali (quelli nominati legittimamente e anche quelli nominati illegittimamente), ha mostrato conoscenza della teologia e conformità al Messaggio evangelico.
Ricordo ancora il discorso inaugurale del pampero dalla Loggia di San Pietro che iniziò con uno squallido "Buonasera". Al pari di chi entra in una salumeria.
Infine, non posso nascondere la mia soddisfazione per le non soddisfatte aspirazioni carrieristiche del Cardinale Pietro Parolin. Certo, Matteo Zuppi sarebbe stato il peggio del peggio per le sue paturnie immigrazionistiche e per i suoi non tranquillizzanti contatti con la Comunità di Sant'Egidio.
L'impronta culturale e "politica" nel senso veramente più nobile, di Papa Prevost è la scelta del nome che si pone al seguito del grande Papa Leone XIII Autore della più importante Enciclica di tutti i tempi: la "Rerum novarum" fondativa della politica sociale della Chiesa cattolica che ha "attraversato" i più importanti movimenti politici del Secolo ventesimo, marcando l'impegno sociale del laicismo cattolico: il Comunismo, il Partito Popolare di Don Luigi Sturzo e il Fascismo.
Augusto Sinagra

martedì 18 marzo 2025

L'INDIA: LA CULLA DI TUTTE LE CIVILTA'


Per rispondere a Vecchioni e altri poco informati.
L'INDIA: LA CULLA DI TUTTE LE CIVILTA'.
La civiltà indiana, rappresentata dalla civiltà della Valle dell'Indo, è una delle più antiche al mondo, risalente al 3300 a.C. circa. In Europa, le prime civiltà organizzate, come quella minoica e quella micenea, emersero intorno al 2800-1500 a.C. e 1600-1200 a.C. rispettivamente. Tuttavia, l'Europa era abitata da popolazioni preistoriche già nel Neolitico, intorno al 7000 a.C., ma queste non avevano ancora sviluppato società urbane complesse come quelle della Valle dell'Indo.
Quindi, in termini di civiltà urbana e organizzata, la civiltà indiana è più antica rispetto a quelle europee.
La civiltà indiana ha fatto molte scoperte straordinarie che hanno preceduto quelle europee in diversi campi:
Gli indiani svilupparono il concetto di zero e il sistema numerico decimale, che furono successivamente adottati in Europa attraverso gli Arabi.
Filosofia: svilupparono il concetto di "Vacuita'" oggi confermato dalla fisica quantitistica.
Gli antichi astronomi indiani, come Aryabhata, calcolarono con precisione la durata dell'anno solare e compresero che la Terra ruota sul proprio asse.
I testi ayurvedici, come il "Charaka Samhita" e il "Sushruta Samhita", descrivono avanzate tecniche chirurgiche e conoscenze mediche, come la chirurgia plastica e la cura delle cataratte.
Le città della Valle dell'Indo, come Mohenjo-Daro e Harappa, erano dotate di sistemi di drenaggio avanzati e pianificazione urbana che non si trovavano in Europa nello stesso periodo Gli indiani erano esperti nella lavorazione del ferro e dell'acciaio, come dimostra il famoso Pilastro di Ferro di Delhi, che non si è arrugginito per secoli.
Queste innovazioni hanno avuto un impatto duraturo sulla scienza, la tecnologia e la cultura globale.
Foto; Gli tudenti di Alice non vengono educati a disprezzare le altre cukture, come fanno certi intellettuali del regime in Italia. La pedagogia di Alice e' fondata sul concetto di unita', inclusione, non violenza e rispetto per ogni creatura.



martedì 21 gennaio 2025

martedì 7 gennaio 2025

I RE MAGI DI JANE CROWRHER

 


(Le Signore dell'Arte) - Originaria di York (Regno Unito), fondatrice e artista di Bug Art, Jane Crowther ha studiato Illustrazione al Kingston Polytechnic (ora Kingston University). All'inizio degli anni '90, mentre risiedeva nel nord di Londra, Jane ha progettato una piccola gamma di biglietti di auguri per integrare il suo magro reddito come artista, inizialmente vendendoli alle fiere dell'artigianato insieme ai suoi grandi dipinti multimediali. I biglietti di auguri hanno iniziato a vendere molto bene e Jane ha preso la decisione commerciale di concentrarsi sui disegni dei biglietti. Nasce cosi BugArt.

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