A Napoli, nella signorile via Crispi, sede di prestigiosi uffici e di svariati consolati, c'è la casa dove abitò lo scrittore polacco Gustav Herling-Grudzinski (1919-2000), tra i più grandi del Novecento. Catturato dai bielorussi, fu condannato a due anni di gulag, su cui scrisse il libro Un mondo a parte (Inny świat. Zapiski sowieckie (1953, già pubblicato in ingl. nel 1951; trad. it. Un mondo a parte, 1958) a lungo ignorato dalla critica e respinto dalle case editrici. In esso, per la prima volta svelava al mondo l'esistenza dei lager sovietici e gli orrori che le vittime vivevano lì dentro. Il filosofo inglese Bertrand Russell, di questo libro scrisse: “Dei molti libri che ho letto sulle esperienze delle vittime delle prigioni e dei campi di lavoro sovietici, Un mondo a parte di Gustaw Herling è il più impressionante e quello scritto meglio. Egli possiede a un grado assai raro il potere della descrizione semplice e vivida, ed è del tutto impossibile mettere in dubbio la sua sincerità in ogni punto".
Grudzinski proveniva da una agiata famiglia ebrea. In prime nozze sposò la pittrice Krystyna Domanska, morta suicida pochi anni dopo e poi, nel 1955, Lidia Croce, figlia del filosofo Benedetto Croce. Scherzando, Gustav si definiva "un polacco-napoletano" ed è Napoli la città in cui è morto ed è sepolto. Per tutta la vita scrisse denunciando i crimini commessi dal regime sovietico.
In quella casa qualche volta era stato Piero Craveri, nipote di Benedetto Croce e mio professore all'Università Federico II di Napoli. Insegnava Storia delle istituzioni parlamentari. Craveri, primogenito di Elena Croce (primogenita di Benedetto) era un signore d'altri tempi. Aveva svolto anche attività politica al comune di Napoli. Era stato eletto senatore nel 1985. Mi ha fatto un certo effetto sapere della sua scomparsa. Se ne è andato il giorno prima della Vigilia di Natale 2023. Craveri era uno storico di area liberale. Si è occupato di studiare a fondo la figura di Alcide De Gasperi, di cui riconosce i meriti nella costruzione dell'Italia nel primo dopoguerra. Nei suoi ultimi libri, lo studioso esprimeva pessimismo sulle istituzioni rappresentative italiane. Forse ha ragione: gli è toccato in sorte di parlare di statisti come De Gasperi, per arrivare ai "politici" che ci ritroviamo oggi.